L'Europa al bagno

L'Europa al bagno L'Europa al bagno Italia quarta nella hit parade delle spiagge non considera solo, ad esempio, il ph (grado di acidità), la trasparenza, la presenza di coliformi e batteri nell'acqua, ma anche le attrezzature turistiche e ambientali, i sistemi fognari e di depurazione. In questo modo è per le nostre spiagge più difficile ottenere una «bandiera blu» europea, che stando a un calcolo effettuato in Puglia vale 200 miliardi di fatturato turistico. Molte località marine potranno consolarsi con le «bandiere verdi» (qualità «accettabile» dell'acqua), ma altri si vedono marchiare da bandiere rosse («qualità insufficiente»), gialle («monitoraggio insufficiente») o addirittura nere («divieto di balneazione»). Gli ottimisti diranno che siamo pur sempre al quarto posto in Europa: 329 «bandiere blu» per la Spagna, 311 per la Grecia, 271 per la Francia, 219 per noi. Più distanziato il Portogallo, con 114. I pessimisti diranno che siamo il fanalino di coda del Mediterraneo. Se molte località vengono promosse per la prima volta (tra le altre Bibione, Cervo, San Bartolomeo al Mare, Laigueglia, Pietra e Celle ligure, Camogli, Castiglioncello, Anacapri, Marsala, il Golfo degli Aranci), altre perdono la «bandiera biu» guadagnata negli anni precedenti: ad esempio Noli, Bergeggi, Albisola Marina, Portofino e Portovenere, Ostuni, Vieste, Jesolo e Cesenatico. Come stupirsi? I questionari europei compilati dai Comuni italiani dicono che il 50 per cento di essi non pone limiti alla circolazione delle auto. Per l'Europa, inoltre, non vale la deroga «all'italiana» che lo Stato, dal 1985 in poi, concede per variare i parametri sulla colorazione e l'ossigeno disciolto nell'acqua. Dell'«escamotage» si avvantaggiano la Sardegna (con acque per la verità fin troppo «tropicali» per gli standard europei) e l'Alto Adriatico, dove gli scarichi urbani, dell'agricoltura e dell'allevamento continuano a rendere più torbide ed eutrofizzate le acque. Se i dati rivelano che l'inquinamento in Italia non diminuisce, spiega il ministero per l'Ambiente, forse è perché le coste vengono monitorate sempre meglio (130 chilometri in più nell'ultimo check-up, rispetto agli anni scorsi) e quindi è più facile riscontrare inadempienze. Due terzi dei chilometri osservati, dice il ministero, sono pur sempre puliti. Per l'estate, inoltre, il neoministro Edo Ronchi lancia una campagna «mare pulito»: Guardia di Finanza, carabinieri e capitanerie di porto sono pronti ad effettuare 10 mila controlli sulle coste. I nodi vengono al pettine, ribattono invece gli ambientalisti, per la scarsa efficienza dei depuratori e la deregulation: basti pensare al decreto legge che da qualche anno ha «devitalizzato» la legge Merli, quella sugli scarichi nei fiumi. Per chi violava la legge prima c'era una sanzione penale, oggi solo una multa. Chi vuole piantare la tenda o tuffarsi nei pressi delle foci dei fiumi o di scarichi dei canali, dunque, farà bene a tenere gli occhi aperti. E magari consultare il rapporto Cee, che si può avere rivolgendosi al ministero della Sanità (tel. 06-59.94.42.01 o alla Commissione europea in Italia, tel. 06-699.11.60). Carlo Grande LEGGE IN ARRIVO UN progetto di legge presentato alla Camera prevede una mappa delle risorse di corallo rosso, la rotazione dello «sforzo di pesca» per facilitare la ricostituzione dei banchi, la fissazione di stagioni di pesca, di taglie minime e di limiti quantitativi. I pescatori dovranno avere un'apposita licenza. Banditi gli «ingegni», la pesca potrà essere praticata unicamente «con l'uso di piccozza da parte di pescatori muniti, se del caso, di apparecchi individuali per la respirazione subacquea». Solo per lo sfruttamento di banchi di corallo morto potrà essere ammesso l'uso di attrezzi diversi. La pesca potrà essere vietata in certe zone per favorire il ripopolamento e se ciò dovesse danneggiare pescatori e artigiani le Regioni dovranno mettere a punto apposite misure di sostegno.

Persone citate: Camogli, Carlo Grande, Cervo, Edo Ronchi, Laigueglia, Marsala, Ostuni, Vieste