Grand Hotel la vita è sogno. La memoria. la rivista più popolare festeggia il mezzo secolo: così parlava all'italia

In un Paese ancora semianalfabeta, rappresentò l'unico strumento culturale la memoria. La rivista più popolare festeggia il mezzo secolo: così parlava all'Italia Grand Hotel, la vita è sogno Illusioni di carta per uscire dal dopoguerra IL 29 giugno 1946 la Repubblica aveva 27 giorni di vita, non tutti riconosciuti. L'Italia era fatta, bisognava fare le italiane. E arrivò nelle edicole, quel giorno, un settimanale su carta povera, inventato da due maghi della letteratura popolare, Mimmo e Alceo Del Duca, che si sarebbe imposto, sfolgorante, fin al titolo: Grand Hotel Sulla copertina a colori un lui con cravatta e borsalino e una lei in tailleur rosso attillato, braccio nel braccio, si esibivano felici per il pubblico straccione del dopoguerra. Era chiaro che il nuovo giornale prometteva illusioni: mondi lontani, irraggiungibili, crociere sentimentali di carta, una geografia sociale da coltivare tutta nell'immaginazione. Grand Hotel richiamava a chi poteva ricordarlo - tanti - un film cult americano degli Anni 30, con Greta Garbo, Wallace Beery, Joan Crawford, John Barrymore. La testata portava il segno di quel grande illustratore che è stato Walter Molino: tutto |g|| un saliscendi di curve, fiammeggianti di rosso e di giallo, che già alludevano alle forme dei personaggi femminili nell'interno. E sotto, ben in rilievo, il prezzo: «L. 12». Grand Hotel festeggia oggi i 50 anni: e sono 50 anni di storia italiana. Non si può capire da che punto è partito il nostro Paese senza guardare queste pagine. E' stato lo strumento culturale, spesso il solo, di una Italia semianalfabeta, dove una ristretta minoranza conosceva la lingua e una minoranza più ristretta ancora la lettura; uscita dalla guerra con una fame arretrata di fantasia, un gran bisogno di storie, per poter colorare il grigiore della esistenza quotidiana. Per coltivare la speranza, in quella estate del 1946, stava nascendo il Totocalcio; per la gloria, Miss Italia; per avventurarsi nel mondo, la Vespa. Ma per vivere quello che in nessun altro modo era consentito di vivere, c'era solo Grand Hotel. Fu un successo immediato, sorprendente, travolgente: un milione di copie, subito superate; e a lungo mantenute. C'era il romanzo a puntate di Luciana Peverelli, in quel primo numero, Tu, la mia follia; si annunciava il Filo d'oro di Wanda Bontà: «A lei potrete rivolgervi, per placare una pena d'amore, per calmare un'incertezza, per risolvere un quesito di vita intima». C'erano novelle gabellate come «vicende vissute» e fatti di cronaca piccanti con relativa vignetta: «Teresa Lippari, un'avvenente ragazza di Rebbio (Benevento), mentre percorreva, durante un temporale, una strada di campagna, è stata sfiorata da un fulmine che, incenerendole gli abiti, l'ha lasciata completamente nuda, ma illesa. La cronaca non dice se la bella abbia proseguito il viaggio in bicicletta...». Ma il clou, l'osso e la polpa del giornale, la vera esca per milioni / di lettrici (e, più na/' scostamente, di let¬ tori) era il romanzo a fumetti, affidato ai disegnatori più abili: ancora Molino in prima fila. Anime incatenate, che inaugura la serie, mostra nella prima vignetta un giovanotto muscoloso che rema su un pattino al Lido di Venezia, in compagnia di una bionda dalle labbra insieme trascinanti e reti¬ centi, come vuole il costume del tempo. Nei dialoghi si danno del voi. Lei indossa un costume a due pezzi di cui il pubblico, e lo stesso disegnatore, non sanno ancora il nome: perché soltanto il giorno dopo, 30 giugno, esploderà la bomba atomica con l'immagine di Rita Hayworth sull'atollo di Bikini: e quelle tre sillabe diventeranno l'emblema di un'epoca. Nel 1950, la grande rivoluzione, che garantirà al settimanale il successo per altri 30 anni: il foto-romanzo. E le lettrici che non sanno ancora cosa voglia dire televisione si trovano a fronte a fronte con i personaggi veri, le facce reali del mito. C'è uno scambio continuo di maggiorate e petti in evidenza, fra la celluloide e la pagina; ma soprattutto uno scambio di belli non poveri, il viso maschio, il torace abbronzato, che alimenta l'immaginario. Passano in quelle storie Vittorio Gassman e Alberto Lupo, Claudia Cardinale e Sylva Koscina, Enzo Tortora e Mike Bongiorno, Nilla Pizzi e Orietta Berti. Diventano, per le consumatrici e i consumatori del settimanale presenze confidenziali, tattili; par lano con loro a tu per tu. Con l'avvento delle telenove las, e poi il proliferare di Beautiful e derivati, il giornale dell'ai tra Italia vede ridursi il proprio spazio, deve cercarsene uno nuo vo. Ma conserva tuttora uno zoc colo non scalfito di 320 mila copie, distribuite soprattutto nel Nord-Ovest: il 16 per cento in Lombardia, oltre il 12 in Piemonte. «Ci sono due dati che mi fanno riflettere - dice il nuovo direttore, Alida Militello: quasi il 25 per cento dei lettori è sotto i 25 anni; per il 30 per cento delle famiglie è l'unico giornale che entra in casa». Ancora oggi lei riceve lettere - di persone anziane, riconosce che le dicono di avere imparato a scrivere grazie a Grand Hotel. Naturalmente il giornale non può essere più lo stesso del 1946, e non solo per la caduta dell'accento circonflesso dalla parola Hotel, nella nuova testata. «I lettori sono cresciuti di livello, rispetto a dieci anni fa: nelle lettere c'è più proprietà di linguaggio, più precisione nelle domande». E il giornale imbarca servizi, rubriche, su bellezza, moda, cucina, salute; la nuova direttrice vuole aprirlo alla attualità. Solo il fotoromanzo è sempre lì, roccioso, punto di riferimento non aggirabile, con i suoi belli e le sue curvilinee, che annunciano avventure, seduzione, magari lacrime, ma un lieto fine certo. «Il fotoromanzo non si tocca. Rimane la nostra forza». Sono passati 50 anni, non è passato niente. Giorgio Calcagno Nel primo numero il primo bikini, dagli Anni 50 i grandi successi del fotoromanzo In un Paese ancora semianalfabeta, rappresentò l'unico strumento culturale poovo |g|| £' sfmnof Abbiamo trascar$& }nsì«rr»« un delizioso, pom« riccio e ancora non m'avere detto i! vostro nome. E forse 0 tndispgngabila / , ^ : — Una immagine del primo romanzo a fumetti con la ragazza in «due pezzi». In alto un giovane Vittorio Gassman attore di fotoromanzo / / di lettrici (e, più na/' scostamente, di let¬ tori) era il romanzo a fumetti, affidato ai disegnatori più abili: ancora Molino in prima fila. Anime incatenate, che inaugura la serie, mostra nella prima vignetta un giovanotto muscoloso che rema su un pattino al Lido di Venezia, in compagnia di una bionda dalle labbra insieme trascinanti e reticenti, come vuole il costume detempo. Nei dialoghi si danno devoi. Lei indossa un costume a due pezzi di cui il pubblico, e lo stesso disegnatore, non sanno ancora il nome: perché soltanto il giorno dopo, 30 giugno, esploderà la bomba atomica con l'immagindi Rita Hayworth sull'atollo dBikini: e quelle tre sillabe diventeranno l'emblema di un'epoca. Nel 1950, la grande rivoluzione, che garantirà al settimanalil successo per altri 30 anni: il foto-romanzo. E le lettrici che nosanno ancora cosa voglia dire televisione si trovano a fronte fronte con i personaggi veri l La copertina del primo «Grand Hotel» uscito il 29 giugno 1946 In alto la copertina dell'ultimo numero di «Grand Hotel», con gli eroi di oggi Una immagine del primo romanzo a fumetti con la ragazza in «due pezzi». In alto un giovane Vittorio Gassman attore di fotoromanzo

Luoghi citati: Benevento, Italia, Lido Di Venezia, Lombardia, Piemonte