L'architetto mecenate pop

190 anni di Philip Johnson 190 anni di Philip Johnson L'architetto mecenate pop PNEW YORK IER il mio compleanno voglio una cattedrale, da costruire a New lYork. Magari nel Lower East Side, dove si può radere al suolo i bassifondi. La farei in cemento di diversi colori, ovviamente senza angoli retti». Philip Johnson compie 90 anni l'8 luglio, ma non smentisce la sua fama di ragazzo terribile e costante innovatore. Insieme al musical Rent (la cui trama si svolge proprio in quei «bassifondi» del Lower East Side), il compleanno del Grande Vecchio dell'architettura americana e mondiale è uno degli eventi più celebrati e descritti dell'anno. E oggi al Museum of Modem Art si inaugura From Bauhaus to Pop, una mostra delle opere che Johnson ha donato al «suo» museo negli ultimi 66 anni. Il rapporto tra Johnson e il MoMa è infatti iniziato nel 1930, quando il giovane architetto divenne consulente del neonato (nel 1929) museo dal futuro incerto. Fondò e diresse il dipartimento di architettura, inaugurandolo con la famosa mostra sull'International Style, il movimento che cambiò la faccia di New York riempiendola di torri di vetro e acciaio. Tra le altre iniziative di Johnson ci fu Machine Art, la mostra di design contemporaneo del 1934 dalla quale scaturì il dipartimento di design del MoMa; e Deconstructivist Architecture (1988), sullo stile di cui fu tra i fondatori, ma che come suo solito aveva già abbandonato per altre avventure mentre molti suoi colleghi seguivano la moda. Nel 1953 disegnò il famoso Sculpture Garden del museo, che rimane uno dei più accattivanti esempi di spazio pubblico moderno. Lo straordinario fiuto di Johnson per l'arte contemporanea e la sua relazione simbiotica con il MoMa hanno fornito al museo alcuni dei suoi pezzi più importanti con un tempismo altrimenti impossibile. L'architetto comprava da addetto ai lavori, non da collezionista, donando al museo quadri che gli artisti avevano appena ultimato: il ritratto del Dr. Mayer-Hermann di Otto Dix e la Bauhaustreppe di Oskar Schlemmer erano nel suo bagaglio di ritorno dalla Germania, insieme a una molto discussa infatuazione per il nazismo. Johnson andò all'inaugurazione della prima personale di Jasper Johns nel 1955 e comprò Flag, il quadro raffigurante la bandiera a stelle e strisce che oggi è una delle opere di Pop Art più note e preziose del museo, insieme all'arcinota Golden Marilyn Monroe, il primo quadro di Andy Warhol al MoMa che Johnson comprò con la pittura ancora fresca. E la lista continua con opere importanti di tutti i maggiori nomi dell'arte americana contemporanea, da Lichtestein a Oldenburg e Frank Stella. C'è un disegno originale di Mies van de Rohe per il Seagram Building, che costruirono insieme, e nello Sculpture Garden una nuova installazione di sculture di Max Beckman, Louise Bourgeois e Alberto Giacometti. Buona parte delle acquisizioni di Johnson nella seconda metà del secolo sono dovute al cinquantasettenne David Whitney, suo compagno da 36 anni. Whitney è diventato uno dei personaggi più influenti del mondo dell'arte newyorchese, l'alter ego artistico di Johnson, di cui ha ereditato il fiuto, e per il quale compra quadri e disegni che invariabilmente diventano pezzi di valore storico. Ma Philip Johnson lascia fare la spesa a Whitney solo per poter continuare a costruire con un ritmo frenetico. Ha appena ultimato due grattacieli a Madrid e il municipio del villaggio Disney di Celebration in Florida. A due passi dal MoMa sta rivestendo in vetro dorato il grattacielo della Gulf & Western a Columbus Circle, che sarà il nuovo albergo di Donald Trump, mentre altri suoi progetti sono attualmente in costruzione a Singapore, Rotterdam, Dallas e Cleveland. E, come sempre, non ce n'è uno che assomigli ai precedenti. Stefano Eco Philip Johnson visto da Levine Il grande architetto compirà 90 anni il prossimo 8 luglio. Al MoMa una mostra con i capolavori da lui donati al «suo» museo Philip Johnson visto da Levine Il grande architetto compirà 90 anni il prossimo 8 luglio. Al MoMa una mostra con i capolavori da lui donati al «suo» museo

Luoghi citati: Cleveland, Columbus, Dallas, Florida, Germania, Madrid, New York, Rotterdam, Singapore