Una strategia per combattere i suicidi
Una strategia per combattere i suicidi LETTERE AL GIORNALE: IL LUNEDI' M O.d.B. Una strategia per combattere i suicidi Un tema atroce domina i mass media. Il ripetersi di suicidi a tutte le età. Le ragioni addotte da chi compie questi gesti fatali o da chi cerca di interpretarle non paiono convincere, soprattutto quando implicano un giudizio. Questo provoca incertezze, contraddizioni e polemiche. Ma certi lettori sono inesorabili. [o.d.b.] Perlomeno vigliacchi Egr. Sig. Del Buono, desidero dissentire veramente dal giudizio presunto della «Comunità di Biella», lo stesso che ho visto trasparire dalla sequenza di articoli comparsi sul vostro giornale in merito al quadruplo suicidio seguito all'accusa di abuso sessuale nei confronti dei due minori di sei e nove anni. Non voglio esprimere qui quello che penso in merito ai quattro adulti suicidi, se non sottolineare il fatto che in sostanza si sono sottratti alla loro difesa, hanno giocato sull'equivoco, nel tentativo di salvare la propria im¬ magine sociale. Si può perlomeno dire che sono stati vigliacchi. Vorrei invece gridare la mia solidarietà ai due bambini, la cui sorte, purtroppo, non ha più molto interessato i vostri giornalisti. Eppure hanno bisogno di giustizia per poter superare l'orrore che hanno vissuto. Hanno bisogno di sapere che la comunità in un caso del genere, dovendo scegliere a chi salvare la faccia, sceglie loro, le vittime innocenti che hanno fatto tanta fatica a parlare nell'estremo tentativo di difendersi, rompendo un muro di silenzio, di minacce, di ritorsioni, di paure e di sentimenti contrastanti: l'amore ideale per i parenti più vicini e l'offesa ricevutane in cambio. Siamo noi tutti, ma voi giornalisti in prima linea perché voi interpretate i fatti e li comunicate, che potremo dare un senso alla loro storia, ma, per fare ciò, occorrerebbe la solidarietà unanime schierata dalla parte degli offesi, degli innocenti. Vergogna per tutti, vergogna perché vedo la paura ad affrontare un tema scottante come quello degli abusi nei confronti dei minori all'interno della famiglia che sono purtrop¬ po molto più diffusi di quanto si possa pensare. Al direttore del vostro giornale chiedo personalmente di approfondire l'argomento. Nel caso fosse troppo scomodo, chiedo perlomeno che siano date notizie il più possibile «scientifiche» dei fatti e cioè, nel caso specifico, affinché i lettori possano aver un'opinione libera, un dettagliato esame delle perizie, della deposizione dei bambini, del rischio che essi corrono per il loro futuro. Vorrei che il direttore rileggesse le edizioni di venerdì, sabato e domenica in rapida successione e riflettesse su questo: i due bambini, quando saranno grandi a sufficienza, di sicuro vorranno sapere di più sulla loro storia, e, se avranno ancora la forza di vivere un'esistenza consapevole, vorranno leggere quello che fu scritto sulla loro vicenda, su quella vicenda che ha sconquassato le loro speranze di vita. Cosa sentiranno dentro di sé nel constatare che tanta comprensione e pietà è stata espressa nei confronti degli abusanti, mentre sulle vittime, dopo scarsi accenni, è stato deposto un «velo di silenzio»? I veri colpevoli I veri colpevoli dei quattro suicidi di Biella sono i giudici, i quattro suicidi sono stati uccisi dai giudici che non hanno voluto garantire nessuna difesa a persone indifese. Altri suicidi seguiranno perché non cambierà mai nulla. I due bambini rimasti, appena saranno in grado di capire da soli quello che è successo, plagiati dagli psicologi, è certo che non riusciranno a superare questo trauma tremendo e si suicideranno. Purtroppo, la giustizia non è uguale per tutti. Quando si prova a seguire un caso giudiziario si può capire le manovre che si svolgono nei vari palazzi della giustizia. La verità viene capovolta, il falso diventa verità, chi riceve una sentenza falsa è come se ricevesse una sentenza di morte, la vita viene spontaneamente bloccata, non si ha più il coraggio di continuare a vivere, la persona viene distrutta, demolita completamente. La controparte che ha avuto la vittoria si sente gratificata e invogliata a continuare a rubare, violentare, truffare, molestare, calunniare, minacciare, ricattare e qualunque altra cosa possa danneg¬ giare la persona sconfitta. Il debole si sente reso impotente da tanta ingiustizia, ma nulla può fare, cerca aiuto in tutti i modi, ma tutti sono diventati sordi, muti, ciechi, nessuno lo aiuterà ad uscire da questo labirinto. E così chi non ha trovato giustizia finisce per suicidarsi. Per finire le dico, non bisogna esasperare chi è già disperato! Signor Del Buono, creda pure che questa è solo l'assoluta verità. Questa lettera vuole testimoniare, come se fosse il testamento di una persona in punto di morte... Quando smetterà? Egregio Sig. Del Buono, quando la gente smetterà davvero di suicidarsi? Questo si chiede ognuno di noi davanti al ripetersi d'orribili notizie del genere. Quando l'immagine pubblica del suicida verrà trattata come merita e come servirebbe di sicuro agli stessi potenziali suicidi: risponderei: criticata e disprezzata. Pensiamo alle sigarette: come s'è ottenuto che milioni e milioni di americani smettessero di fumare, dunque, in pratica, di suicidarsi, nel giro di dieci anni? Dando alla gente una cattiva immagine del fumatore, cosa che ha permesso d'avere quel risultato che la paura di malattie gravi e mortali era sempre stata lontana dal raggiungere, nonostante l'informazione. Non di rado, soprattutto nella società dell'immagine l'essere umano cerca di fornire una buona immagine di sé. Un'immagine approvata, riconosciuta come valida perlomeno da un gruppo. Si rischia stupidamente la vita guidando veloci perché si pensa che gli amici ammirino il «pilota veloce» e non l'idiota, potenziale crimina¬ le, che è veramente. Si fuma perché si crede di fare la figura dei «duri», meri tre il vero «duro», semmai è chi riesce a fare a meno delle sigarette. Il potenziale suicida, pertanto, crede che almeno verrà compatito, se non tardivamente amato, per una sorta di falsa «pietà sociale». Questa non dovrebbe venir mai mostrata ai mezzi d'informazione in quanto peri colosissima e ingiusta. Cos'è, infatti, il suicida, se non un omicida, e per giunta dell'essere umano più indifeso: se stesso? Si tratta di cambiar prospettiva. Soprattutto, visto che ci si uccide per «dare un pugno nello stomaco» ad altri, per ottenere amore quando prima non se ne aveva, per mettersi al centro dell'attenzione dopo essere stati sempre ignorati... dr. Alessandro Tripi, Modena Tre lettere esasperate, da Torino, Genova e Modena. Pareri diversissimi. Ma solo il dr. Tripi si sente di firmare, di proporre, di esporre alle critiche, una strategia per combattere il male. Perché di un male spaventoso si tratta. [o.d.b.]
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