Il vertice del disaccordo su Karadzic di Andrea Di Robilant

Estero Il presidente del tribunale dell'Orni: rinviare le elezioni in Bosnia se non sarà consegnato Il vertice del disaccordo su Karadiic L'arresto del leader serbo divide il mondo a Firenze FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO «Radovan Karadzic, Ratko Mladic, Dario Kordic, Milan Martic: questi uomini devono essere arrestati e giudicati prima delle elezioni in Bosnia-Erzegovina se vogliamo evitare che quelle elezioni si trasformino in una farsa». Antonio Cassese, presidente del Tribunale dell'Aia incaricato di giudicare i criminali della guerra in ex Jugoslavia, è venuto qui alla conferenza sull'attuazione degli Accordi di Dayton deciso «a scagliare un sasso in piccionaia», come lui stesso ha poi ammesso. «Qui si vuole arrivare ad un compromesso» per tenere le elezioni in Bosnia a tutti i costi entro il 14 settembre. «E allora ho voluto provocare un dibattito prima che la discussione si spegnesse del tutto». L'Ifor (la forza Nato che vigila sull'attuazione degli Accordi, ndr) non riesce ad arrestare quei criminali? Allora Cassese propone di applicare nuove sanzioni contro Belgrado e Zagabria fino a quando non saranno consegnati al Tribunale dell'Aia. Le sanzioni economiche sono controproducenti? Allora imponiamo una sanzione sportiva. E tanto per cominciare: niente Olimpiadi di Atlanta. Cassese è stato l'unico oratore ad essere lungamente applaudito dall'assemblea ieri. Ma nei corridoi i commenti alle parole del presidente del Tribunale dell'Aia erano meno calorosi. Lui stesso, del resto, è il primo a riconoscere che quest'assemblea molto difficilmente potrà «legare» le elezioni all'arresto di Karadzic, Mladic, Martic, Kordic. Gli Stati Uniti, rappresentati qui a Firenze dal sotto-segretario di Stato Peter Tarnoff, sono più che mai decisi a procedere con la tabella di marcia fissata a Dayton, che prevede elezioni non oltre il 14 settembre. Gli americani riconoscono che le «condizioni minime» previste dagli Accordi per poter tenere le elezioni - libertà di associazione, di stampa, di movimento - sono ancora insufficienti, ma confidano nei progressi che potranno essere fatti nei prossimi tre mesi. La tesi degli americani è che ritardare le elezioni significherebbe mettere a rischio l'intero processo di pace. Le condizioni van¬ no migliorate ma non ci si può aspettare che si vada alle urne in condizioni ottimali. «Una decisione è stata presa e bisogna andare avanti», insistono. «Dobbiamo creare un quadro credibile prima delle elezioni, non costruire un intero sistema democratico». Del resto il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton è in piena campagna elettorale e considerazioni di politica interna rafforzano il desiderio di non rimandare le elezioni, di stare nei tempi previsti dagli Accordi e di convincere gli elettori che le truppe america¬ ne torneranno a casa entro la fine dell'anno. La posizione americana sembra avere il sostegno di Cari Bildt, l'Alto commissario europeo. Le elezioni, dice, sono indispensabili «per costruire le istituzioni co munì» in Bosnia Herzegovina. Ri mandarle vorrebbe dire accelera re la definitiva divisione tra la Federazione croato-musulmana e la Repubblica serbo-bosniaca. Emma Bonino, commissario Ue per gli aiuti umanitari, si è schierata anche lei a favore delle elezioni. «Il caso deUa Palestina insegna», ha ricordato. «Anche lì non c'erano certo condizioni ottimali, però le abbiamo tenute comunque, Arafat ha vinto e adesso abbiamo un interlocutore». Ma molti Paesi dell'Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa (Ocse), l'organismo che dovrà prendere la decisione finale sulle elezioni, continuano ad avere serie riserve nonostante le forti pressioni americane. Riserve rafforzate dalle durissime dichiarazioni del rappresentante bosniaco all'Onu, Muhamed Sacirbey: «Sarebbe meglio non tenere affato le elezioni piuttosto che tenerle in queste condizioni». Lo stesso Lamberto Dini, che presiede la conferenza, è stato piuttosto cauto. E in assemblea, prendendo la parola dopo che Cassese aveva scagliato la sua «pietra in piccionaia», ha riconosciuto che il forte richiamo del presidente del Tribunale «getta una nuova luce» su tutta la vicenda e «deve far riflettere». Detto questo, Dini ha insistito che la cattura dei criminali non può in alcun modo diventare «una condizione sine qua non» per le elezioni. Cassese, invece rimane convinto che la loro capacità di «inquinare» il quadro politico, di impedire l'accesso ai media, di bloccare il movimento delle persone e il ritorno dei rifugiati è tale che le elezioni sarebbero controllate da loro. «Stabilire che il loro arresto diventi una condizione per poter tenere le elezioni sarebbe l'ideale dal mio punto di vista. Ma non pretendo che si arrivi a stabilire un legame formale: mi accontenterei di una dichiarazione che dichiari "essenziale" la cattura di quei criminali». Andrea di Robilant Cassese: sanzioni contro Belgrado e Pale, escluderle dalle Olimpiadi Scettici gli Stati Uniti, Dini e il rappresentante europeo Bildt Una manifestazione a sostegno del presidente serbo-bosniaco Radovan Karadzic a Brcko, nella Bosnia del Nord [foto ansa]