Ambrosiano condanna-bis per De Benedetti

7 In appello pena ridotta a 4 anni e 6 mesi. L'Ingegnere: la Cassazione riconoscerà la mia innocenza Ambrosiano, (ondanna-bis per De Benedetti «Io non ho guadagnato una lira» MILANO. Sono le 10,30 del mattino; la corte d'appello al processo per il crack del Banco Ambrosiano aveva fissato per quell'ora la lettura della sentenza e, puntualissimo, il presidente legge: condanna per tutti, per i vertici della P2, come per Carlo De Benedetti; per i faccendieri implicati nelle spoliazioni di Roberto Calvi; per Orazio Bagnasco e Giuseppe Ciarrapico. Condanna per tutti, pur se con pene notevolmente ridotte rispetto alla sentenza di primo grado e rispetto alle richieste del pg che, in sostanza, ricalcavano quella sentenza. Dodici anni è la condanna per Licio Gelli e Umberto Ortolani, che in primo gradi ir avevano avuti diciotto; otto .nini e sei mesi per il «faccendiere» Flavio Carboni (quindici anni in primo grado); otto anni ciascuno per Francesco Pazienza e Maurizio Mazzotta (oltre 14 anni). Pene oscillanti tra i 5 anni e 7 mesi e i 4 anni e 3 mesi per gli ex amministratori rimasti nel processo, come Giuseppe Prisco, Mario Valeri Manera, Carlo von Castelberg (oltre otto anni in primo grado); 4 anni e 6 mesi per Giuseppe Ciarrapico, 4 anni e 2 mesi per Orazio Bagnasco (rispettivamente 5 anni e 6 mesi e 7 anni e 2 mesi). Infine, la posizione più controversa dell'intera vicenda, quella di Carlo De Benedetti: condanna, ridotta, anche per lui. Una sentenza «rovesciata»: 4 anni e 6 mesi, al posto di 6 anni e 4 mesi. E' questa la fine del tormentato iter giudiziario dell'Ingegnere? Al momento sì, anche se i suoi legali proporranno ricorso in Cassazione. E lui an nuncia di attendere «con fidu eia che il terzo e decisivo grado riconosca la verità dei fatti e dia finalmente il riconoscimento della mia innocenza». La condanna di De Benedetti, come quella di tutti gli imputati con pene inferiori ai sette anni, è nei fatti soltanto formale: vanno infatti sottratti quattro anni di condono e per i rimanenti tre scatta l'affidamento ai servizi sociali. Per l'Ingegnere neppure quello, visto che restano solo sei mesi; e si vanifica anche l'interdizione dai pubblici uffici che in primo grado era stata stabilita come perpetua, mentre adesso è ridotta alla «durata della pena». E' questo che fa dire all'Ingegnere, nel comunicato reso noto dopo la sentenza: «Non ci sarà per me e per le mie società nessuna conseguenza di carattere personale, professionale e patrimoniale. Pertanto i miei progetti, i miei piani di lavoro e la mia attitudine non cambiano di una virgola». E' un comunicato che comincia però con la constatazione di una «profonda amarezza per una sentenza ingiusta e ingiustificata... Né io né le mie società abbiamo guadagnato una lira e nemmeno il Banco ha perso anche soltanto una lira con la mia uscita dalla banca». L'«uscita»: è il punto nodale per cui De Benedetti è stato condannato per concorso in bancarotta fraudolenta. Una «buonuscita» di 27 miliardi, dopo 65 giorni di permanenza alla vicepresidenza dell'Ambrosiano, secondo l'accusa; ma De Benedetti e i suoi legali hanno sempre respinto questa riepstruzione. «Nessuna buonuscita, è documentato, l'Ambrosiano non ha avuto nessun danno da De Benedetti che anzi tutti hanno risconosciuto come amministratore corretto - commenta l'avvocato Marco De Luca -. Questo volevamo fosse riconosciuto. E il fatto che la sentenza non abbia alcuna conseguenza non ci dà alcuna soddisfazione». Critiche alla sentenza anche dai difensori di quasi tutti gli imputati. Il pg Armando Perrone invece non si è pronunciato: «Aspetto di conoscere le motivazioni». Soddisfatto, invece, il rappresentante della parte civile Mario Pisani che è riuscito anche a racimolare decine di miliardi di risarcimento. Assenti, alla lettura, tutti gli imputati. Quelli rimasti, perché metà dei 33 che c'erano in primo grado hanno preferito patteggiare (in appello è possibile anche per pene superiori ai due anni). Sono così usciti personaggi centrali come l'ex amministratore della Rizzoli Bruno Tassan Din, l'ex «signora della finanza» Anna Bonomi Bolchini, l'ex vice di Calvi Roberto Rosone e con lui parecchi amministratori e sindaci del Banco. E il processo d'appello si è consumato in sordina, in un'epoca politico-giudiziaria lontana anni luce da quell'estate nell'82 che travolse la più grande banca privata italiana, fiore all'occhiello dell'industriosa Milano. L'on. Gasparo (An): adesso il governo deve rivedere molte cose, a partire da concessioni telefoniche e autostrade qggnere, nel comunicato reso noto dopo la sentenza: «Non ci sarà per me e per le mie società nessuna conseguenza di carattere personale, professionale e patrimoniale. Pertanto i miei progetti, i miei piani di lavoro e la mia attitudine non cambiano Critiche alla sentenza anche dai difensori di quasi tutti gli imputati. Il pg Armando Perrone invece non si è pronunciato: «Aspetto di conoscere le motivazioni». Soddisfatto, invece, il rappresentante della parte civile Mario Pisani che è riuscito e sdaci del anco. E il processo d'appello si è consumato in sordina, in un'epoca politico-giudiziaria lontana anni luce da quell'estate nell'82 che travolse la più grande banca privata italiana, fiore all'occhiello dell'industriosa Milano. L'on. Gaspadeve rivededa concessi La lettura della sentenza d'appello per II crack del Banco Ambrosiano

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