Kipling, l'amore segreto di Suu Kyi di Fabio Galvano

Kipling, l'amore segreto di Suu Kyi Per la pasionaria birmana «sotto la scorza imperialista c'è una sensibilità buddhista» Kipling, l'amore segreto di Suu Kyi // Nobel per la Pace: «In carcere mi ha ispirata "Kim"» LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Aung San Suu Kyi si conlessa. L'eroina dell'opposizione politica in Birmania e premio Nobel per la Pace, la cui madre era stata a sua volta al centro della lotta contro gli artigli imperiali dell'Inghilterra, dichiara che la sua vita è stata profondamente influenzata da Kim, il protagonista dell'omonimo romanzo di Rudyard Kipling, tanto da dare quel nome al suo secondo figlio. E' una confessione che fa notizia: non è di tutti i giorni, per una patriota come Suu Kyi, ammettere un debito non solo d'amore, ma forse anche d'ideologia, con lo scrittore che passa per uno dei più accaniti cantori dell'imperialismo britannico. Quello che fa superare ogni barriera, dichiara la «pasionaria» della Birmania, è il concetto buddhista di «metta», cioè di amorevole gentilezza. Kipling, dice, ne trasudava da ogni poro. E' una confessione, quella del legame con Kim e Kipling, che Suu Kyi ha scritto per il «Sunday Times» dalla villa di Rangoon dove abita dal luglio scorso, quando era stata liberata dopo sei anni di carcere. Risale appunto a quel periodo la sua «riscoperta» di Kim e di Kipling: il primo come protagonista di quella che secondo lei è a tutti gli effetti «una storia d'amore», il secondo come cantore non solo dell'imperialismo britannico ma anche della «metta». E' stata quella lettura - la quarta, precisa Suu Kyi - ad aprirle nuovi orizzonti. «Come molti dei miei contemporanei - scrive - mi ero avvicinata a Kipling con un'antenna anticolonialista, alla ricerca dei suoi pregiudizi imperiali, dei quali non c'è carenza. Ma a più riprese mi sono imbattuta in inattesi lampi di tenerezza, sia pure in un ventaglio di arroganti valori imperiali». La «metta», o piuttosto la sua mancanza, era stato uno dei pensieri fondamentali nei suoi anni di prigionia; e lo stesso, dice di avere scoperto in seguito, era stato per chi aveva subito la sua stessa sorte. «Ne avevamo conosciuto i benefici, ma anche la povertà di chi ne era privo. Non fu una sorpresa che la mia percezione di Kipling in generale, e di Kim in particolare, assumesse una nuova dimensione in linea con le mie nuove scoperte sullo spirito umano». In Kipling, insiste, persino i malvagi sono tratteggiati al loro meglio: «Leggendo "Kim" sono disposta ad accettare l'asserzione di Kipling che gli anni trascorsi nella "Casa della Desolazione" lo avevano svuotato di ogni capacità di vero odio personale per il resto dei suoi giorni. Alla fine la "metta" trionfa». Ma questa era la quarta lettura di «Kim». La seconda, da giovane madre, le era stata sufficiente per dare quel nome al figlio che ora vive in Inghilterra con il padre Michael Aris, professore a Oxford. Separata dalla famiglia prima per colpa della prigionia e ora dal suo impegno politico che ne fa la candidata a un altro possibile arresto, Suu Kyi si mantiene in contatto con una lunga telefonata ogni domenica. Era nei patti, che quando la Birmania avesse avuto bisogno di lei il marito non si sarebbe opposto al suo ritorno; nei patti fin da quando si sposarono nel 1972, ex compagni di studi a Oxford, prima che lui diventasse istitutore alla corte del re del Bhutan e lei tornasse a Rangoon, nella villa sul lago, per aiutare la madre nella sua azione politica. Come una normale famiglia, erano poi vissuti in Inghilterra. Fino al 1988, quando lei decise che era venuto il momento di rientrare in patria. L'anno dopo Suu Kyi, coinvolta nella dimostrazioni per una Birmania democratica, veniva arrestata dal «consiglio di Stato per il ripristino di legge e ordine». La sua popolarità era diventata preoccupante. Ma non sono bastati quei sei anni lontani dalla scena politica - quando riscoprì Kipling - a cancellare il suo fascino umano oltre che politico. La Birmania l'ha nuovamente adottata come eroina contro la dittatura. I pericoli sono grandi; ma quando c'è «metta» c'è tutto. Fabio Galvano E confessa «Perciò ho chiamato mio figlio come l'eroe di quel libro» Aung San Suu Kyi l'eroina dell'opposizione politica alla dittatura in Birmania e premio Nobel per la Pace