« E' caduto l'ultimo mistero » di Giovanni Bianconi

« « E' caduto l'ultimo mistero » La Faranda: non c'è altro da scoprire LA BRIGATISTA PENTITA GROMA ERMANO ha fatto la sua scelta, e ha diritto al rispetto. Non sta a me commentare, né dire sciocchezze del tipo: avete visto, avevo ragione io». Adriana Faranda è l'ex brigatista che ha «incastrato» il quarto carceriere di Aldo Moro, Germano Maccari, reo confesso. «Ma come dissi allora - spiega lei -, non sono stata io a portare i giudici a casa di Germano. Loro avevano già gli indizi, lui era già stato individuato, io ho solo confermato perché mi sembrava che in quel momento non ci fosse altra strada». La strada giusta, stando alle conferme di oggi? «Credo che la cosa importante non sia tanto se la mia scelta sia stata giusta o sbagliata. Quello che conta, quello per cui mi sono decisa a questo passo, è la chiarezza e la limpidezza della storia delle Br, sempre tirate dentro a misteri e trame oscure che, se ci sono state, non erano delle Br. Da qui può ri¬ partire una riconsiderazione generale del fenomeno. Questo è quello che mi premeva e mi preme. La limpidezza, pur nella sua tragicità, della storia delle Br: non della mia scelta o di quella di Germano». Anche Maccari può contribuire a questa chiarezza? «Certo, se un giorno si potrà dire che non ci sono più misteri, sarà anche grazie al contributo che possono dare persone come lui». Ma i misteri del caso Moro tornano in ballo di continuo. Sono perfino uno dei capitoli del processo a Giulio Andreotti. Cosa ne pensa? «Non lo so, e non so che cosa ne possano sapere a Palermo di queste cose. Per quanto mi riguarda e per quello che so io della storia delle Brigate rosse considero che con la vicenda del quarto uomo è caduto l'ultimo mistero, l'ultimo segreto delle Br. Non c'è altro che non sia stato detto o scritto». In questi tre anni lei è stata al centro di polemiche e di attac¬ chi per la sua scelta. S'è mai pentita? «Io ho sofferto molto nel decidere di confermare il nome di Germano, e quella sofferenza non è mai venuta meno. Ma non mi sono pentita; ho ritenuto e continuo a ritenere che fosse una scelta giusta, e non lo dico solo perché lui oggi ha confermato». Si è mai sentita una «pentita» come qualcuno l'ha chiamata? «No. Quella del pentito è una figura giuridica, e io dalla mia scelta non ho guadagnato niente. Ho solo confermato alcune cose su una vicenda eccezionale come la storia del sequestro Moro. E non sono io a dire che fu un fatto eccezionale per il nostro Paese. Di fronte ad un evento eccezionale ho tenuto un comportamento eccezionale, tutto qui». Alcune delle cose ammesse da Maccari non coincidono con il suo racconto. «Mi sembrano dettagli, e poi io sui fatti di quel 9 maggio ho sempre detto di riferire cose sapute da al¬ tri». Nella sua deposizione Maccari ha detto di essersi espresso contro la decisione di uccidere Moro. Lo sapeva? «lo so che furono consultati tutti i compagni, anche quelli delle Brigate. E' ovvio che il loro parere pesasse meno di dirigenti come me o Valerio Morucci che pure ci dicemmo contrari, ma comunque furono consultati. E a noi non fu detto come si era espresso ciascun compagno». Pensa che la «svolta» decisa da Maccari avvicini l'ipotesi di indulto per gli ex terroristi? «Immagino che la riconsiderazione di tutto il fenomeno può portare anche a scelte come quella dell'indulto e, quindi, in questo senso può aiutare. La chiarezza conta, perché finché c'è il sospetto che i brigatisti detenuti siano persone al servizio di chissà chi, è più difficile metterli fuori». Giovanni Bianconi

Luoghi citati: Palermo