I fischi dei gay Contromanifestazione con scambi di insulti di Emanuele Novazio

I fischi dei gay I fischi dei gay Contromanifestazione con scambi di insulti BERLINO DAL NOSTRO INVIATO Un elicottero gira in cerchio, un altro - più in alto si allontana, ritoma. Sul palco, fasciato dalla bandiera dell'arcobaleno, il simbolo del movimento omosessuale, Ades Zabel I - che la comunità gay di Berlino ha appe'". nominato «Papa» - lo invita a scendere, con linguaggio bizzarro e movenze surreali. «Per portarmi altrove», gli urla. Giovanni Paolo II ha finito da poco di celebrare la messa, in uno Stadio olimpico meno traboccante di quanto ci si aspettasse alla vigilia: qualche chilometro più a Est, nel cuore di un quartiere storico per gli omosessuali tedeschi decimati dal nazismo - Lichtenberg - gay e lesbiche festeggiano polemici, beffardi, fra ondate di fischi e urla, fra risate grottesche e canti. Ascoltano e applaudono, dopo essere sfilati per strade invase da bancarelle di wuerstel e di magliette con l'emblema del loro movimento, una festa di paese cominciata la vigilia: il loro Papa rivestito di paramenti lilla chiede «non soltanto tolleranza ma anche accettazione», e accusa la «Chiesa di Roma» per «la discriminazione e l'oppressione» che manifesta «nei confronti di chi non è poi tanto diverso, dal momento che beve birra come tutti». Sono un migliaio o poco più, ma altrettanti li si incontra passato l'angolo: in processione con Domenica, l'ex prostituta - tedesca di mestiere ma italiana di nascita - che si batte per la lotta all'Aids. Per i gay e le lesbiche di Berlino è la Papessa Domenica I, che fra poco «beatificherà» mi noto esponente della comunità gay, Charlotte von Malhsdorf. E' la Grande Parodia, uno spettacolo intriso di derisione e scherno, di beffa e dileggio a tratti forse un po' troppo esuberante, oltre che di legittime rivendicazioni, di richieste appassionate di «attenzione»: a completarlo, un terzo corteo già si avvia verso la Porta di Brandeburgo al seguito dell'Antipapessa Joy Ann II, un'americana di colore che in conclamata opposizione a Ades Zabel e a Domenica vuole convocare un «Concilio contro il Papa» per «abbattere i privilegi della Chiesa». E' il Grande Show, ma anche - si direbbe - una delle poche «rir sposte» della città a Giovanni Paolo II, a parte la contestazione di alcuni giovani completamente nudi che hanno tentato di avvicinarsi a lui sulla Unter den Linden, mentre qualche decina di persone fischiavano, gli gridavano di «andarsene», e lanciavano perfino un paio di sacchetti di vernice contro l'auto blindata. L'unica «mobilitazione» di massa, sia pure irriverente, al di fuori dei luoghi di celebrazione e cerimonia «ufficiali», lo Stadio olimpico e la Porta di Brandeburgo, dove Berlino ha mostrato un'attenzione certamenente rispettosa e interessata, ma nell'insieme misurata, per questo Papa affaticato e aggrappato quasi al leggio e poi al braccio di Kohl (c'erano anche pellegrini italiani fra gli ottomila della piazza, i più acclamanti, con striscioni di «Benvenuto», «Viva il Papa», «L'Immacolata vincerà»). Già la vigilia, per accorgersi che Berlino sarebbe stata almeno per un giorno la «città del Papa», bisognava avvicinarsi allo Stadio: solo sulla Olimpischer Platz, accanto a un lunga fila blu di gabinetti mobili e a un chiosco di salsicce e Coca-Cola, una decina di bandiere bianche e gialle indicavano che ci si preparava alla visita di Giovanni Paolo II. Alla Porta di Brandeburgo, i segni erano più vaghi: cataste di transenne ancora impilate l'una sull'altra, accanto a un venditore di gelati, e un tendone bianco. Soltanto gli ambulanti russi della Pariserplatz avevano cambiato merce, per l'occasione: qualche rosario, qualche ritratto di Giovanni Paolo II e qualche biografia, accanto agli abituali berretti militari sovietici e alle matrioska a buon mercato. Emanuele Novazio

Persone citate: Ades Zabel, Ades Zabel I, Giovanni Paolo Ii, Kohl, Lichtenberg, Linden

Luoghi citati: Berlino, Brandeburgo