Ppi il Grande Sogno «L'Ulivo non ci basta»

Dal ventre dell'ex «Balena bianca» riemergono i desaparecidos Ppi, il Grande Sogno «L'Ulivo non ci basto» Di! POPOLARI MONTESILVANO ELLA hall dell'Hotel Serena Majestic c'è un via vai di volti più o meno noti per il ritorno dei popolari dopo la vittoria dell'Ulivo. Non c'è ancora la gente dei momenti importanti, le auto blu sono più scarse rispetto a quelle che si vedtatf-ogni 'giorno sotto Botteghe Oscure, ma" tra1 vecchie -volpi de e apprendisti non sono pochi quelli 1 che;hanxro già -annusato- la «grande occasione» che sì presenta al Ppi. E se ciò non bastasse, a dimostrare le buone chances che ha questo partito del 7-8% con un'ottima posizione nello scenario politico ci sono pure le rimpatriate. Si rivede Bruno Tabacci prosciolto dalle inchieste. Fa capolino Vito Riggio, che dopo l'avventura con Segni pensa al Ppi. Eppoi c'è D'Antoni, che superata la «sbandata» per Dini è disposto a riprendere la strada di casa. «E' da un anno - spiega che predico la necessità di dar vita ad un grande centro nell'Ulivo e finalmente nel Ppi c'è più consapevolezza. In mezzo c'è tutto quello di cui c'è bisogno: rappresentanze sociali, interessi e riferimenti culturali. Ma dobbiamo metterci in testa che se non lo facciamo noi, questo spazio se Io prenderà D'Alema. Quelli del pds sono pronti a prendere tutto. Azzardo un paragone: il pds è pronto anche a ripetere il modello della de, a diventare una de di sinistra. Dipende da noi non consentirglielo. Dini? Ma su! Il centro non si fa con esperienze personali, si può fare qui...». Chiamatela de se vi piace il linguaggio provocatorio di De Mita, oppure centro come preferisce D'Antoni, ma nel salone di quest'albergo dove i post-dc dal volto pallido e in cravatta si confondono con i visi arrostiti dal sole dei turisti tedeschi in costume e maglietta, qualcuno spera davvero che si creino le condizioni per fare del ppi una forza del 20%, capace di tenere testa al pds nel centro-sinistra. A questa operazione sono interessati tutti i reduci della de, come Riggio e Tabacci, che finalmente escono dalle catacombe. Oppure i grand commis di quello che era una volta il potere democristiano,, come Agnes. Per non parlare della Cisl di D'Antoni e, probabilmente, di quella parte della Chiesa che continua ad avere nostalgia dello scudocrociato come mons. Ruini. La scommessa è semplice: il blocco sociale della de, la sua base di consenso, si è scomposto in tanti segmenti (come il ppi, il ecd, i-cdu, la stessa Forza Italia), ma non ha optato per nessuno dei due estremi, pds e An. Chi dice che non è possibile rimettere insieme almeno una parte di quest'area, maggioritaria nel Paese? Se avesse vinto il centro-destra questa operazione l'avrebbero fatta Ccd, Cdu e Forza Italia, ora tocca al Ppi. E' un'operazione che prevede due tappe:, oggi riaggregare il consenso nell'Ulivo, sfruttando la crisi del centro-destra; ma domani questo centro potrebbe anche avere la forza per diventare il polo alternativo alla sinistra. Quelli che perseguono questo obiettivo sono gli stessi che intendono ingaggiare con il pds un braccio di ferro su tutto: Rai e nomine. 0 ancora, quelli che non vogliono dare a D'Alema il monopolio del dialogo con le opposizioni. «Qualcuno deve spiegarmi - insorge D'Andrea perché D'Alema può gli accordi ad Arcore e se noi parliamo con Casini tutti ce lo rimproverano». Ma in quella sala non ci sono solo De Mita e D'Antoni, ci sono pure quelli che hanno paura di un simile «progetto». £' la parte del partito più vicina a Prodi. Per questi - i Castagnetta i Pinza, gli Andreatta, le Rosy Bindi - l'alleanza con il pds è strategica e può funzionare anche se il Ppi rimane ai livelli di consenso attuale. Sono i sostenitori del modello emiliano, che hanno un'idea elitaria del partito. Gli stessi che il presidente del Senato, Mancino, accusa sottovoce di «settarismo». Per loro l'Ulivo è il progetto per l'oggi e per il domani, un'esperienza da esportare all'estero. «Prodi - racconta felice Pinza - è l'unico leader liberal-rifomista europeo. In Catalogna è nata l'Ulivera». Sono quelli che vogliono ridurre tutte le ambizioni del partito per non creare problemi alla «premiership» di Prodi. «Le rivoluzioni parlamentari - stigmatizza Andreatta sono un lusso che non possiamo permetterci». Sono gli stessi che addirittura hanno paura di un ppi che diventi troppo grande per l'Ulivo. «Qui dentro - dice allarmata la Bindi, che dopo tanto tempo si trova di fronte una platea diffidente - c'è chi già pensa ad un bipolarismo diverso: non più quello tra un centro-sinistra-e un centro-destra, ma quello tra un centro democratico e una sinistra democratica. Pure nel pds qualcuno ha la stessa tentazione». D'Alema, appunto. Ma è inutile ricordare alla Bindi il rischio che secondo De Mita e D'Antoni si nasconde dietro il disegno del segretario del pds di allargare lo «spazio» del suo partito, cioè quello di un Ppi ridotto ad un protettorato della Quercia. Forse per il gruppo «prodiano» del ppi questo non è un peri- colo. Per quale motivo altrimenti i vari Mattarella e Bindi hanno paura dei grandi «ritorni»? Perché Mattarella avverte che «non si può uscire dal partito alle elezioni e rientrare al congresso»? Perché la Bindi sostiene che «la vecchia dirigenza non porta consenso»? Questi interrogativi hanno una risposta quasi ovvia: più il Ppi diventa grande, più si allarga verso il centro e più l'area «prodiana» che esiste al suo interno rischia di perderne il controllo. «La verità - osserva acido Tabacci - è che quelli sono legittimati dal consenso che gli assicura il pds». Mentre Vito Riggio addirittura paventa un strano epilogo: «E' inutile che la Bindi e gli altri chiudano le porte, perché a quel punto uno può rivolgersi direttamente a D'Alema, andare nel pds...». Già, come si fa a costringere un partito a non crescere, a non avere ambizioni, a ridurne l'orgoglio dopo che è riuscito a sopravvivere a Tangentopoli? Per questo è molto difficile che quella parte del Ppi che si rifa alla Bindi o a Mattarella riesca a tenere sotto controllo l'altra anima del Ppi, specie se Prodi continuerà a mantenere questo ruolo aidisopra delle parti, questa distanza verso il partito. Del resto che il Ppi si prepari una stagione di grandi manovre lo dimostrano le acrobazie mediatone di Marini e Bianco. Quest'ultimo rifiuta ogni «Amarcord democristiano», ma contemporaneamente lancia un avvertimento a D'Alema: «Non ci siamo venduti l'anima a via dell'Anima, non la venderemo neppure agli altri». Anche le manovre, oppure il fatto che Elia metta in guardia come ai vecchi tempi «dalle correnti e dai padroni delle tessere», dimostrano che il Ppi è in crescita. Nella de le correnti .erano un elemento di malessere, ma anche di forza. E che il partito raccolto in quest'albergo di Mont esilvano continui'ad avere lo scudocrociato nel suo Dna lo prova anche un lapsus in Cui è incorso Elia: «Noi - fa presente il professore dalla tribuna - dobbiamo avere in tasca l'adesione all'Ulivo e la tessera della de» Augusto Min.T olirli Dal ventre dell'ex «Balena bianca» riemergono i desaparecidos ande Sogno non ci basto» A sinistra: il segretario del ppi Gerardo Bianco A destra: l'ex presidente del Consiglio Ciriaco De Mita A sinistra: il segretario del ppi Gerardo Bianco A destra: l'ex presidente del Consiglio Ciriaco De Mita

Luoghi citati: Arcore, Catalogna, Montesilvano