In fuga verso la gloria cantò la Restaurazione Ricostruite a Ancona la personalità e la carriera di Francesco podesti, «Apelle Clericale»

Ricostruite a Ancona la personalità e la carriera di Francesco Podesti, «Apelle clericale» Ricostruite a Ancona la personalità e la carriera di Francesco Podesti, «Apelle clericale» In fuga verso la gloria cantò la Restaurazione EANCONA OVE mai starà correndo, con quell'espressione circospetta e leggermente colpevole, quel frugoletto d'uomo con baffetti novelli e intabarrato di fretta in un mantello conventuale, che posato il piedino gentile sulla breve scalinata, già sta sgattaiolando alla nostra vista, nel luminoso cortile d'un palazzo nobiliare, la cartella dei disegni sottobraccio, come un furto da occultare alla meglio? (Come in certi affreschi di Tiepolo: il curioso, vaporoso understatement, che fa occultare la testa di struzzo dell'autoritratto, sotto le complici coltri di sete, panneggi, cartelle di grafica). Se ne va a disegnare la collezione di statue antiche di Marianna Carolina di Savoia Chiablese, sostiene qualche storico, cartella-simbolo di un rito: «lo studio dell'antico». Ma perché, allora, quell'aria sospetta, quel transitare nel quadro come intimiditi, con passo svelto e fuggitivo? Se si guarda lo splendido doppio Ritratto dei Marchesi Busca, dove s'incammea nello sfondo questo inquietante Wanderer da camera, impietrito nella glassa della vernice pittorica, che altro non è poi che un micro-autoritratto di Francesco Podesti, c'è da credere che quel transito furtivo racconti qualcosa di più emblematico e allegorico sul transitare in terra di un pittore ambizioso e fortunato, che tra pontefici, banchieri e aristocratici, sarebbe diventato un apprezzato cantore aulico del periodo della Restaurazione: tra rigori Neoclassici e empiti Romantici. «Apelle clericale», lo definirà il sempre pungente e infallibile Longhi. E' una fuga, circospetta e titubante, quella sua: verso la gloria. Davvero, quel debutto in società sullo sfondo di casa Busca (nobili imparentati con i Serbelloni: e a Milano Podesti avrebbe decorato le loro ville e i palazzi, che erano meta dei soggiorni di Napoleone o di Metternich) apre al giovane pittore anconetano (1800-1895), uscito dallo studio del Camuccini ed anche del Wicar, le vie regie della gloria nazionale: che passerà attraverso il ciclo papalino della Sala dell'Immacolata (ad un soffio del Raffaello tanto amato e cantato in versi per la celebrazione delle stanze Vaticane); ma anche per gli affreschi, in gran parte perduti, del Palazzo Torlonia, in Piazza Venezia. Ecco il percorso della retrospettiva dedicata a Podesti (questo longevo e poi sopravvissuto a se stesso contraltare centro-italiano del milanese Hayez e del fiorentino Bezzuoli, che il nostro Mazzini volle, per motivi ideologico-risorgimentali, un poco ridimensionare). Mostra benvenuta, nella recuperata sede scenografica della Mole Vanvitelliana: che forse avrebbe potuto fare qualcosa di più per questo pittore negletto, apponendo qui e là qualche data a disegnare un percorso più chiaro anche per il pubblico e magari intensificando le ricerche su un catalogo che ha ancora troppe lacune: e verrebbe voglia di capirne davvero di più. Questo passaggio da una raffrenata magniloquenza teatrale alla David, via Canuccini, ma con paste più emiliane e correggesche, al blando romanticismo ventoso di certi ritratti foscoliani, al ghiacciato neoclassicismo cherubiniano, di certi «ritratti ambientati», che guardano ai confratelli francesi, primo fra tutti il Girodet del cimiteriale Portrait de Chateaubriand. Non manca nemmeno l'immancabile periodo troubadour, così come quello tipicamente romantico del monumento all'artista-eroe: Francesco I in adorazione nello studio del Cellini (non in mostra), Leonardo che presenta il «pensiero» del Cenacolo a Ludovico il Moro, e poi le due suggestive varianti del Tasso che declama la Gerusalemme alla Corte Estense: la prima volta scambiando un cenno furtivo con la languida Eleonora, sotto gli sguardi polizieschi dei suoi aguzzini, l'altra chiuso ormai in una sua impermeabile melanconia congelata. Ma poi, in età più tarda, ritornano i rosa e i cilestrini neonati delle Europe di Reni e le assonanze con i cardinali ritrattati da Batoni, o certe riverenze neo-veronesiane per le scene d'insieme. E se è un po' forzato trovarvi ancora le parentele col Lotto per i due fratelli Busca, come si vuole in catalogo, certo non mancano emulazioni e citazioni: dall'idolatrato Raffaello, dai Tiepolo, perfino dal Mastelletta e da certi ferraresi, per le Annunciazioni di Madonne. Vero repertorio di citazioni montate, che è poi il grande limite di questo pittore di talento (basterebbero i maliziosi cartoni di fanciulle dedite ai loro gio- chi non innocenti, o gli schizzi di canonici per l'ambizioso affresco sulla Disputa dell'Immacolata Concezione) che piega troppo verso il dettaglio accademico, ai limiti della pittura pompier. Per questo e davvero provinciale vederlo «situarsi anche alla pari (ciò che sembrerà ai benpensanti, cioè a chi si nutre di pensieri rigidi e non fluidi - come ben distingueva Hegel - un'eresia) dei celebri ritratti di Ingres». Che è soltanto un campione del saggio di Gian Lorenzo Mellini, nel catalogo Electa (accanto a quelli prestigiosi di Apolloni, Zampetti, Polverari) dove si parla di «anacronismo epigonato ma di sguardo a ritroso», di «punto ermeneutico che si all'accia per la prima volta», di «periodizzamento», di «modello influenzante purtroppo frainteso come purista», di «cannochialatura serena» di un paesaggio, di «afrore vitale» che sarebbe «una peculiarità dell'Urbinate». Mentre certi cartoni sarebbero «quasi disegni di Ingres proiettati in megascreen» e si delinea infine un misterioso «acme del parnassianesimo settecentesco» «che era nato coi Carracci» ma che «trova nel Podesti le sue colonne d'Ercole». Ma anche: «Il personaggio a sedere e quegli che l'accompagna nell'abito e nel portamento denunciano un rango cui il pittore non ò da meno, per lo chic che raggiunge la limpidezza dell'intavolatura e la franchezza di un pennello senza errori». Col perdono di Hegel, siamo per i pensieri rigidi: e ci sembra che il Podesti migliore risieda non tanto nella pletoricità di certe drammaturgie bibliche ma in certi bellissimi ritratti «interiori», quello di Napoleone Felice Camerata fanciullo nudo a cavalcioni d'un cane, o quello «alla manierista» della Barrett Browning, un Winterhalter biedermeierizzato, oppure quello splendido della Elisa Baciocchi, col cappellino a vela, che sembra trascinato via dall'impeto tumultuoso d'una tempesta dell'anima. Marco Vallora Pittore ambizioso tra rigori neoclassici e empiti romantici Una vita fortunata all'ombra di papi, banchieri e aristocratici Vero repertorio di citazioni: da Cellini a Tiepolo da David a Girodet «L'incontro di Venere e Galatei ■ grande olio di Francesco Podesti Lo splendido ritratto di Elisa Baciocchi conservato a Fossombrone: il cappellino a vela sembra trascinato via da una tempesta E Mazzini lo volle ridimensionare

Luoghi citati: Ancona, Fossombrone, Gerusalemme, Milano