Pella per grazia di Mosca
il caso. Dagli archivi russi, un intrigo italiano degli Anni 50 il caso. Dagli archivi russi, un intrigo italiano degli Anni 50 Pella, per grazia di Mosca Cercò l'appoggio del pei attraverso il Cremlino MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Bighellonando per gli archivi sovietici può accadere di incontrare anche segreti italiani. Gustosi, inattesi, sorprendenti. Per esempio scoprire che Giuseppe Pella, presidente del Consiglio di un governo monocolore democristiano rimasto in carica dal 17 agosto 1953 al 18 gennaio 1954, cercava l'appoggio dei comunisti attraverso... l'ambasciata sovietica a Roma. A raccontare con dovizia di particolari i discreti contatti tra Pella e i sovietici sono le note inviate a Mosca dall'allora secondo segretario dell'ambasciata, D. G. Jakovlev. Il quale s'incontrava con il professor Bernabeo, direttore della clinica di fiducia di Pella e, evidentemente, non soltanto suo medico curante. Negli archivi presidenziali e del ministero degli Esteri russo è stato possibile rintracciare soltanto una parte di questi abboccamenti, due dei quali risalgono addirittura all'inizio di dicembre 1953, quando ancora Pella era in carica. Bernabeo confida a Jakovlev che gli occidentali, gli americani in particolare, non sono contenti della politica del governo Pella sulla questione di Trieste. Corrisponde: il governo Pella cadde infatti proprio in seguito alle polemiche suscitate dalla sua decisione di mobilitare le truppe in risposta ai discorsi annessionistici di Tito sulla «zona B». Agli americani interessavano buoni rapporti con l'eretico comunista Tito. Pella rompeva le uova nel paniere e addirittura minacciava - così afferma Bernabeo cercando di catturare la benevolenza di Jakovlev - di «rivedere la collocazione dell'Italia nell'Alleanza Atlantica». L'8 gennaio 1954 Bernabeo comunica a Jakovlev la geografia dei nemici di Pella dentro la democrazia cristiana: due gruppi, uno capitanato da De Gasperi, il più proamericano, l'altro guidato da Gronchi, «sostenuto da repubblicani, liberali, saragattiani». Gronchi avrebbe «ricevuto grosse somme di denaro dall'ambasciatore britannico». Che succederà se Pella cade? Bernabeo informa i sovietici che i candidati possibili sono Gronchi o Togni. I sovietici facciano i loro conti. Preferiscono uno di quei due o Pella? «Per i comunisti e i socialisti - scrive Jakovlev riferendo le parole di Bernabeo - Pella è meglio». Perché? «Per la sua politica anti-americana» e perché «Pella è un uomo onesto, un patriota e non un venduto». E' del tutto evidente - ed è esplicito nel rapporto di Jakovlev che pubblichiamo qui a fianco, risalente a un incontro del 16 aprile 1954 che Bernabeo suggerisce ai sovietici di caldeggiare presso Botteghe Oscure questa linea di condotta. L'appello arriva tardi, comunque. Pella viene mandato a casa e Fanfani subentra per un monocolore che dura meno d'un mese. Il 10 febbraio 1954 è l'alleato di De Gasperi, Mario Sceiba, a ottenere l'incarico alla testa di un tripartito, con Saragat vicepresidente del Consiglio. Ma Pella non demorde e gl'incontri tra il professor Bernabeo e il nostro Jakovlev s'infittiscono. Intanto scoppia il «caso Montesi» e Bernabeo fornisce al suo interlocutore so¬ vietico preziose informazioni sugli schieramenti interni alla de. Intanto Pella e Fanfani sono ora alleati contro Sceiba e «si sono messi definitivamente d'accordo per azioni comuni». Il Presidente della Repubblica Einaudi è «contro De Gasperi», quindi contro Sceiba. Interessati a sfruttare il caso Montesi contro Sceiba sono pu¬ re i gesuiti, «con l'obiettivo di aprire la strada a un papa gesuita alla morte di Pacelli». Il Vaticano - aggiunge Bernabeo «è stato il primo a denunciare il segretario personale del papa. Lisi (implicato nel caso Montesi per i suoi rapporti con il me chese Montagna, ndr), per salvarsi la faccia». L'incontro del 13 marzo 1954 dev'essere stato molto lungo perché Jakoviev invierà pagine fitte di appunti. Dai quali emerge anche che tra Pella e Valletta non correva buon sangue. Bernabeo riferisce che Valletta ha irritato gli americani facendo il doppio gioco e finanziando «insieme ai partiti di destra, anche i comunisti». Ci sarebbe un piano, sostenuto dallo stesso Valletta, dalla Confindustria, da Achille Lauro, per fondare un Partito Democratico, da usare come trampolino di lancio per l'ascesa al potere non appena De Gasperi sarà tolto di mezzo. Le cose però, sappiamo a posteriori, non andarono per il verso giusto. L'ultimo incontro di cui si ha documentazione, il 22 ottobre 1954, vede un Pella che gioca le sue ultime carte. Ma l'alleanza con Fanfani è già finita. «Fanfani - dice Bernabeo - conduce il gioco proponendogli di diventare Capo dello Stato». Ma Pella replica che non è ancora così vecchio per «mettersi a firmare decisioni altrui». Ai russi promette che - se tornerà presidente del Consiglio migliorerà i rapporti con l'Unione Sovietica, la qual cosa automaticamente diminuirà la dipendenza dagli Usa». Pella prenderà nelle sue mani anche la politica estera del governo e precisa, a scanso di equivoci: «Egli proclamerà l'anticomunismo in politica interna, ma ciò avrà soltanto valore declaratorio». L'operazione non andrà in porto. I sovietici pare non abbiano collaborato, forse perché non gli credettero. Pella non sarà più capo di un governo ma riuscirà a essere vicepresidente e ministro degli Esteri nel 1957-'58, nel governo Zoli, poi ancora ministro degli Esteri nel 1959-'60 con Antonio Segni, infine ministro del Bilancio con Fanfani (1960-'62). Sempre su posizioni di feroce anticomunismo. Giulietta Chiesa II premier de era sgradito agli Usa per la sua politica sul problema di Trieste Il suo medico fece da tramite coi sovietici: «Che succederà se al suo posto andrà Gronchi? Comunisti e psi preferiscono lui» Nella foto a lato Giuseppe Pella (a destra) con Alcide De Gasperi. Sopra il maresciallo Tito. In basso Mario Sceiba fra Raffaele De Caro e un giovane Oscar Luigi Scalfaro
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