«Così morì il Duce»

L'ex senatore missino ricostruisce «gli ultimi cinque secondi» del dittatore L'ex senatore missino ricostruisce «gli ultimi cinque secondi» del dittatore «Così morì il Duce» Pisano: a sparare fu Longo ROMA. A premere il grilletto contro Benito Mussolini fu probabilmente Luigi Longo, comandante generale delle Brigate Garibaldi e futuro segretario del pei. Benito Mussolini, già ferito al fianco e al polso destro, fu legato al catenaccio della porta della stalla in casa De Maria a Bonzanigo e fucilato con sette colpi. Colpito a morte all'aorta il capo del fascismo cadde nello sterco. Alcune ore dopo venne lavato a ima fontana pubblica per mettere in scena la finta fucilazione al cancello di Villa Bclmonte. La sua amante Garetta Petacci cadde due ore dopo sotto 4 colpi del mitra di Alfredo Mordini, nome di battaglia «Riccardo». La «leggenda» del cancello di Villa Belmonte, di Walter Audisio, mitico «Colonnello Valerio» e del «In nome del popolo italiano...» a cui seguì la fucilazione alle 16,20 di Mussolini e della Petacci, viene completamente smontata da Giorgio Pisano, ex senatore missino, giornalista e scrittore che in quarant'amii ha sentito decine di testimoni, fatto centinaia di sopralluoghi per far sparire quelle «ombre» che sul Lago di Como avvolgevano uno dei più grandi segreti della storia del '900: la morte del duce. Tanto lavoro racchiuso nel libro «Gli ultimi cinque secondi di Mussolini - Un'inchiesta giornalistica durata quarant'anni» che 11 Saggiatore manda oggi in libreria, presentato ieri in una conferenza stampa alla quale ha preso parte anche un altro storico del ventennio, Giordano Bnino Gnorri (il quale ha invitato Walter Veltroni ad «aprire gli archivi di Botteghe Oscure»). Giorgio Pisano non ha nascosto l'obiettivo di voler «mandare in soffitta la tesi ufficiale di parte comunista che indica in Walter Audisio, Michele Moretti e Aldo Lampredi i fucilatoli del Duce e della sua amante». Pisano fa parlare i testimoni oculari dei tragici fatti del freddo e piovoso 28 aprile '45, a cominciare dalla oggi settantenne Dorina Mazzola che abitava con la famiglia a pochi metri da casa De Maria e che vide la fucilazione del Duce e l'assassinio di Garetta, la prima alle 9 del mattino, il secondo alle 11,30. Testimonianze che si incrociano con quelle di Savina Cantoni, moglie di Guglielmo, detto «Sandrino menefrego», uno dei due guardiani del duce, autore di un memoriale che Pisano sta ancora cercando. Era l'alba del 28 aprile quando il capo della Repubblica Sociale con la sua amante, hanno riferito Mazzola e Cantoni, fu portato a Bonzanigo in casa De Maria. Le voci non tardarono a diffondersi e subito arrivarono i partigiani. Michele Moretti, nomi di battaglia «Pietro» e Pietro Gatti, e Luigi Canali, nome di battaglia «Neri», immediatamente si precipitarono a Como, nella sede clandestina del Partito comunista in via Natta, e da qui si misero in contatto con Milano da dove partirono i «giusti¬ zieri». «Il Partito comunista - dice Pisano - voleva il duce morto e subito i capi partigiani partirono per Bonzanino di Mezzegra». Il giallo sembra risolto, ma Pisano già annuncia un seguito e rivolge un invito all'unico uomo oggi vivo, Leo Valiani, «che ha sempre detto di non sapere nulla, ma non può più raccontarci balle. Deve dire quello che sa» ha affermato l'ex senatore missino, [r. i.] Lo storico Guerri a Veltroni: «Aprite gli archivi di Botteghe Oscure» A sinistra Garetta Petacci fucilata, secondo la ricostruzione di Pisano, due ore dopo l'esecuzione di Benito Mussolini (a destra) giustiziato da Luigi Longo, allora comandante delle Brigate Garibaldi

Luoghi citati: Como, Mezzegra, Milano, Pisano, Roma