Il silenzio dopo la paura

Solo le ronde con le divise nere o i giubbetti fosforescenti Solo le ronde con le divise nere o i giubbetti fosforescenti Il silenzio dopo la paura E fuori dallo stadio il grande deserto UN QUARTIERE FANTASMA MANCHESTER DAL NOSTRO INVIATO Dalle parti di quello che fu l'Arndale Centre e ora è uno scheletro di calcinacci e di vetri infranti, il silenzio e il vuoto sono irreali come in un film di fantascienza dopo che sono arrivati gli alieni e hanno risucchiato i terrestri sui loro dischi volanti. Princess Street è l'ultimo confine dalla parte di Albert Place dove incombe il palazzo municipale scuro e imponente, quasi lugubre, o forse è l'impressione della tragedia sfiorata che ce lo rende tale. Non si va oltre. Neppure a piedi. Più del nastro bianco e blu tirato a un metro d'altezza lungo un perimetro di quattro o cinque isolati, lo impediscono i poliziotti. «Per oggi è così, domani andrà un po' meglio - dice l'agente McKeane piazzato a guardia di un vicolo, cognome da irlandese come lo sono quelli dell'Ira che hanno piazzato la bomba -. Senza il permesso non si passa». La zona è evacuata. In lontananza, nel deserto di cemento e di vetri spesso non più al loro posto, si muovono soltanto le ronde con le divise nere o i giubbetti fosforescenti. La bonifica, alla ricerca di altri ordigni possibili, è soltanto una scusa. L'obiettivo è non avere tra i piedi i curiosi e tantomeno gli sciacalli negli appartamenti. Soltanto poliziotti e operai. Lungo la strada è una teoria di camioncini delle ditte specializzate nei vetri e negli infissi. Manchester nel mezzogiorno della domenica è una città abbandonata e silente: chi passeggia attorno alla zona proibita lo fa con un'insolita compostezza, non si sente l'eco di una risata o di un coro. I turisti si tengono lontani, due pullman scaricano gente davanti agli studi cinematografici che vorrebbero imitare gli Universal di Los Angeles. Ma il deserto si stende fino ai docks. Oltre il ponte c'è l'isola della vita. E' come quando a Berlino si passava il Check Point Charlie e dall'Est si arrivava alla città occidentale. Non ci sono le puttane e i negozi di elettrodomestici o di jeans, tuttavia sembra un altro pezzo di Germania. I tedeschi vestono come i bagnini a Cattolica; i più raffinati indossano la maglia della Nazionale, il numero è quasi sempre il 18, quello di Klinsmann. Si muovono in branco e il contrasto con il silenzio del quartiere vuoto, quattro chilometri più a Est, ci fa riflettere che il calcio passa davvero sopra le tragedie e la paura. Siamo a Manchester dove è scoppiata una bomba ma potrebbero averci portato a Genova o a Colonia. L'unica indicazione distintiva è nel cartello che indica l'Old Trafford, appena di là dal fiume. Non ci sono controlli né tensione. Dicono che gli inglesi non rinunciassero al tè delle cinque neppure sotto i bombardamenti, figuratevi se uno scoppio può fargli saltare i nervi. L'Europeo continua. Con i suoi ritmi e con la birra che si vende a trecento metri dallo stadio anche se ci avevano raccontato che la vendita era sospesa nei giorni delle partite. Chi li smuove questi? Lo steward dell'organizzazione apre il borsone del computer e fruga dentro senza curiosità: l'intreccio di cavi e marchingegni che ci rende sempre più simili agli elettricisti potrebbe nascondere un timer. Si fidano. Eppure uno stadio pieno, con i media di tutta l'Europa rappresentati in uno stanzone, potrebbe essere un bersaglio da non perdere. Anche all'aeroporto, arrivando da Londra, le perquisizioni non sono state più attente che negli altri giorni. Soltanto alla stazione di Piccadilly ci hanno raccontato di funzionari pignoli. Però la stazione è a cin- quecento metri dal deserto dove si muovono i poliziotti e gli operai con le finestre nuove. Qui invece si vive e si ragiona sul possesso di palla e il 3-5-2 non è il numero di targa del camioncino esploso col tritolo ma il modulo dei russi e dei tedeschi. Lo spettacolo va avanti sebbene un ragazzo intelligente come Klinsmann sia stato sfiorato dal dubbio. «Sabato eravamo choccati - confessa - e mi sono chiesto se non fosse il caso di lasciar perdere: non per la paura di un'altra bomba ma per il rispetto dei feriti. Per fortuna non abbiamo deciso noi, non avrei saputo cosa fare. Ha scelto l'Uefa e ora mi sembra che sia stato meglio giocare». Avanti, senza paura, forse soltanto col presagio che qualcosa succederà ancora prima che tutto finisca il 30 giugno ma se succederà sarà lontano da noi. Finché alle nostre spalle scoppia il palloncino azzurro che il vento ha trascinato dal campo. E sobbalziamo, [m. ans.] Klinsmann: forse sarebbe stato meglio fermare l'Europeo Un agente della polizia inglese guarda sconsolato ciò che resta dell'edificio del centro commerciale di Arndale distrutto dall'attentato

Persone citate: Albert Place, Klinsmann

Luoghi citati: Berlino, Cattolica, Europa, Genova, Germania, Londra, Los Angeles, Manchester