Arrigo, il profeta del dio Gioco

lettori La Stampa archeggio Arrigo, il profeta Gioco Baggio e Signori, i due Demoni cacciati I TURBAMENTI DEL TECNICO AALSAGER LL'OMBRA del maggiociondolo crebbe Siddharta Sacchi e, giunto a maturità, partì per il lungo viaggio alla ricerca di se stesso. Arrivò, in un'estate di nubi e sfide, in Inghilterra, e qui si fermò, perché, lungo il suo cammino, la tappa era decisiva. Lì approdato cercò di dare un senso al suo percorso, avendo capito, come già il Siddharta figlio del Brahmino, che non doveva andare alla scoperta della dottrina perfetta (avendola già trovata nel Gioco, celebrato dalla Zona, attraverso l'Intensità), ma di se stesso. E se stesso esplorò, trovandosi infine. Annunciò l'avvenuta trasformazione con parole e gesti. Disse, in terra belga, poco prima di attraversare l'Europa: «L'intelligenza è bene, la pazienza è meglio» (cfr. Siddharta, Herman Hesse, pagina 101). Avendo saputo che il Buddha aveva avuto un giorno l'illuminazione sotto un albero, molta attenzione dedicò agli alberi e lì alla loro ombra si pose, aspettando rivelazioni. Erudì i giornalisti indicando loro ippocastani, glicini e, soprattutto, l'amato maggiociondolo, da poco fiorito («è frequente la presenza, anche in occasionali metafore, dei grandi alberi», dall'introduzione di Massimo Mila a Siddharta). Modulò il suo aspetto sulla nuova essenza che lo stava pervadendo: abbandonò vecchi occhiali da elicotterista, che facevano pensare a missioni di guerra sulle paludi, in favore di montature affusolate e rettangolari, nelle quali iscrisse sguardi aperti e fermi. Scelse, come il suo compito gli imponeva, ma lo fece cercando di insegnare, con le sue scelte, molte cose. La prima fu che non è vero che uno su mille ce la fa. Ottantanove su mille, in verità, ne chiamò a sé, perché potessero mettere alla prova le loro qualità. Ma le qualità, spiegò, non contavano in quanto innate, piuttosto in quanto acquisite: la perseveranza più dell'estro, la serietà più dell'imprevedibilità. Per questo abbandonò profeti di molta fama (Baggio e Signori) per epigoni della via nuova (Rossitto e Nesta). Ispirandosi ad alcuni politici del suo tempo, non creò una squadra, ma piuttosto la lista Sacchi. Chiarì, *con parole ispirate, che a contare non erano gli uo- mini, ma il Gioco. Disse: «Quelli che meglio conoscono il gioco giocheranno, perché il gioco sarà d'aiuto a loro e loro saranno d'aiuto al gioco». Sull'altare del Gioco sacrificò. E alla base vi scolpì parole d'ordine: organizzazione, disciplina, pazienza, attenzione, personalità, intensità. Del movimento perenne, dell'eterna ricerca del meglio nel¬ l'universo campo fece un principio irrinunciabile espresso nell'aforisma: «Quando rimani immobile prendi gol, quindi devi scappare avanti o indietro». Incontrò un giorno il maestro, come Siddharta figlio di brahmino incontrò il Buddha e si abbeverò alla sua saggezza. Il maestro Velasco gli disse: «Il primo avversario che dovrai sconfiggere saranno i tuoi limiti» (vedi Richard Bach, «Illusioni»: «Cavilla sui tuoi limiti ed essi ti apparterranno»). Annotò e cercò di mettere in pratica. Molti ostacoli dovette superare. I maligni affermarono che anche lui, come il figlio del brahmino, aveva incontrato una bella cortigiana nel quartiere del peccato e era caduto in tentazione. Lui si fece beffe delle accuse, forte delle sue certezze e della parola sacra, TOM, che nel suo caso significava circolazione di palla e posizione adottata da tre difensori e dai due centrali per effettuare la ripartenza. Sperimentò la solitudine e seppe che nessuno è più solo al mondo di un allenatore prima della partita. Sapeva di essere l'unico profeta della storia le cui enunciazioni sarebbero state verificate in questo mondo e non nell'altro. A quella verifica si preparò con la serena coscienza di chi ha trovato la propria fede definitiva e il modo di praticarla. Non più dogmatico, come negli anni di Milanello, non più eretico come negli Stati Uniti, finalmente appagato dal proprio credo, nel quale futuro e passato si fondevano e tutto quel che sarebbe avvenuto (la partita con la Russia, il resto dell'Europeo, il trionfo o il fallimento) era già stato (in un Bellaria-Rimini degli Anni 70, a Parma o a Fusignano). Inscritto nel ciclo della vita rilesse la conclusione del «Siddharta» di Herman Hesse: «Profondamente egli s'inchinò, fino a terra, davanti all'uomo che sedeva immobile e il cui sorriso gli ricordava tutto ciò ch'egli avesse mai amato in vita sua, tutto ciò che nella sua vita vi fosse mai stato di prezioso e di sacro» e s'immaginò, il 30 giugno, inchinato davanti al duca di Kent, nell'atto di ricevere la coppa di un torneo di calcio. Gabriela Romagnoli Il viaggio del citi in terra inglese per cercare la Verità dopo avere scelto ottantanove «fedeli» Sacchi ha cancellato l'allenamento di ieri pomeriggio: «Le ultime indicazioni peseranno nelle mie scelte»

Luoghi citati: Europa, Fusignano, Inghilterra, Parma, Rimini, Russia, Siddharta, Stati Uniti