Kolyvanov picchia duro di Claudio Giacchino

una voce nel blackout Kolyvanov picchia duro «Là dietro gli azzurri traballano» OLÌ avversari ■r ■:. •■ .'. x>.V una voce nel blackout E WIGAN CCEZIONALI, straordinari, sensazionali Orsi. Nell'epoca della chiacchiera ininterrotta, dell'immagine spasmodicamente ricercata, dell'asservimento agli sponsor, continuano a essere muti e invisibili. Tacendo erano sbarcati sul pianeta degli Europei abitato dalla frenesia dei mass media, e in silenzio, evitando le telecamere, hanno avvicinato il gran momento del debutto contro l'Italia. Davvero una condotta sorprendente, inedita. Per la verità, non scelta dai giocatori, ma imposta da Oleg Romantsev Grozny, il condottiero: Oleg è il nome, Romantsev il cognome e Grozny, che significa Terribile, il soprannome di questo dittatore del pallone russo che odia la comunicazione. Ieri mattina, alcuni calciatori sono usciti sul piazzale dell'hotel affondato nel verde collinare del Lancashire popolato solo di pecore, tra l'imbarazzato e lo spaventato hanno subito l'assalto della stampa internazionale borbottando: «Non crediamo di poter parlare». S'è subito materializzato un dirigente, poi un altro e un altro ancora: occhiatacce ai ragazzi in tuta, schioccare di dita, ordini sus- surrati e i giovanotti, come scolaretti colti in fallo dall'insegnante, scomparivano nell'albergo. Shalimov, che stava spiegando a noi italiani che «l'allenatore ci fa giocare alla Trapattoni», s'è scusato: «Vado sennò mi fanno un culo così...». L'ha seguito Kolyvanov che aveva appena confidato che «Romantsev è un tecnico vecchia maniera, pretende disciplina, ama il football fisico, atletico, non so nemmeno se potrò esserci con l'Italia, chissà, forse metterà un'unica punta. Ho visto gli azzurri con l'Ungheria, mi sonò parsi traballanti in difesa. Maldini non farà il centrale, ci sarà Apolloni? Bene, bene, non l'avrei mai creduto». Kolyvanov tornava all'invisibilità e i suoi dirigenti, per meglio proteggerla, ordinavano d'accendere il motore del pullman della squadra onde affumicare i giorna¬ listi e persuaderli ad alzare i tacchi. E, nel fumo pestilenziale del bus, Vlaceslav Koloskov, il Matarrese moscovita che è pure uno dei quattro vicepresidenti della Uefa, ribadiva: «Niet interviste, niet televisione qui...». E dunque, la Russia resta un mistero. Prendete con le molle la formazione del tabellino: Oleg il Terribile non dovrebbe essere così spericolato da rinunciare alla for¬ tissima coppia gol (Kolyvanov e Kiriakov detto il tuffatore d'area) e a Kanchelskis, il turbo sulla fascia, popolarissimo qui dato che è il trascinatore dell'Everton. Squalificato Nikiforov, il mediano che coniuga forza e classe, toccherà a Karpin e Mostovoy tessere schemi; Onopko farà il libero alle spalle di Tetradze e Kovtum. Se ci abbiamo azzeccato, la squadra, un 5-3-2 nemico del fuorigioco e innamorato della marcatura a uomo, è equilibrata miscellanea tra mercenari arricchiti all'estero (6) e idoli in terra di Russia. La duplice anima dell'Orso è rappresentata dal miliardario Kanchelskis, a 27 arnii già padrone di interi quartieri a Mosca, e da Tetradze e Yanovski neocampioni di Russia con l'Alania Vladikavkaz. Nella povera e gelida Vladikavkaz, capitale dell'Ossezia, ai confini con la Cecenia, Tetradze e Yanovski sfangano la vita distanti anni luce degli agi e dalla celebrità che indorano l'esistenza di Kanchelskis o, seppure a livello meno eclatante, di Karin (portiere del Chelsea, compagno di Gullit e di Vialli) Kiriakov (bomber del Karlsruhe), Mostovoy e compagnia bella. Una curiosità: nella battaglia contro gli azzurri, i russi impiegheranno un'arma fabbricata in Italia: le scarpette per fare gol, o evitarlo, sono americane ma vengono prodotte in Veneto. Morta quella di Lenin, l'unica Internazionale soprawisuta nella Russia innamorata (o malata) di mistero è quella munifica degli sponsor. Claudio Giacchino Il citi Romantsev, Oleg il Terribile, (nella foto mentre dà le ultime istruzioni alla vigilia della partita con l'Italia) è nemico dichiarato dei mass media e ha imposto ai suoi giocatori il silenzio stampa