TONKOV Investito da un'auto come Pantani è rinato con l'aiuto di Colnago

35 Ritratto del vincitore del Giro: è professore e ufficiale dell'esercito russo ma vive e abita vicino a Bergamo T0NK0V Investito da un'auto amie Pantani è rinato con l'aiuto di Colnag) MILANO DAL NOSTRO INVIATO Una grande corsa a tappe privata d'un campione che la elevi al suo rango, esaltando la dignità degli sfidanti, può essere 10 stesso avvincente. A patto che i gareggianti non la facciano appassire, agiscano, si diano battaglia, finché dal gruppo non emerga il personaggio che accende la fiamma. Così accadde al Giro di Chioccioli; così è accaduto al Giro che s'è appena concluso. Ma per due sole tappe, quelle del Pordoi e dell'Aprica. Chi ama il Giro d'amore materno e lo trova bellissimo anche quando ha i connotati da ristrutturare, dice: succedeva la stessa cosa ai tempi di Banali e Coppi. Già, ma c'erano Bartali e Coppi. Le alte medie orarie tanto cantate da Giuseppe Ariosto Saronni che vede crepitanti fatati conflitti sempre e dovunque, non producono spettacolo. Il pubblico non solo non distingue un 45 da un 50 all'ora, ma giustamente s'incavola se tarda 11 duello. Avendo atteso l'evento per diciotto giorni, si capisce che pure lo scoppio d'un petardo sarebbe stato accolto come il deflagare di una bomba. Ma occupiamoci del vincitore. Signor tenente Pavel Tonkov, chissà come saranno contenti i generali del nuovo esercito federale russo al quale lei fieramente appartiene: hanno un ufficiale che ha vinto il Giro. «Non sanno neppure che esista, un Giro d'Italia. Nella mia Russia, tra comunisti che rispuntano e mafia che impazza, c'è tanto di quel casino che non credo esista una sola persona che pensi a Tonkov in maglia rosa. Ammiravo Gorbaciov. Eltsin sta sciupando tutto. Alla mia maglia rosa penso io, pensano i miei amici e mi basta». La lascerebbe Brusaporto? «Brusaporto e la villetta che ho comprato a due passi da Bergamo! Le piccole ricchezze del ciclismo. Ma chi non ha nel proporio calendario mille e un giorno in cui vorrebbe ritornare dove è nato e cresciuto. Io sono nato a Ichevsl, sotto gli Urali, ventisette anni fa. Ichevsl è la città dove si fabbricano i Kalashnikov, pum pum. Ci sono industrie di telecomunicazioni per l'esercito e ci sono mio padre Sergey, ex operaio che s'ammalò di cuore e ora lavora in un aeroporto, e mia madre Nadezda, infermiera in ospedale, e mia sorella Natascia. E' tutto quello che offre Ichevsl. Ma ho dei ricordi». Sentiamo. «La neve, ad esempio, una neve particolare, carnosa. E i disgeli di maggio, i balli sulle groppe dei cavalli e il freddo che laggiù ragiona a coltellate. E Puskin». Puskin? «Il mio adorato Puskin. Ah, quando cominciai a leggerlo. Ero, chinandomi su quelle pagine, un alfiere di Caterina II o Pugacev che conquista il forte Belogòrsk; e intanto, a Pietroburgo, champagne e caviale. Un ragazzo che si calava nella Russia del 1770, ero, tra calmucchi, baschiri, tartari, chirghisi». Niente a che vedere con Olano, Zaina, Ugrumov e Gotti. «Ho imparato come ci si difende, come si deve attaccare. E che cos'è l'orgoglio. Nell'alba del duello a Kisinev, Puskin mangiava le ciliege e gettava i nocciob in direzione del rivale che gli puntava la pistola». A Olano, a Zaina e al suo connazionale Ugrumov, altro che noccioli di ciliegia ha tirato. «E' andata così. Ho sofferto molto, ho faticato molto. Ho pregato molto. Avevo il terrore che il ginocchio che m'hanno operato due volte si rifacesse sentire. E' stato sulla salita del Monte Sirino che ho capito come sarebbe finita». Come si passa da Puskin alla bicicletta? «Ci si passa attraverso il nuoto. Leggere non dà da mangiare. Dunque, mi piace il nuoto, stile libero e dorso. Ma litigo con l'allenatore, capita, e cerco un altro sport. Il più adatto mi sembrava il ciclismo. Vado al centro olimpico di Samara, sul Volga, a settecento chilometri da Ichevsl, e imparo e scopro di essere bravo. Studio. Prendo in diploma di tecnico e frequento l'istituto d'educazione fisica. Sono un tenente professore. Vengo in Italia a correre due gare a Bergamo, vinco il Mondiale juniores, poi la Settimana Bergamasca. Mi vuole con sé Colnago. Scelgo la Russ, primo tentativo di squadra professionistica dell'ex Unione Sovietica. Colnago insiste. Va bene, gli dico, arrivo. Due anni fa in allenamento mi viene addosso un'auto e comincia la tortura». E ebbe paura d'aver chiuso. «Ebbi paura. Ma Colnago ripeteva: Pavel, appena torni in sella fai un macello. Quanto ne era convinto!, mi ha contagiato della sua convinzione. La gamba destra era diventata piccola piccola. Palestra, tantissima, e pedalare. L'anno scorso vinco il Giro di Svizzera. E Colnago: lo sai che devi vincere anche il Giro d'Italia?». E il futuro? «Il futuro è già cominciato. Devo sbrigarmi. Data la rapidità dei nostri tempi, il futuro sta magari finendo». Gianni Ranieri «Due anni fa ebbi l'incidente mentre mi stavo allenando: fti una vera tortura, ebbi tanto timore, ma c'è stato chi ha avuto fiducia in me» Due immagini del russo Tonkov: al centro il giorno della cronometro quando difese la maglia rosa dagli attacchi di Olano e (a fianco) ieri sul podio a Milano