Sette arresti La merce rubata finiva a Sarajevo di Angelo Conti
Sette arresti Sette arresti La merce rubata finiva a Sarajevo Commercianti di Sarajevo si procuravano la merce da vendere nei loro negozi in ex Jugoslavia rubandola nei magazzini torinesi. La gang era composta da trenta persone, sette delle quali sono state arrestate e sette denunciate, ed operava da almeno sei mesi con punte di 10 furti al giorno nei week-end. Trattava soprattutto abiti, biancheria, elettrodomestici, orologi, profumi e materiale elettrico. Ma non sono mancate forniture specializzate, compreso un ecografo ospedaliero. Si pensa che il valore della merce «esportata» superi il miliardo. Nell'organizzazione, che aveva un capo e una sede centrale, ognuno aveva il proprio compito: c'erano i collaudatori (soprattutto donne) che andavano a testare nei magazzini la qualità della merce in vendita, i periti elettronici capaci di disattivare gli impianti d'allarme, i ladri veri e propri che hanno mostrato in più di una occasione incredibile agilità, c'era il coordinatore che immagazzinava e catalogava tutto il materiale rubato e c'erano i corrieri che lo trasportavano a Sarajevo, via pullman. In manette sono finiti Sened Trbovic detto «Cinghia», 30 anni; Vedad Cerimovic, 21 anni, detto «Zadko», Alma Sanie, 26, detta «Samantha» e poi Jasna Luketic, 33; Stephan Sevatic, 43; Ljuba Markovic, 41; Neboisa Mihajlovic, 43. I carabinieri della compagnia San Carlo hanno cominciato a sospettare quando si sono accorti di strani movimenti in un alloggio di via Cesare Lombroso 24. Qui spesso venivano trasportati scatoloni pieni ed altrettanto spesso ne uscivano uomini con grosse valigie. E' scattato un piano di controlli che ha permesso di individuare in un alloggio di via Bianzè ed in un bar di via Principe Tommaso le altri due basi della banda. Quando è scattato il blitz, i militari del tenente Castiglione hanno sorpreso sette persone e recuperato merce per oltre 600 milioni. Innumerevoli gli attrezzi da scasso: piedi di porco, trapani, mazze e cacciaviti. La banda si autofinanziava compiendo anche colpi negli appartamenti, mirati ad acquisire denaro contante: un paio di mesi fa, nel Chierese, si erano fatti notare scaraventando in strada una cassaforte che resisteva ai loro assalti. Per il colpo il portello si incrinò, consentendo il furto di 50 milioni. Le ordinazioni arrivavano da Sarajevo via telefono: mille jeans, 200 giacche, 300 profumi, 50 autoradio. Era Seened Trbovic a trovare il negozio giusto (anche di livello come l'atelier Sanlorenzo o la profumeria Boidi), controllare la qualità della merce e incaricare del «prelievo notturno» i suoi compari. Angelo Conti
Persone citate: Boidi, Castiglione, Jasna Luketic, Ljuba Markovic, Neboisa Mihajlovic, Sanlorenzo, Stephan Sevatic
Luoghi citati: Jugoslavia, Sarajevo
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