Sicilia vince l'«altra metà» del Polo di Alberto Rapisarda

Rispetto al 21 aprile gli azzurri restano in testa, ma passano dal 32,2 al 17,1%. An in calo Rispetto al 21 aprile gli azzurri restano in testa, ma passano dal 32,2 al 17,1%. An in calo Sicilia/ vince P«ahra metà» del Polo Successo record di cede edu, Forza Italia si dimezza ROMA. In Sicilia vince il Polo ma perde Berlusconi. Questo è il risultato apparentemente paradossale delle elezioni regionali di domenica. Perché, in realtà, quel risultato ottenuto con un sistema proporzionale integrale dà si al Polo la maggioranza (49 seggi) a Palazzo dei Normanni, ma incorona veri vincitori solamente Ccd e Cdu. I partiti di Casini e Buttigliene hanno raddoppiato i propri voti, mentre Forza Italia si è quasi dimezzata ed anche An ha perso più di due punti rispetto al voto proporzionale delle politiche di un mese e mezzo fa. E non solo. Gli unici partiti in crescita rispetto alle elezioni politiche sono i «centristi» ex democristiani che r-tanno col Polo e i «centristi» ex de che stanno con l'Ulivo, i popolari. Tutti gli altri, chi più, chi meno, hanno fatto passi indietro. E così ieri sera suonavano campanelli di allarme negli stati maggiori di entrambi i poli, che temono, oggi più concretamente, la spinta degli ex de a riorganizzarsi e rimettersi insieme. Per fare un esempio, in Sicilia i vari spezzoni di ex democristiani (comprendendovi anche la lista Dini), formerebbero oggi un superpartito del trenta per cento. E non è detto che i fantasiosi sperimentatori siciliani non ci provino ad inventare il trampolino che lanci dall'isola l'operazione di rinascita del «grande centro». Rullano i tam-tam negli accampamenti degli ex democristiani premiati dal sistema proporzionale e salgono alti i segnali di fumo. Rocco Buttiglione chiama a raccolta al centro, cominciando dalle sbandate truppe di Forza Italia invitate a federarsi con Ccd e Cdu. E un uomo di Lamberto Dini, Paolo Ricciotti, già sembra aprire spiragli quando dice che bisogna costruire il centro «dialogando con le forze più affini a questo disegno per dare, anche alle amministrazioni regionali, una stabilità duratura. Come nell'attuale governo nazionale». Che pare una offerta di collaborazione se il Polo volesse allargare la sua maggioranza in Sicilia. E anche Giovanni Bianchi, presidente del partito popolare, è assai interessato a questo risultato che, sottolinea, «tiene ferma la logica del proporzionale» evidenziando «il desiderio di una politica equilibrata al centro di entrambi gli schieramenti». Forte è la nostalgia per il sistema proporzionale tra gli ex democristiani di ogni bandiera. Perché, come le elezioni regionali siciliane hanno dimostrato, è il sistema proprozionale che è tagliato su misura per loro. E di sicuro qualcosa inventeranno per frenare, a questo punto, il cammino di guidato da un lato da D'Alema e dall'altro da Berlusconi e Fini verso un sistema dell'alternanza più perfezionato. «Questi alfieri del maggioritario alla pasta e fagioli la sconfitta se la sono cercata fino in fondo» sentenziava dieci giorni fa Gianfranco Rotondi, del cdu, a proposito della sconfitta del Polo alle politiche. «Il ìhaggioritario si adatta poco all'elettorato moderato. E il bello è che per due anni il Polo ci ha rotto le scatole col mito del collegio uninominale». A maggior ragione, dopo il vo¬ to siciliano, i «centristi» cercheranno di tornare al proporzionale. Non è credibile che ci riescano, almeno subito, ma possono mettere i bastoni tra le ruote. Non è un caso che ieri sia Massimo D'Alema che Silvio Berlusconi abbiano commentato i risultati insistendo sulla stranezza del sistema elettorale siciliano. Che secondo D'Alema ha creato «il caos, una esplosione di liste». E secondo Berlusconi ha premiato «i partiti più radicati nel tempo e nel territorio» e anche i candidati cacciati fuori da Forza Italia. In realtà, il voto siciliano che ha umiliato Forza Italia, mette in difficoltà anche D'Alema che cercava di spingere Berlusconi all'accordo sulle riforme e si ritrova ora ad avere a che fare con un Cavaliere dimezzato. E neanche Gianfranco Fini sa bene cosa dire al centrista Buttiglione che gli impartisce lezioni su come deve trasformare la destra se vuole essere della partita. Alberto Rapisarda

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