Diario di un uomo di pace di Aldo CazzulloArrigo Levi

«Dopo il voto Israele vive una crisi, ma io resto ottimista» «Dopo il voto Israele vive una crisi, ma io resto ottimista» Diario di un uomo di pace Levi ha presentato il libro su Rabin Dall'esultanza di Yitzhak Rabin dopo il trionfo elettorale del 23 giugno 1992, al dolore della vedova Leah dopo l'assassinio del 4 novembre 1995. Dalla stretta di mano sul prato della Casa Bianca ai prodromi della sconfitta elettorale di Shimon Peres. Yitzhak Rabin. 1210 giorni per la pace (Mondadori), il diario in pubblico dove Arrigo Levi ha raccolto testi di conferenze e di editoriali pubblicati sul «Corriere della Sera», è una guida per conoscere il passato e intuire il futuro del processo di pace in Medio Oriente. L'autore l'ha presentato ieri pomeriggio all'Unione Industriale, con Lorenzo Mondo e davanti a una vasta platea. Secondo Arrigo Levi, «la maggioranza degli israeliani ha votato Benjamin Netanyahu perché considera acquisiti i vantaggi politici - le relazioni con i Paesi arabi - e economici che il processo di pace ha procurato al Paese. Se potesse, Netanyahu si fermerebbe ovviamente qui, senza altre concessioni ai palestinesi, senza trattative sul Golan e men che meno su Gerusalemme. Ma la pace non ha raggiunto una fase tanto avanzata da considerarsi ormai acquisita». Il processo di pace, ha detto Arrigo Levi, «si è basato finora sull'attesa. L'ha sospinto la prospettiva di un Medio Oriente pacificato. Ma se le attese verranno capovolte, se Netanyahu si accontenterà dello «statu quo», allora dovrà fronteggiare una grave crisi. Da cui potrà uscire in due modi: con una prova di forza; o facendo ripartire il negoziato. Io sono fiducioso. Rileggendo gli articoli che compongono il mio libro, mi rendo conto che la maggior parte analizzano e raccontano i retroscena di una crisi. Il processo di pace è stato costruito attorno a crisi che hanno trovato una soluzione imprevedibile e improvvisa». Chi è oggi il nemico della pace?, ha chiesto il pubblico. «Non un capo di governo, ma il fondamentalismo religioso, che nega le ragioni dell'altro», ha risposto Arrigo Levi. Che però non teme un'influenza eccessiva dei partiti confessionali sul nuovo governo. «Pensare che lo Stato d'Israele possa garantirsi la propria sicurezza da solo, e non stringendo patti di pace con tutti i Paesi arabi che lo circondano, compreso uno Stato palestinese, è un errore che appartiene al passato della psicologia e della politica israeliana. Ciò di certo non accadrà domani. Ora la pace è meno vicina di ieri. Ma, se all'analisi si aggiunge un po' di fede, non è inattingibile». Aldo Cazzullo Arrigo Levi, giornalista-scrittore

Luoghi citati: Gerusalemme, Israele, Medio Oriente