Nelle praterie di Marziale Il destino del traduttore di Guido Ceronetti

praterie di Marziale praterie di Marziale BA quanti anni non incontravo Giulio Bollati? Almeno dieci, e dell'ultimo non ho memoria, tuttavia fu una solida amicizia, cominciata nel 1961, naturalmente prèsso l'Einaudi. Amicizie e amori compaiono al momento giusto nelle vite fortemente segnate dagli incontri, addirittura rese, da questi, possibili.'Fosso dire, con gratitudine, che sènza Giulio Bollati la mia vita sarebbe stata diversa, la mia avventura mentale stessa avrebbe preso (non so quali) altre vie. Dove vado? Che fare? Se qualcuno, in quel momento, ti indica una strada, la mano che la indica è il tuo destino che si presenta. Può succedere di tutto, ma qualche volta va bene. Bollatimi propose un lavoro talmente rognoso da darmi la smania di rendermelo piacevole. Eseguii il lavoro in modo estroso e lunatico: il risultato fu un vero disastro. Meritavo di essere cacciato dalla Casa editrice, che teneva al suo buon nome, e avrei subito la giusta sanzione con stupore, perché ero convinto di essere stato angelico, di aver dato genio per lire poche. V ' » Imperturbabile, dopo un noncurante rimpròvero, Bollati mi affidò un altro lavoro, un po' meno rognoso però non agognatole, solo raccomandandomi di misurare i pugni. Neppure questo esito fu del tutto soddisfacente, ed ebbi un terzo lavoro. Tradussi dallo spagnolo un libretto che non fu mai pubblicato; l'autore era un umorista tòste, trovai subito che ne valeva la pena, lo trattai in modo esemplare. Lavoravo in fretta e mi pare non passasse in tutto neppure un anno. Bollati finalmente passò dal rognoso e dall'accettabile all'esaltante, proponendomi di tradurre tutti gii Epigrammi di Valerio Marziale in una lingua non da pro?e^^|j^^ge^talS|i, chi,, màmi^ scurrili" Dà quésta sua calcolata manovra ostetrica, fui levato traduttore in versi per il resto dei miei giorni. Marziale, aragonese come Goya e Eunuci (il paese dove nacque si chiama oggi Catalayud) m'iniettò dosi elevate di satirico, alla pari di Swift, Hogarth, Villon e Celine. Pur così diversi e di varie epoche, quei tre aragonesi hanno un terreno noetico comune e il loro umorismo celtico è poco afferrabile, quasi intrasferibile sul suolo italico. Certo, si sente il pubblico ridere, quando c'è un film di Bunuel, però non è in quei punti «dove si ride» che l'umorismo bunueliano si manifesta. Cosi" Marziale, si manifesta veramente dove è più in ombra. Vedére l'epigramma 41 del sesto libro, due soli versi. Dice di un tale che recita in pubblico (dei versi, immagino) imbacuccato in sciarpe di lana e conclude che uno conciandosi a quel modo per recitare si sottrae sia al parlare che al tacere. (Tradotto da me così: «Imbavagliato di lana recitare - E' non saper tacere né parlare»). Ci sarà stato un riferimento preciso: a noi arriva, un circa duemila anni dopo, come un flash di assurdo, sceneggiatile per Tati o Bunuel. Fui lasciato in questa prateria come una mandria selvaggia; c'era da riinventare tutto; per fare uscire Marziale e,la sua Roma dal monastero di Clarisse dell'Università. Via via che consegnavo le parti che traducevo perche mi fossero compensate subito, Bollati appariva più soddisfatto, pregustando un successo. Ci fu davvero; addirittura impensabile, per una semplice traduzione e un corredo di erudizione che escludeva la facilità. Fu pagante, credo, la novità, il grigiore spezzato, il linguaggio reso attuale, e questo Marziale lo si ristampa tuttora, dopo cinque o sei edizioni Einaudi dal 1964. A me piace rifare, tornare indietro, ma non ritroverei oggi quello slancio, quella foiba, tre anni di passione tra la biblioteca nazionale al Collegio Romano e una monocameretta del Nomentano. Fu una specie di ubriacatura filologica, di parolite con febbre alta (parecchi eccessi li emendai nelle edizioni successive) che mi è tornata in cuore, con struggimento dijamais plus, apprendendo dai giornali (dai giornali, purtroppo) che Giulio Bollati, da anni ormai editore in proprio, era uscito dalla gabbia strepitante della vita, dal grido, dal lamento che sparpagliamo e medichiamo con le parole. Dis Manibus. A Giulio, che mi fu freccia del destino, che accolse i miei ludi ermeneutici, e dopo Mari ziale mi affidò ancora Catullo, i S^flmllTF^rèlimiGiovenaie^é-1 . dico quiunai ri-traduzione di uno ! de#VÈpigramntì/'"iI- kXXIV1 del qKWro;' ctie%rmncia WEB tìbi, Frontopater, genetrix Flaccilla, adorabile poema di dieci soli versi latini in memoria di una bambina morta, designata anonimamente come Erotìon (greco, Amorino). Riscrivere una poesia, rimeditare ed emendare ancora un testo tradotto, è un esercizio meraviglioso e un bagno di giovinezza. Finché si può, a distanza d'anni, sui testi bisogna tornarci, di scoprire e donare mai si finisce. In questa versione tolgo dall'incertezza l'originale circa Frontone e Flaccilla - pare improbabile si alluda ai genitori della bambina - e traduco anche 0 nome di lei, che avevo lasciato immutato. Mi sembra che ora, in italiano, il poema abbia più equilibrio, più suono... Guido Ceronetti

Luoghi citati: Frontone, Roma