Tra rivolta e gita sociale di Alberto Papuzzi

Tra rivolte e gita sociale Tra rivolte e gita sociale Esplode la rabbia dei «bravi veneti» IN CONTRO IL FISCO MESTRE DAL NOSTRO INVIATO «Qua ghe xè quei che gà i maroni. E non Bobo». Qua ci sono quelb che hanno le palle, e non Maroni, dice tranquillo Valerio Serraglia, edicolante di Bassano, favoriti e baffoni alla Cecco Beppe, guardandosi attorno alle 10 del mattino in piazza Barche. Regge un cartello anti Romiti che mescola citazioni evangeliche e storia romana - «Date a Cesare quel che è di Cesare: 24 pugnalate» - e non si preoccupa se i convenuti alla manifestazione contro la Guardia di Finanza sono ancora uno sparuto gruppo: «Questa è l'avanguardia di quel che sarà». Vicino a lui, Fiore Zamai, idrauhco autonomo di Pieve di Soligo, il paese di Zanzot- to, conia metafore: «L'Italia è come una vacca: il Veneto la nutre, Roma la munge, al Sud il letame. Anzi, scrivi Nord, non Veneto». Mentre Luciana Spagnol, imprenditrice della plastica di Pederobba, sfodera un femminismo marca Life: «Le done gà le scatole piene de far quadrar i conti, fasendo anca le serve a lo Stato, al marìo e ai figU. Ho votato de tutta la vita, adesso non voto neanche Lega». L'anima della prima manifestazione impegnativa dei Liberi imprenditori federalisti europei è un senso di autoaffermazione contro tutti: non solo la burocrazia e il governo, ma anche la grande industria (vedi il cartello che proclama «Romiti peste del 2000») e soprattutto i partiti, compresa la Lega con il suo secessionismo, di cui a questi piccoli imprenditori, artigiani e commercianti non gliene può interessare meno. Adesso che il mercato tedesco non tira, adesso che li spaventa una crisi strisciante, lasciano sfogare la rabbia repressa: così questa manifestazione, di bravi veneti o friulani, esibisce anche una cattiveria, di chi si sente in trincea. Specialmente do¬ po l'arrivo di quattro pullman con i duri: militanti della Life, in maglietta bianca con la scritta blu «Liberi di Crescere», e il servizio d'ordine, con casacca verdolina. Quando alle 11 il corteo si muove, Diego Cancian, presidente della Life veneta, dà ordini precisi: «Nessun politico. Nessun'altra bandiera che la nostra». E uno slogan martellante: «Chi non ha paura fa paura». Ognuno sfila con la propria storia. Marzia Breda, gioielliera di Conegliano, è alla sua prima dimostrazione in assoluto: si è legata sulla testa un leoncino di pelouche (col caldo che fa!), simbolo di un nuovo atteggiamento psicologico: «Ho avuto un controllo asfissiante della tributaria, pezzo per pezzo, e con che modi. Allora basta». Ermi- nio Berton, anche di Conegliano, si è incollato sulla magbetta le fotocopie di notizie sulla sua assoluzione da frodi fiscali, «ma intanto un'azienda che rappresentava trentacinque anni di lavoro, con 55 dipendenti e 25 negozi, è fallita. Chi mi paga?». Ognuno appende alla Life il proprio cappello bucato. Pier Giorgio Serlon, terzista del settore confezioni, è arrivato da Cingoli, provincia di Macerata: dopo che l'Inps gli ha contestato di essere un industriale e non un artigiano, obbligandolo a pagare mia multa di un miliardo e trecento milioni, ha chiuso tutto. Giuseppe D'Andrea, ex emigrante pensionato di Pieve di Soligo, sfila in testa al corteo, reggendo la bandiera della Life: «Nel '70 avevo fondato la Lav, il movimento dei lavoratori autonomi veneti, con gli stessi obiettivi, dovendo affrontare ventidue processi per ragioni fiscau». Calura soffocante: il corteo si assembra nel parcheggio del comando della polizia tributaria, all'uopo sgombrato. Qualcuno piazza un cartello contro le tasse in faccia all'entrata del comando: «Irpef, Ilor, lei, Iciap, Irpeg, Ssni, Ssgoc, Tdi, Ccia, tassa salute, patrimoniale, Tarsu, Inail, Ebav, ecc. A quando una tassazione più semplice?». Dall'automobile della Life, con casse sul tetto, si organizzano cori: «Fuori dalla tana!» piace più di tutti. Rimbomba di tanto in tanto aU'mdirizzo dei finanzieri che occhieggiano da dietro l'ingresso o dai vetri delle finestre: «Fuori dalla tana, Stato rapace». E anche gii gridano: «Andate a lavorare!», come se non fosse esattamente quello che fanno quando controllano le bolle d'accompagnamento e ispezionano i libri contabili. Ma è come se si fossero accorti che si può sfidare il nemico. «Siamo liberi, siamo qua con le nostre facce - urla rauca nel microfono la fiscalista Annamaria Giro, della Life di Padova - non abbiamo più paura di vob>. C'è chi è colto dal raptus dell'autodenuncia, come l'ex insegnante Carlo Safnbti, commerciante di articoli promozionaU a Castelfranco, che s'impadronisce del microfono per fare una rivelazione: «Venite a multarmi, perché da statale ho dato lezioni private di francese». Non sono una grande massa, non sono una rappresentanza qualificata, ma hanno rotto l'argine di una tradizionale diffidenza a mettersi in mostra. E hanno un leader, diventato un martire dopo la convocazione alla procura di Treviso: «Fabio libero! Fabio ubero!». Sudatissimo il suo braccio destro, l'agente di commercio Geremia Agnoletti, sta spiegando la filosofia politica dei Liberi imprenditori federalisti europei - «Per noi i partiti sono puri strumenti: se ci tradiscono gli facciamo fare la figura degli scemi» - quando Padovan finalmente arriva, con un guizzo manzoniano: «Noi dobbiamo poter dire: io c'ero». Dopo il suo improvvisato comizio, in cai zini sul tetto della Radiomobile Life, comincia una distribuzione di lattine e albicocche. Si arrotolano gli striscioni, si pensa al pranzo, sembra la fine d'una gita sociale, non l'inizio d'una rivolta. Alberto Papuzzi «Stato rapace: Irpef Ilor, lei, Iciap, Irpeg Ssni, Ssgoc, Tdi, Cria..»