SE LO STATO SI RITIRA di Luciano Gallino
MultiFocus®: Nuovo Apparecchio Acustico col Cervello SE LO STATO SI RITIRA dalle campagne, concentrazioni tecnologiche e finanziarie che assorbono in una sola città i due terzi del potenziale economico di un Paese; poveri per destino che diventano più poveri e classi medie già sicure della propria posizione che s'impoveriscono; possibilità mai viste di paragonare le proprie condizioni di vita sia con quelle dei vicini che: con quelle di popoli lontani, e, per finire, conflitti etnici che nessuno riesce più a contare. E' questo ciò che offre quello che per il momento conviene appropriatamente chiamare il nuovo disordine mondiale. E tutto ciò si ritrova, come in un ologramma che presenta sempre la stessa immagine per quanto lo si faccia a pezzi, nelle città e nei loro quartieri. In presenza di simili processi governale efficaceI mente una città richiederebbe grossomodo la capacità di governare il mondo: un compito alquanto improbo per qualsiasi sindaco o Consiglio comunale. Una sproporzione e una responsabilità schiacciante affibbiate agli amministratori delle città, che dovrebbero far riflettere i governi e gli enti internazionali che il mondo avrebbero la possibilità di governarlo davvero, ove non indulgessero a pensare, decennio dopo decennio, che un nuovo ordine mondiale seguirà automaticamente al disordine attuale come il giorno alla notte. Se questa è la fisiologia presente nei processi urbani, la loro patologia trova origine, per dirla con il collega Pierre Bourdieu, nelle dimissioni ovvero nella ritirata dello Stato Per rendere governabile una citta o mantenerla tale occorrono infatti interventi che solamente uno Stato può compiere. Occorre anzitutto una politica della casa e degli insediamenti urbani, centrali e periferici, che si può realizzare solamente attraverso un'appropriata normativa fiscale e urbanistica. Occorre un'efficace politica dei trasporti. E' necessario che sul territorio, in tutti gli spazi urbani, si attui una ragionevole parità di opportunità nell'accesso alla scuola, ai servizi sanitari, alle attrezzature sportive per i giovani, ai beni culturali. Bisogna contrastare legalmente l'illegalità diffusa, certo non solo tra gli immigrati, ma nemmeno concedendo di fatto impunità pietistiche. E non da ultimo si dovrebbe ostacolare la formazione di quartieri di cattiva fama dove gli abitanti si sentono al tempo stesso discriminati e soffocati dall'impossibilità di trasferirsi altrove. Le premesse materiali e giuridiche per conseguire simili scopi può porle solamente lo Stato. Ma accade che da si- rnili compiti gli Stati europei si siano dimessi da venti o trent'anni, e quello italiano con particolare solerzia, anche se va detto che in questa gara a chi latita di più nel campo delle politiche urbane Francia e Gran Bretagna sono concorrenti di tutto rispetto. Le città, ha scritto il direttore sull'ultimo numero di Le Monde Diplomatique, hanno la virtù di aumentare le tensioni. E' inevitabile: fa parte della loro fisiologia. In quel che resta del secolo sarebbe forse bene che i governi europei, e per quanto ci preme anzitutto il nostro nuovo governo, distogliessero per qualche riunione del loro Consiglio dei ministri i loro sguardi dalla profondità stellare delle grandezze macroeconomiche per rivolgerli invece alle bassure delle città. Per cercar di rimediare almeno ai più evidenti aspetti patologici che la fisiologia di queste, di per sé preoccupante, sta palesemente assumendo. Luciano Gallino
Persone citate: Pierre Bourdieu
Luoghi citati: Francia, Gran Bretagna
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