Domingo: «Non siamo urlatori» di Armando Caruso

Domingo; «Non siamo urlatori» Nuova protesta a Santa Cecilia per i toni alti delle orchestre Domingo; «Non siamo urlatori» I cantanti insorgono: ci roviniamo la voce ROMA. Tempo di nuove proteste: «Rischiamo di strozzarci», urlano in coro i cantanti lirici più famosi, da Renato Bruson a Cecilia Gasdia da Pavarotti a Placido Domingo. «Riaccordiamo le orchestre a 432 Hertz. L'attuale diapason, da un minimo di 440 a un massimo di 444, danneggia le voci, costringe soprani, tenori, mezzosoprani, bassi e baritoni a sforzi sovrumani. Logora le voci, le usura, limita gli anni di carriera di un artista». Non protestano soltanto le «ugole d'oro»: urlano anche ali 'Accademia di Santa Cecilia. E proprio per ribadire la necessità di ricondurre il «la» all'origine, il la corista o il la verdiano, oggi lo Schiller Institut, in collaborazione con il Pontificio Istituto di Musica Sacra, presenti Renato Bruson, Massimo Iannone e Cecilia Gasdia, presenterà un volume dal titolo esplicito «Canto e diapason: perché è necessario tornare al "la" verdiano per salvare la lirica». La vita musicale, purtroppo, obbedisce alle leggi del mercato discografico che pretende da orchestre e direttori suoni brillanti, con il risultato che ci vanno di mezzo le ugole dei cantanti, an¬ che quelle d'oro, le più delicate. Ma perché si usurano così tanto le voci dei cantanti in queste condizioni? E' presto detto: il diapason attuale è poco più di un quarto di tono più alto del diapason verdiano. Ma un quarto di tono non è uno scherzo (soprattutto quando la tessitura è alta) anche perché sposta il passaggio dal registro di petto al registro di testa. Ma non basta: l'organico orchestrale non è più quello di un tempo. Nel Settecento e in gran parte dell'Ottocento le opere si eseguivano con organici ridotti, ma nel Novecento, la monumentalità delle composizioni con fiati straripanti di suono e percussioni d'obbligo hanno costretto i cantanti a «farsi sentire di più», e ciò mette a repentaglio la loro voce. Luciano Pavarotti, anni fa alla Scala, per «La Figlia del Reggimento» (nove do naturali), pretese, giustamente, che non si superassero i 440 Hertz. Diapason quindi più bassi? In passato due senatori avevano presentato un progetto di legge per «fermare la salita del diapason». Ma come sempre succede in Italia, il progetto non ebbe seguito e tut- to rimase come prima. Un altro grido d'allarme, recentemente, è venuto dall'Inghilterra. Alcuni ricercatori hanno affermato che ci sono orchestre fracassone che mettono a repentaglio addirittura le orecchie degli orchestrali: «L'Ottava Sinfonia di Bruckner crea un inquinamento acustico addirittura superiore al frastuono provocato da un Concorde in fase di decollo». Non è una barzelletta raccontata da burloni musicisti inglesi, ma quanto afferma il primo corno della London Philharmonic, Nick Bush: «E' il risultato della ricerca di alcuni fisici e medici inglesi». Klaus Tennstedt, direttore della London Philharmonic Orchestra aggiunge: «Gli ottoni sono gli strumenti più temibili, quelli che hanno reso sordi alcuni grandi musicisti jazz». Carlo Maria Giulini, raffinatissimo direttore, avverte però: «Orchestre fracassone? Se ci seno, la colpa è dei direttori d'orchestra, che devono trattare le partiture con grande equilibrio». Sul diapason Giulini ammette: «Il problema del diapason esiste e deve essere rivalutato, soprattutto per evitare danni fisici ai cantanti». Armando Caruso Anche Domingo (nella foto) chiede assieme a Pavarotti il ritorno al «la» verdiano

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