«Tonino, sbagli» Il sindaco scrive all'ex pm

«Tonino, sbagli» «Tonino, sbagli» 77 sindaco scrive all'expm LO SCONTRO NEL PALAZZO ROMA ON sono mica scemo, io». Parlava così, di sé, Antonio Di Pietro, fresco di nomina ministeriale e del primo braccio di ferro sul Giubileo. Da quella constatazione è passato qualche tempo e il titolare del dicastero dei Lavori Pubblici si è contraddistinto per le sue iniziative fulminee, che non potevano certo non provocare un qualche sussulto nei palazzi romani. Parole pochissime (a quelle ci pensa il «suo» sottosegretario Antonio Bargone autonominatosi «sceriffo» dell'Anno Santo), gesti clamorosi tanti. Ma l'intelligenza, quando ci si addentra nei meandri di alcuni edifici capitolini, non sempre serve. Semmai occorre una grande abilità politica. Tanto più che al Giubileo sono interessati Palazzi con la p maiuscola: il Campidoglio, il Vaticano e quello della presidenza del Consiglio, tanto per citarne solo alcuni. Già. E in fondo non era sempre un palazzo, quello delle Botteghe oscure, che segnalò a Di Pietro il fatto che grazie alla delega per le aree urbane poteva occuparsi dell'Anno Santo? E non è ancora un palazzo, quello dei Lavori Pubblici, ad ospitare il sottosegretario Giovanni Mattioli, il quale, da verde qual è, mostra di avere una certa indipendenza nei confronti del suo ministro? E sì, perché se Angelo Sanza, braccio destro di Buttiglione, deputato del cdu eletto a Roma, può avere un interesse di parte a dire che «sulle opere pubbliche Di Pietro e Mattioli la pensano diversamente», basta sentire lo stesso sottosegretario per capire quanto ami la propria autonomia. Tant'è vero che nel momento di massimo scontro tra l'ex magistrato e Rutelli, Mattioli, tranquillamente, afferma: «Apprezzo molto quello che ha detto il sindaco: la sua è un'iniziativa importante e pregevole, e ci tengo che queste mie parole vengano scritte». I palazzi, dunque. Non sono più quelli che Di Pietro faceva tremare da magistrato. Non che adesso non li scuota, però ormai sembrano edifici a prova di sisma. E infatti basta guardare come si sono mossi gli uomini che vi abitano. La prima lite sul Giubileo aveva come protagonisti due palazzi: Campidoglio e Vaticano. Ne giunse un terzo, a mediare, quello che ospita Prodi e che prendeva assai a cuore le esigenze della Chiesa. L'operazione di compromesso andò in porto. Di Pietro, che in quella particolare battaglia non aveva un ruolo, se ne ritagliò lo stesso uno e continuò ugualmente a guerreggiare: un colpo al presidente del Consiglio, un colpo al sindaco di Roma. Una tenzone dura, che ricorda a Ottaviano Del Turco altri tempi e altri modi: «Mi sembra - osserva il capogruppo di Rinnovamento al Senato - la prima Repubblica... appalti e appetiti». Ma i colpi dell'ex p.m. hanno trovato palazzi resistenti. Visto l'andazzo, il padrone di casa del Campidoglio, dopo l'ultimo fendente infertogli da Bargone (Di Pietro consenziente, a detta dello stesso sottosegretario, che spiega: «Tra me e il ministro c'è la massima unità d'intenti») ha deciso di rivolgersi alla presidenza del Consiglio. Domenica, Rutelli e Prodi hanno avuto un lungo colloquio, in cui il primo ha spiegato al secondo: «Non si è mai vista una storia del genere: un controllore del governo sul Giubileo di Roma». E il secondo ha tranquillizzato il primo. Il giorno dopo il sindaco ha inviato una dura lettera a Di Pietro ripetendo i concetti che aveva già espresso al mini¬ stro. L'effetto del suo attacco? «Ottenere quello che gli serve, nel Giubileo, per essere rieletto l'anno prossimo», maligna Sanza. Però è anche vero che adesso dopo quello che è successo, la palla torna saldamente nelle mani di Prodi. Chi medierà - che nei palazzi della politica significa chi deciderà - sarà lui. E non Di Pietro, nonostante quello che profetizzava Bargone, il quale sosteneva di non capire il senso dell'incontro di oggi a palazzo Chigi perché, spiegava, «i ruoli sono ormai definiti: il ministro ha competenze sulle opere del Giubileo e di Roma capitale». E che l'esito della vicenda sia questo lo dimostra l'approccio suadente e democristiano del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Enrico Micheli: «In questa storia - spiega - c'è stato un eccesso di comunicazione». Traduzione: entrambi i contendenti hanno una parte di torto e l'unico che può venire a capo di tutto è Prodi. Di Pietro, nel frattempo, non replica. Rutelli lo attacca e lui si limita a far sapere: «Presenterò le mie valutazioni al presidente del Consiglio». Ma di certo si rende conto che gli unici che lo dipingono come il vincitore di questa guerra sono Buontempo e Alemanno, deputati di An, fuori dai giochi... e dai palazzi che contano. Maria Teresa Meli Il ministro non replica agli attacchi «Ne parlerò con Romano» Tajani, portavoza Italia, ha di «Basta con le vogliono i fato Taradash, deella stessa forpolitica, accusa di voler non riproblemi. ddisfatti, Verdi. Sca¬ d Antonio Di Pietro In alto: Francesco Rutelli

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