La Cina sorride a Greenpeace di Fabio Galvano

I commandos antinucleari rinunciano ai consueti assalti I commandos antinucleari rinunciano ai consueti assalti La Cinq sorride a Greenpeace Scambio di cortesie sullo Yangtze LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Con garbo «Greenpeace» ha fatto la sua protesta. Con lo stesso garbo le autorità portuali di Shanghai, senza neppure sfoderare i cannoni, hanno pregato gli attivisti di andarsene con la loro nave. E questi hanno obbedito, non senza uno scambio di doni «di buona volontà» dopo il pacifico arrembaggio. Ben altre scene, per l'atomica cinese di sabato scorso a Lop Nor, rispetto alle battaglie di Mururoa per quella francese e alla lotta nel Mare del Nord per la piattaforma petrolifera Brent Star. Ma l'importante, spiegano al quartier generale londinese di Greenpeace poche ore dopo il misuratissimo confronto nell'estuario dello Yangtze, era «attirare l'attenzione della Cina e del mondo sull'ultimo ostacolo che resta al bando degli esperimenti nucleari». Un po' di paura? «Quando si ha a che fare con la Cina - ammette Blair Palese, portavoce degli ambientalisti - è diverso rispetto a un Paese democratico». Dietro la cortina non di bambù ma di cortesia, la breve incursione - quattro ore - della «Greenpeace» nelle acque territoriali cinesi viene così salutata come «un grande successo» da Xavier Pastor, che ha preso parte alla spedizione. E mentre il vascello - lo stesso che i francesi bloccarono a Mururoa, quello sì che fu un assalto - è in rotta ver so Hong Kong, si spiega che «fa re confiscare l'imbarcazione e arrestare l'equipaggio non avrebbe dato i risultati che si so no invece ottenuti». Obbiettivo, si insiste, «era raggiungere Shanghai per parlare ai cinesi, e questo abbiamo fatto». Poi «Greenpeace» - 32 membri d'equipaggio e 16 giornalisti - si è lasciata scortare fuori dalle ac que territoriali. Il balletto ha avuto inizio mentre l'Europa dormiva anco ra, ma a Shanghai era già mez zogiorno. In quel momento i «Greenpeace», proveniente da Manila, è entrato nelle acque ci nesi, dirigendosi verso il punto d'ancoraggio di Changjiang Kou, alla foce dello Yangtze. Dall'alto suoi spostamenti erano controllati da due aerei militari. Ma soltanto un'ora dopo la richiesta di un pilota per le ultime sei miglia c'è stata la risposta delle autorità cinesi: «Per piacere interrompete le vostre azioni illegali lasciate immediatamente le acque territoriali». Erano ormai le 13,50: sette minuti dopo due vascelli della guardia costiera, con personale militare, si affiancavano alla nave. Circa 70 militari, senza armi ma con uno straordinario armamentario di videocamere, microfoni, registratori e macchine fotografiche sono saliti a bordo assumendo il controllo per le due ore successive (e confiscando i filmati dell'abbordaggio). Le ore, appunto, del balletto delle cortesie: fra strette di mano e sorrisi. Nella cabina del capitano Ulf Brigander i cinesi - alcuni in tenuta mimetica - hanno letto due documenti, firmati dal comandante del porto di Shanghai Wang Zhiyi, in cui si elencavano minuziosamente tutte le leggi che erano state violate e si chiedeva l'immediata uscita dalle acque territoriali: «La Greenpeace deve obbedire a quest'ordine. Altrimenti comandante ed equipaggio saranno ritenuti responsabili di ogni conseguenza». Minacce esplicite, nessuna. «Dateci un'ora per decidere», ha chiesto il comandante Brigander. Ed ecco la cortese controrichiesta: «Ce ne andremo solo se, a nome del governo cinese, ascolterete la lettura di una nostra dichiarazione sulla fine degli esperimenti nucleari e accetterete omaggi antinucleari che abbiamo portato da varie parti del mondo». Intanto, attorno a «Greenpeace», c'erano già otto vascelli militari, carichi di soldati e dell'equivalente cinese dei marines. Ascolteremo, hanno detto i cinesi, ma fuori delle acque territoriali. No, ha replicato il capitano Brigander: vogliamo farlo all'ancora, con tutto l'equipag¬ gio presente. Così i cinesi hanno accettato. Il documento è stato letto e i militari si sono impegnati a inoltrarlo alle autorità di Pechino. I regali sono stati accettati: fotografie di bambini con appelli a un mondo senza atomiche, una «scultura» giapponese fatta di mille uccellini di carta, anche qualche banale borsa-souvenir con la scritta «Greenpeace-China». «E ora, per cortesia, lasciate la acque territoriali», hanno ripetuto - sempre cortesi - i cinesi. Poi sono scesi dal «Greenpeace» e il comandante Brigander ha salpato l'ancora. «Abbiamo ottenuto tutto ciò che era realisticamente possibile ottenere», ha commentato da bordo Xavier Pastor: «Il nostro obbiettivo finale non è arrivare a Shanghai ma mettere fine a tutti gli esperimenti nucleari». Erano passate da poco le 16, in Europa stavano aprendo negozi e uffici. Di fronte alla Cina, dimenticati gli eroismi della «battaglia del Pacifico», Greenpeace ha scelto la Realpolitick. Fabio Galvano Consegnato un appello contro i test, la nave ecologista lascia le acque territoriali Il capitano del vascello «MV Greenpeace», Ulf Brigander

Persone citate: Blair Palese, Wang Zhiyi, Xavier Pastor