Scalfaro convoca Flick e Di Pietro di Renato Rizzo

POLITICA E GIUSTIZIA Il capo dello Stato ha scritto a Prodi: perché non sono ancora arrivati i contributi Cee? Scalfari» convoca Flick e Di Pietro «Al capezzale della Calabria» VIBO VALENTIA DAL NOSTRO INVIATO Ha garantito: «Il mio compito è segnalare al governo le difficoltà che mi vengono prospettate e impegnarmi a seguirle. In altre parole: fare l'ambasciatore». Ma, visto che il governo è lontano e il messaggio da trasmettere è urgente, Oscar Luigi Scalfaro applica alla diplomazia il vecchio adagio per cui se la montagna non va a Maometto è Maometto a fare l'escursionista. E, così, questo viaggio in Calabria diventa per il Capo dello Stato occasione di «convocare» mezzo governo al capezzale della regione più disperata d'Italia. Alle 7,30 Scalfaro chiama Di Pietro sollecitandolo a venire qui per rendersi conto di persona della situazione dei Lavori pubblici; promessa dell'ex magistrato: «Arriverò il 28»; oggi raggiungerà il Presidente, già accompagnato dal ministro dell'Industria Bersani, anche il responsabile del Lavoro, Treu; il 24 sarà la volta di Gian Maria Flick a scendere in Calabria per valutare i gravi problemi legati all'amministrazione della Giustizia. Ma nel suo iperattivismo il Capo dello Stato non si ferma qui: tramite il segretario generale del Quirinale, Gifuni, restato a Roma a «presidiare» il Palazzo, scrive la seconda lettera in quattro giorni a Romano Prodi: possibile che non bastino sei mesi per trasferire da Bruxelles all'Italia i contributi Cee destinati alla Calabria? Di analogo tenore la telefonata a Ciampi. Da lui Scalfaro vuol sapere dove sono rimasti impantanati i fondi destinati a questa terra. «Il bilancio, a volte - sentenzia il Capo dello Stato - sembra avere più pieghe della sottana di una monaca del '500». Un vibrante rincorrersi di chiamate «a rapporto», di avvisi e di risposte alle contestazioni inscenate dal Polo accende questa visita. Ma, tant'è. E' lo stesso Scalfaro a confessare con malcelato orgoglio: «Ho tutte le capacità, tranne quella di tacere». Così quest'intreccio d'attività diventa quasi frenetico se inserito nei ritmi già senza respiro della trasferta calabrese. Ieri, in un giorno sovrastato dal dramma dell'agguato mortale al maresciallo Azzolina, il Presidente ha prima incontrato a Reggio un gruppo di esponenti del volontariato, quindi è andato all'ospedale di Scilla per fare gli auguri di pronta guarigione al brigadiere ferito, poi è salito a Palmi dove ha lasciato una preghiera ed una carezza al- la salma dell'ucciso. Ed ancora: una visita a Gioia Tauro, una sosta alla stazione dell'Anna di Rosarno, un'altra alla Scuola allievi di polizia a Vibo Valentia. Infine, a sera trasferimento a Catanzaro. E, da oggi, si ricomincia: altre corse nel dolore e nella disperazione, nella rassegnazione o nella rabbia. «Lavoro, lavoro» invocavano, ieri, i disoccupati. Indicando le strutture del nuovo insediamento portuale di Gioia, che pur apre qualche speranza di occupazione, aggiungevano: «Lì si festeggia, ma qui si muore. Ci aiuti lei, Presidente». Una scena già vista nel dicembre '94, quando altri disperati chiedevano un posto stabile e che, l'altra sera, ha dato fiato alla contestazione del Polo che rinfacciava a Scalfaro d'aver risposto solo «con parole e fumo». Scalfaro, oggi, non si sottrae al duello: «Mio compito è bussare al governo, non realizzare le attese. Né io sono venuto qui per fare bella figura: mi parrebbe molto triste vedere il presidente in queste condizioni». Nessuna vetrina, allora, ma un'ininterrotta fibrillazione, motivata da «dovere di coscienza» che rischia, comunque, di attirare sul Presidente nuove critiche. E, magari, non soltanto dal Polo, ma addirittura da alcuni esponenti della maggioranza che potrebbero vedersi stretti in un angolo dall'alluvione di interventi del Quirinale. Intanto, ieri, nonostante la mezza retromarcia dei vertici locali del centro-destra, le acque del viaggio presidenziale sono tornate tempestose. «Lei è il punto più alto di quella partitocrazia che ha ridotto questa terra alla disperazione, al dramma, alla paura» sferza a sangue la lettera aperta con cui il senatore di An, Bevilacqua, ha accolto a Vibo il Capo dello Stato. Scalfaro lo ignora. Preferisce discutere della disoccupazione che è piaga aperta in questa terra. E, ancora una volta, bussa alla porta di Prodi quasi ad affidargli un compito: «Il governo studierà delle misure». Renato Rizzo .5.; «Il mio compito è segnalare al governo le difficoltà e impegnarmi a seguirle. Sono soltanto un ambasciatore» al governoe impegnaSono solta A sinistra il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e accanto il procuratore di Palermo Giancarlo Caselli