Cesti di frutta e panini sfida all'ultimo voto

Alcuni candidati hanno facce impresentabili e nei manifesti si fanno sostituire dai simboli Cesti di frutta e panini sfida all'ultimo voto UOMINI E PARTITI PALERMO OVANTA posti e milleseicento candidati. Più che un'elezione, sembra un concorso. Sicilia '96 è il festival dell'incontinenza politica, popolato di liste (146, alcune doppie) e di facce che sorridono sui muri insieme a certi cognomi e certe storie: proviamo a raccontarne qualcuna. CARNEM0LLA. Quel che colpisce subito nei manifesti è la gestualità dei candidati. Tutti colti nell'atto di fare, porgere o essere qualcosa. Uomini che allargano le braccia come Gesù o tendono mani untuose come assicuratori, giovani padri che sollevano bambini inermi, donne dallo sguardo triste che accarezzano cucciolate di cani. Qualcuno ha trasformato il cognome in un programma elettorale: Carmine Scaletta presenta la lista Scaletta C, con tanto di pioli e l'iniziale del nome messa dopo, come nel verbale di un appuntato. Altri hanno lavorato sulla faccia: Eugene Jao Djonhye, lo straniero dei popolari, arriva dalla Costa d'Avorio e si vede. I più spericolati affiancano il volto al nome, in un mix irresistibile: l'indipendentista Carmelo Carnemolla ti osserva dietro un paio di occhiali scuri, la cravatta bianca sopra la camicia. Bianca. Impossibile non provare un brivido passandogli vicino. C'è chi ha usato la firma per nascondere la faccia, giudicata impresentabile: le decine di deputati uscenti, inquisiti e asserragliati nelle liste fai-da-te si trincerano nei manifesti dietro cognomi cubitali ed evocativi come Nicolosi. Altri, sebbene senza macchia, non esibiscono neppure il nome, ma la sua traduzione in alcune immagini. Manlio Mele si fa rappresentare da un cesto di frutta omonima e il finiano Alfredo Carruba posa con una carruba in mano. «Meno male che non ti chiamasti Alfredo Banana», lo rincuorano gli amici. IL MAGO. Il bagagliaio dell'auto in cui lo hanno trovato cadavere straripava di manifesti del candidato cdu Airò. Giovanni Sucato, morto sforacchiato dai killer, non era il propagandista elettorale più autorevole, ma senz'altro il piii affascinante, simbolo quasi letterario della credulità che questo popolo nasconde sotto la corazza del suo brusco cinismo. Lo chiamavano «il mago dei soldi» perché incitava i palermitani a versargli i risparmi, promettendo di restituire il doppio entro una settimana. Diceva che era avvocato, che vendeva banane e for¬ maggi francesi scaduti in Tunisia, che stava per sposare una principessa araba, che aveva comprato una miniera di diamanti in Sudafrica. Gli hanno creduto a migliaia, tutti in piazza col naso all'insù perché aveva detto «oggi vi getterò i soldi da un aereo». L'aereo non passò mai e il 30 maggio qualche socio d'affari gli ha sparato. Il giorno dopo il poster del suo candidato Airò era già scomparso dalle vetrine di Brancaccio, sostituito dal faccione poliziesco di Carmine Mancuso. LA SEN0RA. Palermo, Costarica. Sgommate d'auto blu, tintinnar di scorte e davanti ai bambini del centro Paolo Borsellino appare il tailleur panna di Donatella Dini, fata buonista in trasferta per rianimare la lista del marito. Accompagnata dalla vedova del magistrato, accarezza in nuca ragazzi che provengono dal carcere minorile «Malaspina». Chiede a una bimba di otto anni se ha bisogno di soldi e la creatura risponde: «No, grazie, però facciamo una foto mentre io mangio il pane: è così buono e questo è il primo posto dove me lo danno tutti i giorni». La dura Dini crolla: «Sono turbata». GLI ETERNAMI. «Signóra, la vuole una caramèlla?». Chi è quell'uomo con l'accento piemontese che assomiglia tanto a Valerio Zanone? Valerio Zanone, che fa propaganda alla sua lista liberale dietro un banchetto di dolciumi di via Belmonte. Ugo Intini prova cravatte neosocialiste in una boutique attigua. Giorgio La Malfa arringa folle repubblicane comprimibili in un tinello. Marco Pannella, in bermuda sul balcone dell'albergo, alle prime luci dell'alba urla interviste fantasmatiche dentro un telefonino, svegliando torme incredule di turisti nippoamericani. IL FALSO TONINO. Il Braveheart siculo si chiama Beppe De Sanctis e ha parecchie cose in comune con il collega padano Umberto Bossi. Innanzitutto non è siculo neppure lui. E ha una mania analoga e un po' provinciale per l'inglese. Bossi grida «Freedoml», lui gira su un pullman rosso a due piani con la scritta «Trafalgar Square» e si fa precedere nelle piazze dalla musica di «Mrs Robinson». Come Bossi, ama circondare la sua leggenda di utili bugie. Se l'Umberto ha fatto credere per anni alla sua prima moglie di essere un medico e a milioni di elettori di essere uno statista, il capo di «Noi siciliani» (10%, dicono i sondaggi) millanta una nascita nella sempre più affollata Montenero di Bisaccia, spostando la verità di una ventina di chilometri: è di Palata. L'ERBA DI CONTRADA. La dichiarazione di voto che ha sorpreso di più i siciliani (i quali si sorprendono raramente) l'ha pronunciata Bruno Contrada, l'ex capo della Mobile condannato in primo grado. «Voterò Stanzani, anche perché mi sono convinto dell'opportunità di legalizzare le droghe leggere». Se non è solo un surplus di zelo nei confronti di Pannella, una simile affermazione sulle labbra di un ex poliziotto fa pensare. FORZA RETE. Intaccata a sinistra dal fascino governativo del pds e sostenuta ormai solo da alcuni preti, la Rete del sindaco Orlando appare dimagrita come lui. Il suo spirito sopravvive nei furori sospettosi del berluscones Miccichè, che in una campagna dove tutti si sono ben guardati dal lanciarsi palate di mafia addosso, ogni giorno vaticina arresti ai propri danni. Tracce di orlandismo anche nelle sparate khomeiniste di fuorusciti illustri come padre Pintacuda e Carmine Mancuso, candidatosi con Forza Italia «per salvaguardarla dalla mafia», ma poi il posto di capolista lo hanno dato a Giuseppe Provenzano, arrestato e poi rilasciato da Falcone, il cui cognome susciterebbe ingiustificate ironie, se ad alimentarle non fosse il suo incarico di commercialista della signora Palazzolo, moglie del Provenzano vero: Bernardo detto «'o tratture». m Massimo Gramellini Alcuni candidati hanno facce impresentabili e nei manifesti si fanno sostituire dai simboli La dichiarazione più sorprendente è di Contrada «Liberalizziamo le droghe leggere» Dall'alto Zanone, Carmine Mancuso e, sotto, Bruno Contrada Nella foto grande a sinistra il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, qui accanto Donatella Dini e Miccichè, di Forza Italia

Luoghi citati: Costa D'avorio, Costarica, Falcone, Montenero Di Bisaccia, Palata, Palermo, Sicilia, Sudafrica, Tunisia