Nasce in crisi il governo del Likud di Foto Ansa

Nasce in crisi il governo del Likud La destra ha rischiato la frattura. Peres: prepariamoci a 4 anni difficili Nasce in crisi il governo del Likud Levy contro Netanyahu prima della fiducia GERUSALEMME NOSTRO SERVIZIO Il primo ministro eletto Benjamin Netanyahu ha ricevuto ieri la fiducia della Knesset al suo governo di centro-destra al termine di una giornata snervante, nel corso della quale il leader del Likud è stato apertamente sfidato da due figure di rilievo del suo futuro esecutivo, David Levy e Ariel Sharon. A favore del governo Netanyahu - composto dalla coalizione Likud-Ghesher-Zomet, da tre partiti confessionali e da due partiti di centro - hanno infine votato 62 deputati. Contro si sono espressi 50 deputati di sinistra. Durante il suo discorso d'investitura, il premier ha sollecitato i Paesi arabi a procedere in negoziati di pace diretti e senza precondizioni con Israele e ha offerto ai palestinesi «un buon vicinato», nel rispetto della sicurezza di Israele. «Vogliamo una pace duratura, da tramandare ai nostri figli e ai nostri nipoti - ha dichiarato Netanyahu - e non una pace che resista solo fino all'edizione dei giornali del giorno dopo». Ma le prime reazioni arabe al discorso programmatico di Netanyahu sono improntate a cupo pessimismo. «Non c'è alcuna speranza di riprendere le trattative di pace», ha detto ieri sera una fonte del ministero degli Esteri egiziano. «Il governo israeliano è composto da generali e rabbini - si è lamentato il ministro palestinese della Giustizia, Freih Abu Mdein -. Non s'impegna nemmeno a sgomberare Hebron, temo che voglia affossare il processo di pace». Faisal Husseini, un noto esponente palestinese, ha rilevato che «un premier non può cambiare arbitrariamente accordi di pace raggiunti dopo lunghi sforzi». «Gerusalemme - ha aggiunto - deve essere una città aperta, capitale storica della spiritualità e di tre grandi religioni monoteistiche». Netanyahu si è detto disposto a negoziare con i palestinesi un assetto definitivo nei territori basato sulla loro autonomia amministrativa, ma ha chiarito che rilancerà la colonizzazione della Cisgiordania e che Gerusalemme unita re¬ sterà capitale dello Stato d'Israele. Netanyahu ha aggiunto che d'ora in poi l'esercito israeliano e i Servizi di sicurezza avranno libertà di azione nella loro lotta al terrorismo e ai suoi mandanti: come a dire che, nel caso, potranno tornare ad agire nelle zone di autonomia. Il premier uscente Shimon Peres ha replicato con un discorso beffardo in cui ha ironizzato sulle proposte di Netanyahu: «Che senso ha offrire ai palestinesi l'auto¬ nomia - si è chiesto - se ce l'hanno già?». Peres ha anche dato un consiglio a Netanyahu: «Se sei serio nelle tue intenzioni di pace, dovrai necessariamente discuterne faccia a faccia con Arafat». Ma nella seduta del partito laburista che ha preceduto quella del Parlamento, Peres era invece terribilmente serio: «Ci aspettano quattro anni molto difficili. Avrebbero potuto essere anni meravigliosi, e invece saranno molto duri non solo per noi laburisti, ma per tutto il Paese». Peres ha anche sollecitato il partito a guardarsi da quanti vorrebbero provocare liti e scissioni. La crisi nel Likud è esplosa a sorpresa pochi minuti prima che Netanyahu iniziasse a leggere il suo discorso alla Knesset, quando David Levy gli ha detto - a muso duro - che non era disposto a fungere da ministro degli Esteri se nel governo non fosse stato incluso Ariel Sharon, l'architetto della vittoria elettorale del Likud e temibi¬ le rivale per Netanyahu. Nei giorni scorsi Sharon aveva ridotto le sue pretese dal ministero della Difesa a quello molto più modesto dell'Edilizia: ma il suo assenso era arrivato in ritardo, quando cioè il ministero dell'Edilizia era ormai passato ai religiosi dell'Agudat Israel. A queste condizioni, ieri Sharon ha preferito non farsi vedere alla Knesset e restare nella sua fattoria agricola nel Neghev. Facendosi portavoce di un dii- fuso malumore nel Likud, Levy ha dunque teso un'imboscata a Netanyahu: mentre questi assicurava al Parlamento che il nuovo governo agirà in maniera molto più efficiente e decisa dei governi passati, la sua maggioranza parlamentare gli si è sgretolata fra le mani. Nelle ore successive, nei corridoi della Knesset si è cercato dunque di costituire in fretta e furia un ministero a misura di Sharon, come fosse una costruzione di «lego». E' nato cosi il ministero dell'Infrastruttura nazionale che include progetti stradali, portuali, le industrie militari e il comando delle retrovie. Dal Neghev, Sharon si è riservato di dare una risposta nei prossimi giorni. Levy, soddisfatto, ha finalmente accettato di servire da ministro degli Esteri. Netanyahu ho preso nota che nel suo governo lo attendono resistenze e burrasche. Aido Baquis Per l'ex generale inventato un ruolo all'ultimo momento Il Cairo: nessuna speranza di riprendere il processo di pace TUTTI GLI UOMINI DI NETANYAHU PREMIER + EDILIZIA + CULTI Benjamin Netanyahu (Likud) DIFESA Yitzhak Mordechai (Likud) FINANZE Dan Meridor (Likud) ISTRUZIONE Zevulun Hammer (partito nazional-religioso) AGRICOLTURA E AMBIENTE Rafael Eitan (Zomet) GIUSTIZIA Yaakov Neeman (indipendente) INTERNI Elihau Suissa (Shas) LAVORO E PREVIDENZA Elihau Yishai (Shas) SICUREZZA INTERNA Avigdor Kahalani (Terza via) TRASPORTI + ENERGIA: Yitzhak Levy (partito nazional-religioso) INDUSTRIA E COMMERCIO Natan Sharansky (Israel Be-Alya) IMMIGRAZIONE Yuli Edelstein (Israel Be-Alya) TURISMO Moshe Katzav (Likud) SCIENZA E TECNOLOGIA Benjamin Begin (Likud) SANITÀ' Zahi Hanegbi (Likud) TELECOMUNICAZIONI Limor Livnat (Likud) ESTERI David Levy (Likud) -:-:::->,.- «Non sarò il nuovo ministro degli Esteri se non viene dato un incarico anche a Sharon Nella foto grande il giuramento dei parlamentari all'inaugurazione della Knesset e (qui sopra) il volto corrucciato dello sconfitto Peres [FOTO ANSA]

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