Senza prezzi «stabili» la stretta non s'allenta OLTRE LA LIRA di Alfredo Recanatesi

Senza prezzi «stabili» la stretta non s'allenta F OLTRE ILA LBRA =1 Senza prezzi «stabili» la stretta non s'allenta A delusione per molti deve essere stata davvero grande venerdì sera quando le ore canoniche scorrevano - le 18, le 19, poi le 20 del Tgl - e niente, la Banca d'Italia continuava a tacere; tutte le ipotesi che fosse venuta la volta buona per una riduzione del tasso di sconto sfumavano gradatamente fino a svanire del tutto. Sarà per un'altra volta, certo; ma forse non si tratterà di aspettare ancora poco. Infatti - e non è soltanto il senno del poi - quelle grandi attese potevano, sì, esprimere speranze, ma tanto fondamento non l'avevano. Le condizioni che attende di poter verificare, prima di cominciare ad allentare la briglia dei tassi ufficali e con essi l'intera politica monetaria, la Banca d'Italia le ha dette e ripetute; si possono o meno condividere, ma non si può dire che non siano state chiare. Non si tratta solo di una inflazione che scenda sotto il 4%, ma che vi scenda «stabilmente». Ragioniamo, dunque, su questo non secondario avverbio. «Stabilmente» significa non occasionale, certo, affidabile. Ora, dai dati parziali che stanno uscendo in questi giorni, pare che in giugno la fatidica soglia del 4% sulla base dei dodici mesi venga finalmente infranta verso il basso, ma questo ancora non basta. Non basta intanto perché occorre come minimo attendere il dato complessivo dell'Istat che verrà pubblicato i primi di luglio. Non basta inoltre perché in ogni caso giugno segue due mesi di inflazione molto alta determinando un trimestre con una inflazione media ancora superiore al 4% e, quindi, probabilmente superiore a quella media dei dodici mesi. Ma non basta, infine e soprattutto, perché i mercati ancora dimostrano di aspettarsi una inflazione superiore al 4%; e finché queste saranno le apettative prevalenti, l'eventualità che si realizzino rimane molto alta. L'esempio più noto di indicatore delle attese è il differenziale tra i tassi a lungo termine tedeschi e italiani. In Germania, a fronte di una inflazione attorno all'1,5%, l'inflazione attesa è del 2-2,5%. Siccome il tasso di interesse a dieci anni italiano è più alto di quello analogo tedesco di quasi tre punti, si deduce che il mercato sconta, a lungo termine, una inflazione italiana almeno del 5%. Altro esempio per stare in tempi più brevi; i tassi a termine sulla lira dimostrano che è prevista una riduzione dell'inflazione, ma solo fino alla fine dell'anno; sul '97 le previsioni volgono nuovamente al rialzo. Insomma, se chi scruta il futuro per impiegare il proprio denaro o per valutare la convenienza a I prenderne in prestito dimo I stra di non credere ad una in flazione inferiore al 4%, perché dovrebbe crederci la Banca d'Italia? La circostanza che i tassi ufficiali non sono stati ancora ridotti potrebbe essere spiegata anche da un'altra considerazione. I rischi impliciti nelle due scelte o. a possibili ridurre i tassi ufficiali o attendere ancora - non sono simmetrici: l'errore di ridurre i tassi troppo presto avrebbe conseguenze ben più disastrose di quelle che potrebbero derivare dall'errore di ridurli troppo tardi. In ciò valgono i pericoli corsi l'anno passato ed il cui ricordo, in tutti i recenti interventi di Fazio, è ancora vivissimo: se l'inflazione non è sfuggita di mano ed il marco, dalle 1270 lire, è potuto tornare a 1000, si deve soprattutto alla stretta monetaria imposta fin dall'estate del 1994. Insomma, anche sotto questo profilo, meglio arrivare un po' più tardi che rischiare di essere precipitosi. Questo atteggiamento della Banca d'Italia, del resto, è coerente con la politica economica del Governo. Certo, questo tirerà un bel sospiro di sollievo il giorno in cui i tassi ufficiali cominceranno ad essere ridotti; lo stesso Prodi, illustrando la manovra, l'ha presentata soprattutto come una necessaria premessa per una riduzione del costo del denaro. Tuttavia, la legittima ansia perché ciò possa verificarsi quanto prima non fa premio sulla priorità accordata all'abbattimento dell'inflazione come cardine attorno al quale far ruotare contemporaneamente sia l'aggiustamento dei conti pubblici che la tenuta del ritmo di sviluppo. Riducendo al 2,5% l'obiettivo di inflazione per il prossimo anno, Ciampi sa bene che il problema di renderlo credibile, nella cultura ancora prima che nei comportamenti, può anche richiedere qualche ricorso alla maniera dura. Ma sa anche che solo questo è il percorso praticabile per una Italia che voglia partecipare fin dall'inizio alla moneta unica europea senza rinunciare alla espansione dell'economia. In termini di governo, è l'esatta traduzione dell'analisi fatta il 31 maggio dal Governatore: una inflazione bassa per consentire basso costo del denaro, difesa del valore reale dei salari nominali e, per questa via, una ripresa della domanda interna. Alfredo Recanatesi es^J

Persone citate: Ciampi, Prodi

Luoghi citati: Germania, Italia