Una Tosca tra due grandi di Sandro Cappelletto

Ferrara, a sorpresa il tenore rinuncia a cantare Mozart Ferrara, a sorpresa il tenore rinuncia a cantare Mozart Una Tosca tra due grandi Pavarotti-Abbado, aggancio mancato FERRARA. Dopo alcuni anni di rotte divergenti, le orbite di due pianeti della musica hanno provato ad incrociarsi. L'aggancio è mancato. Il concerto che Claudio Abbado e Luciano Pavarotti hanno tenuto insieme al Teatro Comunale per iniziativa di Ferrara Musica resterà scolpito nella memoria per questo desiderio insoddisfatto: ognuno è restato se stesso, continuando a parlare la propria lingua. Il direttore ha aperto e chiuso la serata, prima con la Serenata n.l del «suo» Brahms, forse perfino troppo serena, e la Prima Sinfonia eh Beethoven, dove ha sottolineato i caratteri più riconducibili al cammino futuro del compositore, quella volontà di distinguersi subito, sin dai proprio esordio sinfonico. Poi, sul palcoscenico è entrato Pavarotti accolto da un'invocazione pagana: «Sei immenso, come il sole». La serata era torrida e il cai do è grande nemico dei cantanti: il catarro invischia la gola e le corde vocali, la trasparenza della voce è minacciata. Prima delusione. Pavarotti non canta Mozart, come invece aveva fatto venerdì nell'anteprima del concerto. La soluzione alternativa è, comunque, da leccarsi i baffi: Tosca. Un'opera che non hanno mai, in oltre trent'anni di carriera, interpretato assieme, ma anche un autore che Abbado finora ha sempre trascurato: l'italianissimo Puccini. Lo stacco orchestrale di «Recondita armonia» è stato di grande tragicità: il primo atto eseguito avendo in mente l'epilogo della vicenda II risuonare lento e cupo degli archi gravi, poi ima torte concitazione, un ritmo stringente, quasi angosciante Pavarotti è par so subito a disagio, ha affrettato il passe la sua bella dizione si è impaurila, gii ocelli coi cavano un'intesa col direttore, la voce si appan nava. Si capiva come le abitudini facciano scuola, diventando legge Da anni Pavarotti sceglie i propri direttori, chu lo assecondano, eseguendo i tempi a lui più congeniali. Questo Cavaradossi di Abbado e teatro, dramma, il Cavai ariussi di Pavarotti no. Abbado raccontava, Pavarotti andava verso I acuto, però prudente. Poi Verdi, iì iJuca del Rigoletto, tiglio di primo letto del Don Giovanni di Mozart: scherzo e foiba, gioco e delitto divertimento e tragedia. Uno dei ruoli in cui Pavarotti ha, continua ad avere, un solo antagonista Annido Kraus. A Ferrara, avrebbe vinto lo spagnolo. E tuttavia in alami passaggi, in certe frasi tracotanti del maschio - «Degù amanti le smanie .» - si insinuava, e non sciupi e favarotti ha interpretato così, l'ornhi a del dubbio, emergeva un precipitare della voce, l'aggiungeisi di ime spessore drammatico nlla patma dei «bei caino» Non è possibile stabilire - lo dirà il tempo - se questo concerto sia stato il luogo e l'ora in cui è iniziata l'orbita declinante della più bella voce degli ultimi trent'anni. Ma il ricordo della serata - che verrà ripetuta oggi a Brescia - è da custodire gelosamente e con molto affetto: perché se Pavarotti, o il suo inconscio, avessero scelto proprio questa occasione per dircelo, per avvisarci che qualcosa sta accadendo, ebbene tanta franchezza appartiene soltanto ai graneli artisti, che sanno, prima di tutti gli altri, quando il loro geniale talento comincia a non rispondere più alla volontà. Sandro Cappelletto ^^^^^^^ *7 X Applausi e ovazioni per Luciano Pavarotti e Claudio Abbado in concerto al Teatro Comunale di Ferrara

Luoghi citati: Brescia, Ferrara