Di Pietro: fatemi lavorare o me ne vado di Raffaello Masci

Poi l'ex pm smorza i toni: non faccio il disfattista, ho promesso lealtà a questo governo Poi l'ex pm smorza i toni: non faccio il disfattista, ho promesso lealtà a questo governo Di Pietro; fatemi lavorare o me ne vado «Non me l'ha ordinato il medico di fare il ministro» ROMA. «Cerco di fare il possibile per lavorare, ma se non ci riesco vengo qui e vi dico arrivederci. Mica me l'ha ordinato il medico di fare il ministro a vita». Antonio Di Pietro lo dice a chiare lettere. Ed è la sua risposta all'accoglienza tiepida che i parlamentari della commissione Lavori pubblici hanno riservato alla sua proposta per una maggiore severità e maggiore trasparenza all'interno della pubblica amministrazione. Subito dopo, però, Di Pietro attenua i toni: «Però, se chiedo cento e mi danno cinquanta non farò il disfattista. Ho promesso lealtà a questo governo». L'atmosfera era un po' surriscaldata dalle polemiche sulla minaccia di cacciare i dirigenti corrotti e di «monitorare» le ricchezze repentine e sospette. Qualcuno tra i sindacalisti aveva addirittura parlato di «caccia alle streghe» e aveva delineato il rischio di «criminalizzare» i pubblici dipendenti. Ma anche le reazioni dei parlamentari erano state fredde. Per esempio, l'ex ministro dei Lavori pubblici Roberto Radice era stato assai critico con questo approccio «poliziesco» di Di Pietro. Ma «Tonino» ha ricordato che non si tratta di forzare la legge, ma semplicemente di applicarla: «L'avete emanata voi questa legge con un vostro ministro, Tremonti, e con il vostro consenso. La legge esiste e si chiama Sis Staf (servizi di controllo sull'amministrazione finanziaria, ndr). Basta esten- derla a tutte le altre amministrazioni dello Stato e spezzare così il circolo vizioso per cui alla fine mangiano tutti. Per fare questo ci vuole un'autorità che deve essere indipendente dal governo e che risponda al Parlamento». Nulla di rivoluzionario, nulla di sconvolgente. Solo una differente determinazione: «Da oggi vita nuova - ha detto Di Pietro -, se uno vince un concorso, voglio che mi dica qual è il suo patrimonio. Potrò chiederglielo o no, benedetto Iddio!». Di Pietro taglia corto, ma il senso è chiaro: controllare per evitare maneggi tangentizi. Punto e basta. Giovanni Maria Flick approva: «Mi sembra un'ipotesi di lavoro utile come primo passo verso la trasparenza globale». Il leader della Confindustria, Giorgio Fossa, condivide: «Di Pietro ha un suo disegno, un suo obiettivo molto chiaro in testa. Che vada avanti. Non sta a me giudicare». E lo stesso ex ministro della Funzione pubblica, Franco Frattini, non trova materia per una critica: «Le dichiarazioni del ministro dei Lavori pubblici sono assolutamente in linea con quanto avevo stabilito quando ero ministro della Funzione pubblica. Ovvero, nella pubblicazione di un rapporto sui casi dei dipendenti pubblici, che seppur condannati per reati di corruzione, di concussione o altro, restavano al loro posto. Io invitai con apposita lettera i ministri interessati ad esercitare le proprie attribuzioni in materia di san¬ zioni». L'«Osservatore romano» fa notare però che le linee programmatiche di Di Pietro non si limitano alla materia specifica del suo dicastero, ma lasciano trasparire un più vasto intento moralizzatore: «Le dichiarazioni del ministro sono assai forti - dice il giornale vaticano - e sembrano esulare dal programma di un dicastero, per entrare in un ambito più ampio e complesso che richiederebbe almeno una presa di posizione di tutto il governo». E, in sostanza, dello stesso tenore sono anche alcune critiche che giungono dall'interno della maggioranza: sia il pds, per bocca di Fulvia Bandoli, sia i Verdi, con un intervento di Sauro Turroni, fanno presente l'esigenza che il ministro Di Pietro si muova - su un tema così «alto» come la moralizzazione della pubblica amministrazione - in una unità di intenti con l'intero governo. «C'è una maggioranza - ha detto la Bandoli -, non un uomo solo al comando». In pieno dissenso solo alcuni deputati popolari - Butti, Giorgetti e Pasetto - secondo i quali «il monitoraggio costante e preventivo dei patrimoni di dipendenti pubblici appare indiscriminato nell'obiettivo e inquietante nel contenuto». E con queste argomentazioni hanno presentato un'interrogazione a Prodi. Raffaello Masci

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