Gli ultimi fantasmi del Vietnam di Franco Pantarelli

«Gli americani ci hanno considerati caduti per non darci più la paga» Chiedono un risarcimento al Pentagono che li ha dimenticati dietro le linee di Hanoi Gli ultimi fantasmi del Vietnam Fanno causa i commando del Sud ufficialmente morti LA SPORCA GUERRA NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Li inandavano al Nord col compito di sabotare il nemico e quando venivano catturati li dichiaravano morti in modo da non dover rispondere del fallimento delle loro missioni e anche per non doverli più pagare. Ma molti di loro sono usciti vivi dal loro calvario, sono approdati negli Stati Uniti e adesso pretendono gli arretrati della paga non ricevuta, anche se mostrano una certa magnanimità rinunciando agli interessi che da allora sarebbero maturati. Ecco un altro fantasma uscire dall'armadio del Vietnam, sotto forma di una storia che ancora una volta contiene tutti gli ingredienti di quella «sporca guerra»: menzogne, insensibilità, incompetenza, leggerezza e soprattutto scarico di responsabilità da parte degli alti gradi del Pentagono. A portarla alla luce, questa nuova storia, è il «New York Times», praticamente nel 25" anniversario della sua famosa pubblicazione dei «documenti del Pentagono» che il 13 giugno del 1971 fece scandalo dimostrando tutte le bugie che erano state dette pur di imbarcarsi nell'avventura vietnamita. Ma questa volta i documenti non sono stati «rubati». E' stato il tribunale a «declassificarli», cioè a togliere loro il segreto, proprio in seguito all'azione legale di quelli che vogliono essere pagati. Che cosa raccontano quei documenti? Che all'inizio degli Anni 60 l'ufficio della Cia di Saigon (a dirigerlo c'era William Colby, che poi della Cia divenne il capo e che poche settimane fa è stato trovato morto nelle acque del fiume in cui si era recato a pescare) usava reclutare gente del Vietnam del Nord, in gran parte cattolici riparati al Sud per fuggire il regime comunista, li addestrava a compiere operazioni di sabotaggio e poi li paracadutava in territorio nemico. L'idea era che essendo nativi di lì e parlando il dialetto locale, potessero muoversi come «pesci nell'acqua». Ma se la loro azione si sia rivelata in qualche modo utile nello svolgimento della guerra non si sa. Quelli che li spedivano, infatti, cominciavano a disinteressarsi di loro praticamente all'indomani della loro partenza. Dopo un po', semplicemente, li dichiaravano morti, davano alle loro famiglie 4000 dollari a titolo di ringraziamento e poi se ne dimenticavano, anche se sapevano benissimo che erano vivi. «Volevano dimenticarsi di noi dice Dang Cong Trinh, allora vicecapo di quei commandos il cui no- me risulta fra quelli dichiarati morti - perché eravamo la prova vivente del loro fallimento in Vietnam. Qualcuno, chissà chi, un giorno al Pentagono ha deciso di scrivere la parola "morto in azione" vicino al mio nome, consentendo così al governo sudvietnamita di rivolgersi alla mia famiglia dicendo: "Ecco i soldi che vi spettano, non fatevi più vedere"». Lui, dopo 15 anni passati nelle prigioni vietnamite, è poi riuscito a venire negli Stati Uniti e ora vive a Rosemead, vicino a Los Angeles, in una casa con le grate alle finestre e con tre serrature alla porta. E' stato lui a mettere insieme i pezzi di questa storia, cercando con pazienza quelli che avevano vissuto la stessa avventura. Alla fine ne ha trovati circa 300 e tutti insieme hanno incaricato un avvocato, John Mattes, di reclamare la loro paga. Mattes ha fatto un po' di conti ed ha presentato le richieste dei suoi clienti al governo: 11 milioni di dollari in tutto, più l'interessamento nei confronti di altri 88 membri di quei commandos, dei quali si è riusciti a sapere che sono ancora in vita, affinché possano anche loro venire negli Stati Uniti. Si poteva risolvere nel silenzio, ma il dipartimento della Giustizia, quello della Difesa e la Cia hanno rifiutato il pagamento, dicendo che un contratto segreto, per compiere operazioni «undercover», non è esigibile e portando ad esempio una sentenza della Corte Suprema del 1875, nientemeno, con la quale si dette torto a uno che durante la guerra civile aveva fatto la spia per il Nord ma non era mai stato pagato. Così, ecco che l'avvocato è stato costretto a richiedere la «declassificazione» dei documenti per dimostrare che la dichiarazione di morte di quegli uomini veniva fatta «mentendo deliberatamente». Uno, di quei documenti, mostra che un gruppo di 13 sabotatori fu dato per «eliminato dal nemico», mentre 10 dei suoi membri sono vivi e vegeti. Un altro mostra la trascrizione di una trasmissione della radio nordvietnamita in cui vengono nominati alcuni sabotatori catturati vivi e rinchiusi in prigione. La Cia non si cura di quell'informazione e dichiara tutti morti. «Se fosse stato fatto con soldati americani ora i responsabili sarebbero tutti in galera», dice l'avvocato Mattes. Trattandosi invece di vietnamiti, seppure «fedeli alleati», non solo nessuno è stato punito ma si nega loro perfino lo stipendio senza interessi. Franco Pantarelli «Gli americani ci hanno considerati caduti per non darci più la paga» Un gruppo di soldati del Sud al tempo della guerra in Vietnam

Persone citate: Dang Cong Trinh, John Mattes, William Colby