Agnelli: adesso ci serve un «patto di stabilità»

Agnelli: adesso ci serve un «patto di stabilità» Agnelli: adesso ci serve un «patto di stabilità» H ì ' k t- » Miglili v::::;;x;::x;;:::...;:.;:;::::;:x:;v::.;-:. L'ANALISI DELL'AVVOCATO Lm LONDRA ~. ITALIA ha bisogno di un «patto di stabilità» nazionale per arrivare all'appuntamento con la moneta unica europea. «A livello politico e di parti sociali», ha precisato ieri Giovanni Agnelli prendendo parte, a Londra, all'annuale conferenza dell'Associazione per l'unione monetaria, di cui è vicepresidente. «Come quello - aggiunge a margine dei lavori - impostato da Ciampi come ministro del Tesoro e poi da Lini: non quando era presidente del Consiglio ma quando, nel governo Berlusconi, era anche lui al Tesoro». Da questo patto, secondo Agnelli, dipende «la capacità dell'Italia di entrare fin dall'inizio, dal 1999, nella moneta unica». E sono azioni che «in teoria dovrebbero riuscire meglio alla sinistra», anche se in realta «è tutto da dimostrare». Ma, aggiunge, bisogna essere ambiziosi: «Fissare obiettivi e provare, senza lasciarsi deflettere dalle reazioni, prescindendo dalle critiche, per esempio, di un Bertinotti: tenerne conto, ma in una fase successiva». Ricetta non facile; ma la realtà, per l'Italia, è che occorre «un grosso sforzo, fatto di minori spese, una tassazione più attenta, un esercizio di flessibilità sul lavoro». Sebbene difficile, l'Unione monetaria resta secondo Agnelli un obiettivo possibile. «Senza l'Italia - aggiunge - l'equilibrio politico e geografico sarebbe molto improprio. Meritiamo la sufficienza e ci arriveremo vicini». Tanta fede e tanta speranza nella tana del lupo: nella Londra che sempre meno crede nell'Europa e nella moneta unica. «Una coincidenza», suggerisce Agnelli; sicuramente non una provocazione. Perché «anche l'assenza dell'Inghilterra, come quella dell'Italia, sarebbe inconcepibile. Sarebbe più piace¬ vole vedere Londra alla guida, ma in questo caso l'importante è che segua». Nell'analisi al centro del suo applaudito intervento, Agnelli ha spiegato l'ampio consenso italiano sull'unione monetaria: gli alti costi dell'erraticità delle monete, ma soprattutto la previsione di «un abbattimento del premio di rischio sulla lira e di conseguenza la riduzione dei tassi» (con un risparmio per il Tesoro di 20 mila miliardi per ogni punto). Per non parlare delle riduzioni dei costi aziendali, o delle incertezze e della minore competitività che si prevedono per i Paesi non partecipanti all'unione monetaria. Ma per arrivare al traguardo occorre rispettare i parametri di convergenza. «L'Italia è, con la Grecia, il Paese che più se ne discosta», dAgnelli. Ma questo è da un pundi vista statico. In prospettiva namica, dal 1992 a oggi, «il defipubblico è sceso dal 10,4% al 7,del Pil, mentre il saldo primaha segnato lo scorso anno un atvo pari al 3,5% del Pil»; e qust'anno «il deficit scenderà al del Pil». Anche l'indebitamengià bloccato, sta rientrando; e è «per il 95% in mani italianL'inflazione è stata in larga mira neutralizzata. Si sono fapassi avanti per privatizzazioriforme amministrative e revisni del welfare state, mentre ilsparmio delle famiglie resta mto elevato. Il primo passo, quinè fatto. Ma ora ci vuole il «padi stabilità», il cui elemento senziale sia «il rilancio di unagorosa politica dei redditi permetta un drastico contemento dell'inflazione e quiuna sostanziale riduzione dei tsi d'interesse». Un patto, dAgnelli, «più forte e più credibse inserito in un quadro di ccertazione europea». Fabio Galvan «Solo così riusciremo a entrare nella moneta unica già dal '99» A sinistra il presidente d'onore della Fiat Giovanni Agnelli e Fausto Bertinotti segretario di Rifondazione comunista