E Carlo Goldoni mandò in scena il «Molière»

E Carlo Goldoni mandò in scena il «Molière» Oggi in regalo con La Stampa altre 5 delle cento foto di ieri e d'oggi visibili con il «Magico 3 D» E Carlo Goldoni mandò in scena il «Molière» Al Carignano che, con l'Alfieri, è il teatro più antico della città Dei numerosi teatri della Torino d'un tempo non rimangono che il Carignano e l'Alfieri. Dei due il primo è il più antico. Nato sui resti del «Teatro del Trincotto Rosso», aperto nel 1711 e distrutto nel 1716, accolse anche Carlo Goldoni, giunto a Torino alla fine dell'aprile del 1751, con la moglie Nicoletta, entrambi al seguito della compagnia Medebac. Al grande commediografo la città piacque: «Non conoscevo Torino, ma la trovo piacevole: l'uniformità delle costruzioni nelle vie principali produce un colpo d'occhio molto grazioso. Le sue piazze, le chiese sono di grande bellezza. I torinesi poi sono onesti e molto cortesi, ligi alle abitudini e alle costumanze dei francesi, di cui parlano bene la lingua. Quando arriva da loro un milanese, un veneziano o un "genovese hanno l'abitudine di dire: "Guarda guarda, un italiano"». E straniero dovette parere anche il teatro di Goldoni. Ai suoi spettacoli vennero in molti, ma tuttavia c'era chi diceva: «C'est bon, mais n'est pas Molière», «Bravo è bravo, ma prima di eguagliare Molière...». Tante critiche venivano soprattutto da certi damerini che a teatro venivano più che altro per occhieggiare le dame. Goldoni lo venne a sapere e per dare una lezione ai suoi critici compose il «Molière», una commedia in versi, senza maschera, con una sola scena, che punzecchiava i costumi e i personaggi più frivoli di quella Torino. La mise in scena nell'agosto del 1751 e se ne andò a Genova offeso. Le sue allusioni però colpirono nel segno. I torinesi risero di sé e inviarono al Goldoni le loro scuse. Il teatro Alfieri fu eretto un secolo dopo, nel 1855. Bruciato nel 1858, fu ricostruito tale e quale. Qui il 4 aprile 1863 esordì la commedia «Le miserie di Monsù Travet», scritta da Vittorio Bersezio. Nel 1877 la sala venne demo¬ lita e ampliata, per accogliere più gente. «U pubblico torinese può alimentare quattro teatri di prosa malgrado la concorrenza dei teatri d'opera e degli altri spettacoli» scriveva un critico del 1884. E precisava: «Perché il ceto borghese alla prosa è numerosissimo e perché la commedia è più accessibile anche al popolino. Questi poi, per quanto il vino sia buono e a buon mercato, preferisce pigiarsi per ore in un teatro al raccogliersi nelle canove a bere e bestemmiare». Sul «buon popolo a teatro» scrisse anche il giornale la Nuova Torino, il 31 ottobre 1878: «Il travet e l'operaio sogliono recarsi due ore prima al botteghino d'ingresso. S'allogano per bene sulle panche della prima fila e rimangono lì tranquilli. Alla rappresentazione interviene l'uomo del popolo con tutta la sua santa famiglia, col litro e il formaggio, tanto per non stare in ozio negli intervalli». Mentre «sul lobbione s'allogano i cit di negozio, terrore dei fiaccherai e disperazione degli ubriachi; di lassù si divertono a tirar moccoli al suggeritore». Invece «lo studente si sente in obbligo sacrosanto di far baccano per quattro». «La più degna di compassione è la bambinaia, che suda per zittire il marmocchio, giacché per l'età non degna lo spettacolo». E il più saccente? Ci perdoni, ma per la Nuova Torino era «il critico: l'uomo dal parere contrario, permaloso per sistema, brontolone per professione, antipatico per eccellenza». [m. lup.] lì teatro Alfieri, eretto nel 1855, bruciò nel '58 e fu ricostruito

Persone citate: Alfieri, Carlo Goldoni, Goldoni, Guarda, Vittorio Bersezio

Luoghi citati: Genova, Torino