In aula la guerra dei nastri di Francesco Grignetti

In aula la guerra dei nastri In aula la guerra dei nastri Braccio di ferro sulle parole di Kappler IL FANTASMA DEL COMANDANTE NAZISTA LROMA A voce di Herbert Kappler arriva esile, lontana, immateriale. Lo si sente discettare di filosofia, di galassie che muoiono, di medicina omeopatica. Nell'aula del tribunale, le parole di Kappler redivivo vengono ascoltate in grande silenzio. Ma è nulla rispetto all'attenzione che gli dedica Erich Priebke, a occhi chiusi, quasi estatico nell'ascoltare la voce del suo vecchio amico e comandante. Intanto questo processo si avvia alla fine. Nei prossimi giorni cominceranno le arringhe. Il pm Antonino Intelisano ha già fatto capire che chiederà senz'altro l'ergastolo per l'imputato. Ma la riscoperta di Kappler è l'ultimo colpo di coda di un dibattimento ricco di sorprese. Questi vecchi nastri serviranno davvero all'accertamento della verità? Per il momento, s'è aperta mia guerra di registrazioni. L'accusa ha dalla sua il nastro registrato da Giuseppe Crescimbeni, giornalista del «Tempo», che mostra un Kappler «pentito» della bugia detta in tribunale. La difesa replica con un'altra registrazione, a cura di Marcello Morace, redattore del giornale radio Rai, che ribaltereb- be la situazione. Non solo. E' attesa per lunedì la testimonianza di Annelise Kappler, la vedova, che annuncia di essere munita di un terzo nastro, registrato dopo la fuga dall'Italia con le voci di Kappler, Quapp e Domizlaff, ennesimi ufficiali delle SS. Dell'intervista concessa al «Tempo» si discute ormai da giorni. Kappler parla, almeno apparentemente, senza freni inibitori. «E' logico che io non sia quello di 30 anni fa. Sarebbe assurdo pensarlo», premette. Si sofferma poi sulla «bugia» detta in tribunale: «Le rivelerò che dissi a ognuno di loro: "Lei deve dichiarare che ha eseguito l'ordine di sparare perché sapeva che se non l'avesse fatto, io l'avrei fatta fucilare in¬ sieme con gli ostaggi". Così ho creato lo stato di necessità giuridico per i miei dipendenti e di conseguenza nemmeno il pubblico ministero poteva più richiedere la loro condanna. Se oggi parlo di questo, è perché sono ormai al riparo da ogni accusa. A quei tempi, invece, potevano essere condannati come complici per aver partecipato alla rappresagha. Qualcuno di essi vive ancora, potrei dirle il nome, ma non ha importanza. Credo però che confermerebbe senza difficoltà ciò che le ho rivelato». Beh, Priebke è proprio uno di questi suoi «dipendenti ancora in vita». Ora però è sul banco degli imputati. E non ci pensa proprio di confermare un particolare che gli spalancherebbe le porte del¬ l'ergastolo. Anzi, lo contesta vivacemente. L'avvocato Velio Di Rezze insiste nel dure: «Io rivoglio il vero Kappler. In questa intervista, l'ufficiale tedesco cercava credenziali per la sua domanda di grazia». Ritiene mfatti l'avvocato che il Kappler più «autentico» sia quello della seconda intervista. Che però fu concessa appena due giorni dopo la prima. Era tanto cambiato il contesto? Gli avvocati di parte civile, dopo tre lunghe ore di audizione, sembravano colpiti piuttosto da un altro particolare. Dal Kappler che rievoca la formazione delle liste: «Non ho preparato da solo dice - l'elenco delle vittime. Avevo incaricato i capi reparto dei vari gruppi di presentarmi le loro proposte. Io poi le ho esaminate una per una». E qui si nasconde una trappola per Priebke, capitano e caporeparto delle SS, che nei suoi memoriali e interrogatori ha sempre negato di aver partecipato alla formazione delle liste, scaricando tutta la responsabilità su un certo capitano Schutz, defunto. E intanto, mentre la corte ascoltava la viva voce di Kappler, la Rai recuperava dai suoi archivi la bobina del 1974. Se ne conoscono finora piccoli spezzoni. Ancora Kappler di scena. Dice, a proposito della rappresagha: «L'ho fatto perché era diventato un ordine militare. Mi si erano impartiti ordini per la via gerarchica che io non ho potuto ritenere illegittimi. Era un ordine impartito da su, forse da Hitler, sicuramente dal comando supremo delle Forze Armate». Questa sua incertezza sull'ordine - se venisse direttamente da Hitler o no - Kappler l'aveva manifestata anche a Crescimbeni: ((Ancora oggi non so se quell'ordine lo abbia dato veramente il Fuhrer. So soltanto che l'ho ricevuto attraverso la via gerarchica. Per me era mi ordine militare». E chi ordinò mai di uccidere anche tutti i testimoni, vedi i cinque ostaggi capitati alle Fosse Ardeatine per caso? «Sapevano di commettere un crimine, ecco perché Kappler e Priebke li fecero uccidere tutti», dice l'avvocato di parte civile Marcello Gentili. Francesco Grignetti

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