Non c'è nulla di «politicamente corretto»

Non c'è nulla di «politicamente corretto» LETTERE AL GIORNALE: il LUNEDI' P! O.d.B. Non c'è nulla di «politicamente corretto» Lettere a rischio E' sempre pericoloso dichiarare in questa rubrica qualche interesse singolare e qualche competenza in qualsiasi materia. I lettori della Stampa sono sempre vigili e rifanno puntualmente le bucce a tutti. A esempio, all'ex alpino Edgardo Cecot, scrivente da Milano che protesta contro la lettera della Signorina Monica Perillo Marcone, è capitato di dire lunedì 3 giugno di essere appassionato di storia e di rievocare come e perché i piemontesi vengano chiamati «bógia nen». Non l'avesse mai fatto: il suo resoconto ha attizzato un pungente contraddittorio, [o.d.b.l La verità su Bógia Nen Gent. Sig. Del Buono, vorrei rispondere alla lettera del Sig. Edgardo Cecot, che si definisce «appassionato di storia». Se fosse davvero un appassionato saprebbe che la presa di Porta Pia è del 20 settembre 1870 (e non 1871 come scrive lui). Per quanto riguarda Bògia Nen, questa espressione sembrerebbe attribuirsi ai sergenti dell'esercito piemontese che istruivano i volontari accorsi nelle loro file durante le battaglie del Risorgimento e lo dicevano per far star ferme sull'attenti le «reclute». L'episodio narrato dal Sig. Cecot riguardante l'Assietta non è esatto in quanto il comandante delle truppe francesi era il cavaliere di Bellisle, e di quelle spagnole il marchese di... e non il principe di Condé. Il cavaliere di Bellisle era il fratello del comandante in capo duca di Fouquet de Bellisle. E fu il cavaliere a essere ucciso, pare prima ferito da un certo Ellena con la baionetta poi con un colpo di fucile e poi da un altro colpo non si sa da chi sparato. L'ordine di resistere a ogni costo non fu mai dato; il comandante dell'esercito piemontese, conte di Bricherasio, era accorso a ... perché stava per essere preso dai francesi e mandò, quindi, a dire al generale Alciati di lasciare l'Assietta, questi eseguì l'ordine, ma non lo eseguì il conte di San Seba¬ stiano (figlio della marchesa di Spigno), il quale era intento a respingere un attacco dei franco-spagnoli. L'ordine scritto al conte di San Sebastiano venne recapitato altre due volte, ma non potè mai essere eseguito perché il conte era continuamente impegnato dagli avversari, guadagnandosi così l'appellativo di «Sublime disobbeditore». A lui si deve la vittoria dell'Assietta, ma non la frase «Bógia Nen». Non ne ebbe ricompensa in quanto il merito venne attribuito al conte di Bricherasio. Il Savoia Cavalleggeri non era di Pinerolo. Lì c'era, e c'è ancora, il Nizza. In quanto alla carica, questa ebbe luogo il 24 agosto 1942 a Isbusenkij, e mi riesce difficile immaginare la steppa ghiacciata in tale periodo, come fa l'ex alpino Cecot. E poi non avvenne a sciabolate, bensì a lanci di bombe a mano e i russi erano appostati dentro le loro trincee e non è che avessero tante armi pesanti, come sempre sostiene l'ex alpino Cecot. Erano di continuo costretti a retrocedere e ne avevano perse in gran parte (farò delle ricerche in proposito quando ne avrò il tempo). Per quanto riguarda la provenienza degli effettivi delle divisioni «Ariete» e «Cremona», penso che di meridionali ce n'erano eccome, lo sono un collezionista di posta militare e, guarda il caso, in possesso di Posta Militare della divisione Cremona posso dire che detta divisione non è mai stata in Africa. Non voglio dilungarmi, ma di meridionali ce n'erano anche nella Julia: vedi Centomila gavette dì ghiaccio. Il comandante della batteria descritta da Bedeschi era un catanese e, di coraggio, ne aveva da vendere stando a quel che scrive Bedeschi. E non era certo l'unico meridionale perché, per esempio, Alpini di Napoli ce ne sono stati e anni fa li ho visti sfilare con la scritta «Pochi, ma buoni», e, del resto, io ho fatto la naja in artiglieria da montagna e il mio capitano e il tenente erano di Canosa di Puglia e non erano i soli. Avevo anche un calabrese conducente di mulo. Tanti che provenivano dal Sud. Vele Riccato, S. Ilario d'Enza P.S. Ringrazio e mi scuso per eventuali errori, ho scritto di getto e non mi rimane il tempo per ricopiare il tutto. Gentile corrispondente, mi re¬ stano tanti dubbi sui nomi che lei formula, per cui in due casi ho dovuto mettere dei puntini di sospensione. La sua lettera è senz'altro interessante, anche se un poco aggrovigliata, cercando di ribadire il concetto di italianità, non ammettendo la perpetuazione del disordine anarchico ed esponendosi quindi generosamente alla contestazione altrui. Ma comunque lei non è il solo a protestare. Protestano anche in più d'uno, magari in gruppi, come questi Signori di Bologna. [o.d.b.] Non siamo assolutamente d'accordo Gentile Signor Del Buono, scriviamo in risposta alle lettere provocate dalla Signorina Monica Perillo Marcone, e ancor più a quelle dell'ex alpino Edgardo Cecot. Constatiamo innanzitutto l'apologia delle virtù militari definite «lo specchio e l'orgoglio di un popolo». Non siamo assolutamente d'accordo nel dare retta a questa tesi secon- do la quale l'Italia dovrebbe oggi ricevere assensi e lodi nel mondo per il suo esercito (siamo causa della disperazione in cui versa l'egregio Signor Cecot, vista la diminuzione da dodici a dieci mesi del servizio militare). Ci sembra che le virtù di un popolo vadano giudicate in base a ben altri aspetti che non all'assalto all'arma bianca. Per quanto attiene al razzismo latente (ma nemmeno troppo latente) della seconda parte della lettera dell'ex alpino Cecot, se abbiamo ben capito, la ragione per cui i settentrionali sono superiori ai meridionali si trova espressa in un libro dal titolo Rommel. la volpe del deserto scritto da sir Archinlek, predecessore di Montgomery al comando delle truppe alleate in Africa, nel quale si narra che Rommel «non bieco nazista», «ma grande stratega», preferiva avere al fianco dei suoi tedeschi in prima linea solo italiani del Nord, relegando i meridionali nelle retrovie occupate dai «tengo famiglia» (al Nord eran tutti scapoli?). Siamo sinceramente in imbarazzo nel cercare di contestare razionalmente queste aberrazioni. Non si tratta neppure di logica, ma solo di buon senso, il cui grado minimo ogni essere pensante dovrebbe spontaneamente coltivare. A volte i sottoprodotti dì Bossi fanno più paura di Bossi. Speriamo che la nostra lettera «pur se politicamente corretta» venga pubblicata. Francesco Allò, Ubaldo Marco Giovanni Colucci, Bologna Gentili corrispondenti, la lettera viene pubblicata, ma chissà se è «politicamente corretta». Non c'è nulla di politicamente corretto in questo momento. [o.d.b.]