Con la Galiena l'amore si fa in tre

«E' la storia di una passione che tenta le vie della sperimentazione, come nel '68. Anna? L'unica vera donna del cinema italiano» Il regista racconta il film, ambientato nel Settecento DE SICA Con la Galiena l'amore si fa in tre ROMA. Aria di Settecento nel film' «Tre» che Christian De Sica firma come autore, regista e interprete, storia di uno scandaloso triangolo di sesso e cuore sullo sfondo della rivoluzione francese, con Anna Galiena nel ruolo di una eccentrica aristocratica, Christian in quello di suo marito, un barone toscano ardimentoso, e lo sconosciuto Paolo Conticini, amante di entrambi, nella parte di un contadino travolto da un gioco più grande di lui. Come mai tanto Settecento nel cinema italiano abituato a storie di quotidiana ordinarietà? Forse perché, dopo il fallimento del marxismo, la rivoluzione francese è l'unica rivoluzione degna cui questàltatìain"fregola di cambiamenti possa guardare? O perché, a scuijgimaic la Padania-di- Bossi che aleggia sul Paese, si sente il bisogno di tornare alle origini del pensiero unitario e repubblicano? De Sica non lo sa. «Il cinema fiuta gli odori. Agisce senza farsi domande. A me serviva un luogo chiuso dove ambientare una storia d'amore estrema. E solo gli aristocratici tra il '700 e l'800 avevano la possibilità economica e mentale di vivere in funzione della passione. I ricchi di oggi hanno fretta di fare altro denaro: non c'è più tempo per coltivare l'amore». Eppure questa sembra piuttosto una storia contemporanea venata di noia e perversione. «Falso; E' il racconto di un grande amore. L'amore tra il barone e sua moglie;: Ul» amore che tenta le vie delta sperimentazione, quelle che furono fatte proprie anche dalla generazione del '68. Solo che qua c'è, più lusso, più sesso, più spregiudicatezza, più voglia di vivere. Non è un film erotico, è un film vitale. Senza Anna Galiena non l'avrei neanche girato». Ma se ci stava lavorando da due anni, scrìvendo il copione meticolosamente con Giovanni Veronesi, se ha voluto sua moglie Silvia Verdone come produttore, se ha cercato i Cecchi Gori solo a progetto concluso: avrebbe rinunciato a tutto per un rifiuto della Galiena? . «E' l'unica attrice italiana capace di interpretare un'aristocratica senza diventare ridicola. Le nostre attrici, quando sanno recitare, sono ragazzine nevrotiche, e quando non sanno pronunciare due parole in fila, sono maggiorate decorative. Anna Galiena è come Silvana Mangano: una donna vera». Come mai teneva tanto a que¬ sta storia? «Volevo chiudere la mia trilogia sulla diversità cominciata con "Faccione", la ragazza obesa e mitomane, e proseguita con "Uomini", quattro omosessuali alle prese con la normalità. Qui volevo raccontare una coppia talmente unita da diventare come il caffèlatte: una miscela dove non sai più chi è il latte e chi è il caffè». Questo è il suo primo film in costume, in Italia se ne girano pochi: questione di costi? «Fatica. Girare un film in costume è una fatica immensa. Tra l'altro non si può farlo a Roma perché a Roma dove metti la macchina da presa inquadri le ruote di un'auto. Noi abbiamo girato in una villa dei Pecci-Blunt, in Lucchesia, fortunatamente in buono stato. Ma girare fuori Roma significa essere in trasferta. E poi c'è il trucco. Si va sul set al mattino presto e si comincia a lavorare alle undici. Ci sono busti e bustini, gonne e sottogonne, cappelli e tricorni, tabarri e mantelli, stivali e gilet, spade e spadini, corsetti e camicie». Finito il trucco, però, si comincia a girare. «No, anche le riprese del sonoro sono un problema. C'è una strada su cui sfrecciano auto, un cielo dove passano aerei, gli stereo. Per ottenere la presa diretta devi provare all'infinito. E poi se giri in costume vuoi qualche effetto speciale, o no? Io ho voluto l'incendio di una Casina di caccia, il volo di una mongolfiera, una cena tutta d'oro compresa una statua di Pierluigi Pizzi e tanti cavalli. E i cavalli ammaestrati che si usano al cinema sono un lusso smodato. Costano. Costano moltissimo». Viene da chiedersi chi glieTabbia fatto fare. «Me lo domando anch'io. E infatti, finito il montaggio, torno al mio Parmacotto e comincio un nuovo film di Natale dei Vanzina, a fianco di Boldi e forse addirittura di Jerry Lewis. Lo sa che, dopo Benigni e dopo mio cognato Carlo Verdone, sono l'attore europeo più pagato e che le mie commedie incassano miliardi al botteghino?». Non l'imbarazza passare dalla risataccia al sentimento? «Ma no, in fondo sono come mio padre, io. Anche lui oltre a "Ladri di biciclette", ha fatto "Pane amore e fantasia", e ha fatto pure "Pane amore e Andalusia". E questo la crìtica non gliel'ha perdonato. Vittorio De Sica faceva ridere, quindi valeva meno di Rossellini o di Visconti». Simonetta Robiony «E' la storia di una passione che tenta le vie della sperimentazione, come nel '68. Anna? L'unica vera donna del cinema italiano» «Girare in costume costa ed è faticoso. Pensate al sonoro con le auto, gli stereo, gli aerei» Domenica 23 Giugno 1996 21 |

Luoghi citati: Andalusia, Casina, Italia, Roma