Triste notte a casa Gorbaciov

La figlia Irina alza l'audio quando arrivano i risultati elettorali, poi lo toglie dopo l'umiliante responso (0,51%) «Noi riformisti avremmo dovuto presentare un candidato unico» CON L'EX LEADER DAVANTI ALLA TV Triste notte q casa Gorbadov «Ma è proprio questo il popolo russo?- » MOSCA OTTE fonda, notte elettorale, notte delle angosce e delle sorprese. Si vaga da un quartier generale all'altro, da quelli ufficiali, a quelli dei «ricchi» (come il presidente ex comunista e multimiliardario Boris Eltsin, che paga le tasse come un proletario), a quelli dei poveri (come l'ex presidente ex comunista Mikhail Gorbaciov, che paga le tasse come un miliardario), a quello del miliardario Bryntsalov, che non paga affatto le tasse. Facce diverse, i delusi, i preoccupati, gli allegri. Ziuganov è inutile cercarlo al suo quartier generale: non c'è. Dicono che sia nella dacia di un altro miliardario, Vladimir Semago, a fare i conti in parallelo alla Commissione Elettorale Centrale. Lebed è a casa sua e nessuno si azzardi a disturbarlo. Com'è andata è già chiaro alle tre di notte. Il vagabondaggio si arena al numero 45 della Prospettiva Leningradskij. La Fondazione Gorbaciov, al primo piano dell'Accademia delle Finanze, è tutta illuminata. C'è la coda, come al solito, di giornalisti, curiosi, estimatori. Mikhail Sergheevic tiene gran consiglio con tutti i suoi collaboratori più intimi. C'è anche Raissa Maksimovna e la figlia Irina. Gorbaciov non ha raggiunto nemmeno l'uno per cento che i sondaggi gli assegnavano. Le guardie del corpo hanno bevuto e ora cantano canzoni d'amore. Nel sancta sanctorum la tv è accesa e le poltrone sono tutte occupate da facce pensose. «Ma allora è proprio questo il popolo russo?», Gorbaciov mi invita a prendere posto allargando le braccia con aria perplessa. Non ha precisamente l'aspetto allegro. Ascolta le analisi dello staff, ogni tanto Irina interrompe e manovra il telecomando, alzando il volume quando arrivano le novità della Commissione Elettorale. Domanda non precisamente rivolta a nessuno, ma che aleggia a lungo nell'aria senza che nessuno si senta di affrontare la risposta. Chissà, forse il popolo russo è proprio questo, che emerge da questo voto. Mezzo comunista, irrimediabilmente; mezzo eltsiniano, un quarto turandosi il naso; un altro quinto pronto a vestirsi con i panni generaleschi; un altro decimo che si specchia nel clown di corte. Cosa resta? Poca roba. I democratici dove sono? Vassilij Lipitskij, il teorico del gruppo, obietta: «Questo risultato è stato pesantemente falsato da una campagna forsennata. I russi sono caduti in una trappola che era stata tesa loro. Abilmente, va detto. 0 Eltsin o il comunismo. In queste condizioni si può dire che il voto non è stato libero. E se non è stato libero non si può gettare la croce addosso al popolo russo». Gorbaciov assente col capo. Dall'altra stanza, attutito, arriva il canto delle guardie del corpo. Si discute sulla futura trattativa Eltsin-Lebed, Ziuganov-Lebed, ZiuganovZhirinovskij, Eltsm-Zhirinovskij, Eltsin-Javlinskij, Eltsin-Fiodorov, Ziuganov-Fiodorov. Ci si dilunga, ciascuno con le sue valutazioni, discettando sul cosa ciascuno può proporre a chi, sul quanto ciascuno può chiedere a chi. La matrice di un complesso calcolo combinatorio si dispiega su una lavagna ideale aperta di fronte ai presenti. Ma tutti fingono di dimenticarsi che non ci sarà nessuna trattativa Eltsin-Gorbaciov. Quella casella è irrimediabilmente vuota. Avrebbe potuto esserci se Gorbaciov avesse preso il 3 o il 4%. Adesso è chiaro che anche il 2% sarebbe stato importante. Non era stato precisamente per questo che Gorbaciov si è candidato? Pensava forse di vincere? «Naturalmente no! Ma pensavo che i russi non avessero dimenticato così in fretta». Ma forse, davvero, non hanno dimenticato... Forse hanno semplicemente cercato di dare un voto utile... Forse, chissà. Resta l'amarezza di questo Cincinnato che ha voluto ri¬ tornare senza essere stato chiamato. Che non ha voluto aspettare l'uscita di scena del suo nemico, anche se sapeva che - lui sulla scena - non gli sarebbe stato concesso di ritornare comunque. Gorbaciov ascolta, ruota attorno occhi che lampeggiano come sempre. «Facciamo un po' di conti, ancora una volta. Avevamo previsto che l'uno e l'altro dei due contendenti sarebbero stati minoranza; l'uno e l'altro sono un terzo dell'elettorato. Questa valutazione è stata confermata in pieno. I conti dimostrano che la terza forza c'è, ma non ha trovato un candidato unico. Qui è la spiegazione di tutto, di questa sconfitta». Lui la parola la dice, ed è l'unico. Poi comincia a riflettere ad alta voce su quello che dirà domani, quando i giornalisti lo assaliranno con negli occhi quella insopportabile commiserazione che si riserva agli sconfitti. «Dirò quello che penso. Che voterò al secondo turno contro entrambi. E' una posizione di principio dalla quale non intendo arretrare». Gli astanti assentono, nessuno commenta. «Ma dirò anche che, in qualche modo, bisognerà affrontare il problema di un'opposizione democratica unita. Questi numeri dicono che c'è una maggioranza che cerca una risposta democratica, ma che non ha trovato un candidato unico in grado di darle una speranza». «Tardi? - Gorbaciov replica a un'obiezione pessimistica -, Le elezioni sono un episodio. Poi c'è la vita della gente, il futuro del Paese». Poi si rivolge a me. «Tu pensi che, chiunque vinca, avrà il respiro lungo?». No, non lo penso. «Non lo penso nemmeno io. E allora bisogna anticipare gli eventi. Bisogna creare un tavolo di discussione cui partecipino tutti i leaders democratici, ricominciare da dove ci siamo interrotti. Non c'è questione di primogeniture, di chi avrà la leadership. Spiegherò che a me non interessa...». Irina alza il volume per gli ultimi dati. Eltsin scende un po', Ziuganov un po' sale, Gorbaciov resta fermo allo 0,6%. Nessuno guarda più lo schermo, nemmeno quando vanno in onda i famosi «Pupazzi» della televisione privata NTV. Il faccione di plastica di Gorbaciov appare sullo schermo assieme ai protagonisti di questa battaglia non ancora finita. Ma Irina ha azzerato il sonoro. Giulietta Chiesa La figlia Irina alza l'audio quando arrivano i risultati elettorali, poi lo toglie dopo l'umiliante responso (0,51%) «Noi riformisti avremmo dovuto presentare un candidato unico»

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