Suicidi e super-crack
Un giallo che dura da quasi tre lustri Suicidi e super-crack Un giallo che dura da quasi tre lustri Calvi MILANO. La vicenda del Banco Ambrosiano prese l'avvio nell'agosto del 1982, quando il tribunale civile di Milano mise in liquidazione coatta amministrativa l'istituto di credito. Due mesi prima il presidente della stessa banca, Roberto Calvi, era stato trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra. L'inchiesta sui risvolti penali dell'insolvenza (un crack da circa 1000 miliardi) fu condotta dal pubblico ministero Pierluigi Dell'Osso e dai giudici istruttori Renato Bricchetti e Antonio Pizzi. Indagati con gli amministratori ed i sindaci dell'istituto di credito anche personaggi esterni accusati di aver contribuito a distrarre fondi per interessi lobbistici. Ad un certo punto il Dell'Osso chiese che Carlo De Benedetti venisse incriminato per estorsione, sostenendo che l'imprenditore, dopo soli due mesi di vicepresidenza, sarebbe uscito dal consiglio di amministrazione, ottenendo una trentina di miliardi per tacere quanto era venuto a sapere sulla reale situazione di difficoltà della banca. I giudici istruttori respinsero la proposta ma il pubblico ministero fece ricorso e la sezione istruttoria della corte d'appello rinviò a giudizio De Benedetti, sia pure non per estorsione, ma per bancarotta. Il processo di primo grado durò quasi due aiuii e al termine, il 16 aprile 1992, furono inflitte 33 condanne. Nella sentenza si stabiliva tra l'altro il pagamento in solido da parte degli imputati di 100 miliardi di provvisionale su quella che sarebbe stata l'entità del risarcimento. Il più solvibile del gruppo, l'ingegnere De Benedetti, fece ricorso contro l'immediata esecutività della provvisionale, ma la corte d'appello respinse l'istanza confermando le conclusioni del tribunale. In apertura del procedimento di secondo grado molti imputati hanno chiesto di accedere al patteggiamento. Tra coloro che sono usciti in questo modo dalla causa l'ex vicepresidente e direttore generale del Banco Roberto Rosone e il direttore generale dell'editoriale il Corriere della Sera Bruno Tassan Din. [r. i.J Tassan Dm Calvi Tassan Dm
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