L'ex manager di Susanna Marzolla

L'ex manager L'ex manager Tre ore dal giudice MILANO. Tre ore di interrogatorio, nel carcere di Opera, per Giorgio Vanoni, responsabile del comparto estero Fininvest rientrato in Italia dopo una latitanza di sette mesi. «In realtà - precisa uno dei suoi difensori, l'avvocato Corso Bovio - l'interrogatorio è durato poco più di un'ora. C'è stato un contrattempo dovuto al fatto che non funzionava la stampante». Incidenti tecnici a parte, come è andata? «Vanoni ha risposto a tutte le domande e ha chiarito le varie questioni». E sui reati contestati? «Ha respinto tutte le accuse, sia per quanto riguarda l'illecito finanziamento ai partiti, sia per il falso in bilancio». Ma allora cosa ha chiarito? «Il suo ruolo nella Fininvest, l'operatività delle società all'estero», dice sempre l'avvocato. Da quanto si capisce, quindi, Giorgio Vanoni si mantiene per ora in linea con la difesa della Fininvest: l'attività all'estero c'è stata, ma tutto si sarebbe svolto entro i confini della legalità; niente fondi neri o falsificazioni di bilancio o finanziamenti a politici. Niente, insomma, di quanto viene contestato al manager nei due ordini di custodia cautelare spiccati dal gip Maurizio Grigo. Nel primo (novembre '95) Vanoni è accusato del finanziamento di dieci miliardi a Bettino Craxi, effettuato tramite una società estera Fininvest, la Ali Iberian. «Vanoni - spiega Bovio - si è dichiarato non responsabile di alcun finanziamento a uomini politici». Ma almeno ha confermato che Ali Iberian era intestata a Giancarlo Foscale (il vicepresidente Fininvest, cugino di Silvio Berlusconi)? «Questo - risponde il legale - ha detto di averlo appreso dai giornali. Lui non conosceva l'atto di nascita della società». Ma l'ha utilizzata? «Certo, e ha spiegato per quali operazioni». L'interrogatorio si è spostato poi sull'oggetto del secondo mandato di cattura, del marzo scorso, in cui veniva contestato il falso in bilancio: in pratica tutta l'attività di Vanoni con le società off-shore. Anche qui, secondo l'avvocato, il manager «ha fornito le spiegazioni che poteva fornire sulle società estere; ha descritto la sua attività». Attività anche illegale, con formazione e utilizzo di fondi neri? «Assolutamente no - risponde Bovio - Vanoni ha respinto tutte queste accuse; non ha creato fondi neri, non ha partecipato ad alcuna falsificazione di bilancio. Ha fornito dati sul tipo di operatività internazionale della Fininvest». Ha forse detto che ciò che ha fatto lo ha fatto per ordini di altri? «Ha spiegato il suo ruolo... Se si vuole intendere che abbia coinvolto qualcuno nelle accuse, no, non ha fatto nessuna chiamata di correo». Secondo Bovio, inoltre, è stato fatto anche il nome di Silvio Berlusconi ma quasi di sfuggita, «solo una o due domande». Però sia lui che l'altro difensore, Edda Gandossi, chiariscono che per Vanoni quello di ieri è stato solo il primo di una serie di interrogatori: «Deve essere ancora sentito dai pubblici ministeri, Speriamo di poter cominciare già domani (oggi, ndr) o al più tardi venerdì mattina». E solo alla fine di questi interrogatori i legali presenteranno istanze per cercare di far uscire Vanoni dal carcere. Ieri tre pm (Francesco Greco, Gherardo Colombo e Margherita Taddei) hanno assistito all'interrogatorio del gip. Nessun commento da parte loro, entrati e usciti in auto dal cancello del carcere. Sicuramente a Vanoni, considerato lo snodo del sistema estero e delle società off-shore della Fininvest avranno molte domande da fare. E si capirà dalle risposte il senso di quella battuta dell'avvocato Bovio, prima di entrare a Opera: «Vanoni non sarebbe rientrato in Italia se non avesse avuto intenzione di collaborare». Susanna Marzolla

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