Le «mani pulite» sulla città

Le «mani pulite» sulla città Le «mani pulite» sulla città L'ex pm: trasparenza nel porto delle nebbie LA STRATEGIA DI TONINO «0, ROMA UESTO deve diventare il ministero di Mani pulite, è chiaro 'u concetto?». Corre per i corridoi e le stanze del terzo piano del vecchio e sdrucito palazzone di Porta Pia, e striglia, scuote, incoraggia tutti. Dal capo di gabinetto Luigi Giampaolino al gruppo agguerrito di funzionari dell'ufficio legislativo, guidati dal fidatissimo Mario Cicala, dalla segretaria personale Rossella Pucci all'ormai famoso manipolo di carabinieri ministeriali, sconosciuti e dimenticali in qualche polveroso sottoscala durante gli anni d'oro dei Nicolazzi e dei Prandini, quando proprio in queste stanze si lavorava, mattone su mattone, mazzetta su mazzetta, per costruire Tangentopoli. Sì, il ministero di Mani pulite non è solo imo slogan, per Antonio Di Pietro, ma la prosecuzione naturale della sua storia, pubblica e privata. L'ha presentato ieri, all'insegna della Trasparenza, in Commissione lavori pubblici della Camera, con l'impeto ruvido di sempre, con l'ormai proverbiale prosa ispida e terrigna. E' andato giù pesante, dando corpo ai fantasmi che gli rubavano il sonno ai tempi del pool di Milano e che ancora si aggirano qua e là, materializzando la sua ossessione (ola corruzione che ancora si annida in vitali settori della pubblica amministrazione...») in un paio di proposte concrete. Toste come lui, ex contadino della bassa molisana di Montenero di Bisaccia, ex emigrato pulitore di mestoli in Germania, e soprattutto ex poliziotto, commissariato Vittoria-Monforte, Milano. La prima: cacciamo i dirigenti coinvolti in vicende tangentizic, che si stanno riciclando nella pubblica amministrazione. La seconda: creiamo una «Autorità indipendente, scorporata da qualsiasi rapporto di gerarchia con le varie amministrazioni», che eserciti «un monitoraggio costante e preventivo dei patrimoni dei dipendenti pubblici». Ad ascoltare Tonino ministro della Trasparenza, e quella sua prolusione infarcita di frasi secche e taglienti come le pietraie molisane, delle sue solite asperità lessicali (come quelle «garanzie pelose» per i dipendenti corrotti...) la memoria va a quel suo grande e discusso progetto di moralizzazione del Paese, che confessò in uno degli interrogatori-fiume ai magistrati bresciani nel luglio del '95. Era il capitolo 12 del verbale, e si intitolava im po' enfaticamente «Il progetto strategico per il futuro». In un'escalation di obiettivi, nei quali il nobile anelito moralizzatore assumeva un respiro quasi planetario, da agente 007 in guerra contro la Spectre. Di Pietro prevedeva allora, dopo aver ultimato le sue inchieste sulla Guardia di finanza e su Berlusconi, di «andare fuori ruolo, programmare l'ingresso al Sis o Sisde per ricominciare da dove ero rimasto; il progetto Mani pulite 2; la prevenzione, il Sis, il ricomponimento del pool sotto il Sis, l'Anagrafe tributaria, la direzione del Sisde, la proposta di Cossiga di ristrutturazione dei servizi segreti; il progetto Mani pulite 3, la ricostruzione, il ricambio della classe dirigente, nuove leggi e nuovi agglomerati politici, la divulgazione di Mani pulite nel mondo...». A rileggerle oggi, quelle confessioni, e a depurarle di un qualche eccesso d'ambizione che pure le animava, si ritrova in realtà un filo rosso, che unisce il Tonino di allora col Tonino di oggi. Un uomo, cioè, che non ha mai smesso di lottare contro i coiTotti. E non a caso, quel filo rosso continua a preoccupare, in qualche caso persino a spaventare, certe forze politiche. Perché in effetti dopo la sua sortita in Commissione, Tonino ministro della Trasparenza, insieme a tanti elogi, incassa anche qualche critica un po' aspra. Che arriva per esempio dall'ala «libertaria» di Forza Italia. Quella di Tiziana Parenti, che bolla come «orwelliani» gli scenari dipietreschi, o di Marco Taradash, secondo cui «i problemi della pubblica amministrazione non si risolvono con i carabinieri e con criteri islamici di moralizzazione». Ma qualche apprensione alligna anche nell'ala «garantista» della sinistra. Che contesta attraverso i comunicati della Cgil, o che critica per bocca del rifondatore comunista Tullio Grimaldi, secondo cui «le proposte di Di Pietro ci condurrebbero ad uno Stato di polizia, non sono accettabili né schedature, né i carabinieri che controllino cittadini e dipendenti pubblici...». Insomma ogni volta che esterna sia pure in questa sua nuova veste istituzionale più contenuta, più misurata - Di Pietro accende le polemiche, divide gli schieramenti. Lui ormai c'è abituato, e non se ne preoccupa. Anzi, fin dal giorno in cui ha risposto con una lettera affettuosa a Prodi che gli offriva i Lavori pubblici, Tonino ministro della Trasparenza s'è portato computer e floppy disk, sui quali ha memorizzato idee, proposte, bozze di provvedimenti ai quali ha lavorato in questi lunghi mesi di forzata inattività, se si esclude il suo impegno all'Università di Castellanza. E tra quelle bozze, c'è anche quella del vecchio «Sit», il Servizio degli ispettori tributari, progetto al quale lavorò nel gennaio del '95, che è di fatto queH'«Autorità indipendente per il monitoraggio dei patrimoni dei dipendenti pubblici» di cui ha parlato ieri. In pratica un'evoluzione del «Sis», il cui vertice gli fu offerto a fine '94 da Berlusconi e da Tremoliti, pei vigilare sui dipendenti del ministero delle Finanze. Mentre Di Pietro, con il «Sit», aveva coltivato un disegno più ambizioso: una struttura di intelligence informatica, con poteri di accesso all'Anagrafe tributaria e con poteri di polizia valutaria, incaricata di controllare la posizione patrimoniale di tutti i dipendenti della pubblica amministrazione considerati «a rischio di corruzione». Non se ne fece nulla. Ma a quest'idea del «Grande Fratello anticorruzionc» Di Pietro in questi mesi non ha mai smesso di pensare. E ora che vuol trasformare il suo dicastero da vecchio «centro storico» di Tangentopoli a ministero della Trasparenza, a quell'idea può dare nuovo impulso. Ne ha parlato più volle, con il presidente del Consi- glio Prodi. F. oltre tutto può contare su uno sponsor discreto, ma sicuro, come il ministro delle Finanze Vincenzo Visco, che ai tempi del «Sit» diede al progetto la benedizione sua e del pds. E dunque; Tonino, ministro della Trasparenza, continua la sua antica battaglia. Se la vincerà non si sa. Quel che è certo è che merita comprensione. Lui - bestia nera dei corrotti, paladino nazionale dell'onestà - lì in quel palazzone di Porta Pia è a dir poco circondato: tra Lavori pubblici e Anas, i dirigenti ministeriali passati per Tangentopoli e tuttora ai loro posti sono più di 150. E tra questi, pensate un po', c'è persino genie come quel Gerardo Pelosi, ex capo di gabinetto di Gianni Prandini, l'«Attila» dei Lavori pubblici: lo arrestò proprio Di Pietro, e lo tenne in ceppi per 45 giorni, togliendoglieli solo dopo aver ottenuto i nomi dei politici coinvolti negli scandali infiniti dei Lavori pubblici. E' cosi strano allora che Tonino - un tempo inesorabile persecutore dei signori della tangente alla Craxi, alla Forlani o alla Pomicino - voglia oggi far piazza pulita anche di quelli che lui stesso chiama i loro «portaordini»? Massimo Giannini I timori di Cgil e Rifondazione «Qui rischiamo di andare verso uno Stato di polizia» Per Taradash e Forza Italia «Questa è una moralizzazione fatta con criteri islamici» «E' ora di riaccendere i motori ma rispettando l'ambiente» «E il Giubileo va gestito dai Lavori pubblici» LE EMERGENZEDEL MINISTRO LEGALITÀ' E TRASPARENZA • Le leggi vanno adeguate in tempi rapidi (troppi i decreti ancora in bilico). • Le procedure dovranno essere più snelle. • I controlli devono essere severi e costanti nel tempo. • Bisogna monitorare i redditi dei dirigenti dei lavori pubblici per evitare arricchimenti facili. • i dirigenti corrotti vanno allontanati senza «garantismi» ingiustificati. AMBIENTE • I cantieri chiusi per ragioni burocratiche vanno riaperti fatte salve le esigenze ambientali • Si metteranno in cantiere solo opere compatibili con il territorio • La collaborazione con il ministro dell'Ambiente sarà assidua e sistematica. il EDILIZIA • Va fatta una politica della casa che privilegi il recupero del costruito, e la qualità dell'abitare piuttosto che la quantità degli alloggi. • La proroga degli sfratti scade a fine giugno e dovrà essere, purtroppo, riproposta, ma sarà l'ultima volta. • Gli lacp (Istituti delle case popolari) diventeranno degli enti economici e quindi dovranno rientrarci con le spese. issa sa eaa cataa» iDIjQOQQQi GIUBILEO • L'arrivo di milioni di turisti potrebbe determinare un impatto al quale le nostre strutture di trasporto e accoglienza non reggerebbero. Le grandi opere sono perciò di competenza governativa. Una delega in questo senso e stata data al sottosegretario Bargone. Il ministro dei Lavori pubblici Antonio Di Pietro ,C ENZA «JENSO di STEFANO BARTEZZAGHI REDDIfOMETRO Da una cruna non passa alcun cammello, i miliardi non li fa alcun bidello. Che impiegato statale viaggia a champagne c caviale? Se è statale, dev'essere poverello.

Luoghi citati: Germania, Milano, Montenero Di Bisaccia, Roma