Il giallo infinito di un'esecuzione di Giuseppe Mayda

Il giallo infinito di un'esecuzione Un intreccio di testimoni e di documenti per un mistero che dura da mezzo secolo Il giallo infinito di un'esecuzione SONO ormai tante le ricostruzioni della morte di Mussolini che, dopo mezzo secolo, sembra siano rimasti agli storici soltanto due dati certi: il giorno in cui avvenne la fucilazione - sabato 28 aprile 1945 - e il risultato dell'esame necroscopico compiuto poco dopo all'istituto di medicina legale di Milano dai professori Mario Cattabeni e Pierluigi Cova. Questo documento è una relazione di 23 pagine, dove in sostanza si rivela clie Mussolini risultava colpito da quattro pallottole di mitra, di cui una sola mortale perché, penetrata a sinistra dello sterno, gli aveva recisa l'aorta. Il corpo era stato poi raggiunto da altri proiettili ma dopo la morte, quando cioè si trovava esposto al distributore di benzina (che oggi non c'è più) in piazzale Loreto; una donna, per esempio, gli aveva sparato sei colpi di rivoltella. Le ricostruzioni della morte di Mussolini (quasi tutte romanzesche o macchinose; si è persino sostenuta la tesi dell'avvelenamento) sono varia- zioni sul tema della prima versione, che risale al 1945-1946 ed è articolata su dichiarazioni ufficiali, testimonianze e accertamenti dell'epoca. Essa dice a grandissime linee che venerdì 27 aprile, in fuga da Milano diretto verso l'alto Lago di Como, Mussolini venne catturato dai partigiani della 52a Brigata Garibaldi comandata da Pier Bellini Delle Stelle («Pedro»). Il duce, travestito da soldato della Wehrmacht con cappotto, elmetto e occhiali scuri, viaggiava nascosto nel camion di una colonna tedesca in ritirata verso il Brennero. Riconosciuto e bloccato a Musso dal capo partigiano Urbano Lazzaro («Bill»), Mussolini fu condotto nel municipio di Dongo assieme ad altri gerarchi della Rsi: là lo rag¬ giunse l'amante Claretta Petacci. Nella notte, per misure di sicurezza, «Pedro» ordinò che Mussolini e la Petacci venissero trasferiti a Bonzanigo nella casa della famiglia De Maria. L'indomani, sabato 28, giunse da Milano, assieme ai partigiani Michele Moretti («Gatti») e Aldo Lampredi («Guido»), il funzionario comunista Walter Audisio («Valerio») con l'incarico del Cln Alta Italia di fucilare subito Mussolini. Secondo la recente testimonianza di Lampredi, Mussolini e la Petacci verso le 16 vennero condotti in auto a Giulino di Mezzegra - borgata poco distante da Bonzanigo - e fatti scendere davanti al cancello della villa Belmonte. Audisio, senza dire parola, puntò il mitra su Mussolini, però l'arma non funzionò. Allora Lampredi estrasse la pistola e premette il grilletto; anche la rivoltella si inceppò. Accorse a questo punto Moretti, che stava di guardia alla svolta del sentiero dove oggi c'è un lavatoio pubblico: Audisio afferrò il suo mitra e stavolta riuscì a far fuoco abbattendo Mussolini e la Petacci. La sera stessa i loro corpi e quelli degli altri fascisti fucilati a Dongo furono trasportati in camion a Milano. La ricostruzione di Pisano sembra fondere su questa struttura elementi di diverse versioni già comparse in cinquant'anni, compresa quella della doppia fucilazione: non pare invece che vi abbia posto la tesi che dovrebbe apparire nell'ultimo volume della biografia mussoliniana di De Felice e cioè che il duce venne fucilato da agenti segreti britannici. Forse è ancora lontana la parola «fine» sul giallo di Giulino di Mezzegra. Giuseppe Mayda