Periferie la grande paura sull'ultima frontiera della politica di Vittorio Foa

Società e Cultura discussione. Mentre esce l'atteso libro di Vittorio Foa sul '900, anteprima da «Reset» Periferie, la grande paura sull'ultima frontiera della politica Sprima vista con le elezioni di aprile la politica italiana sembrava restituita finalmente alla stabilità. Si poteva (e si può) persino parlare di nascita di una Seconda Repubblica, è finita l'anomalia italiana dell'esclusione della sinistra dal governo. Adesso la sinistra è in posizione di rilievo in un governo, quello di Romano Prodi, di grande prestigio interno e intemazionale, una destra pasticciona e dilettantesca è stata ridimensionata e richiamata a maggiore serietà. Nella stessa sinistra sono emerse importanti novità. L'Ulivo, che ha ottenuto la maggioranza relativa e formato il governo, non è certo un partito né lo sarà in un prossimo futuro, ma non è neppure più una semplice alleanza tra la sinistra e un centro progressista e non è nemmeno solo un progetto: esso è una strategia dotata di una sua titolarità politica. Questo fa oggi del pds, con l'efficace direzione di D'Alema, e al di là della consapevolezza dei suoi stessi dirigenti, il solo vero partito di una nuova sinistra europea. Nei grandi Paesi europei (Germania Francia e Spagna) le sinistre sconfitte non riescono a liberarsi da posizioni di difesa del passato. La socialdemocrazia europea si è esaurita perché ha vinto, ha permeato di sé l'Europa della seconda metà di questo secolo; i laboristi inglesi devono ancora dare la prova che si può vincere imitando o scavalcando la destra. La sinistra italiana, il pds, ha invece dato vita a una esperienza originale. Non si va verso il centro per sommare o mediare ma per costruire insieme un diverso governo del Paese, per riabilitare la politica dopo tanto «lasciar andare» e dopo tanti giochi verbali. La sinistra italiana - il pds - sta dimostrando che il solo modo di affermare se stessi è quello di saper fare proprie anche le tendenze positive degb altri. Già si intravede nel pds, nella sua risoluta volontà di governo, un possibile modello di nuova sinistra europea. Il gioco oggi è tutto sul governo: il centrosinistra è maggioranza in Parlamento, non lo è nel Paese, il con- senso oggi non lo si può conquistare con la propaganda, ci vogliono i fatti, i fatti di governo. Ma proprio sul governo del Paese si stanno addensando nuove domande, non sempre di facile lettura, non riducibili alle categorie della sinistra o della destra. E anche al di là della questione del Nord, agitata dalla Lega, e di quella speculare del Sud, con la sua storia di occasioni mancate. Alle tensioni che maturano sotto una superficie apparentemente tranquilla si possono dare etichette diverse, io le vedo come una diffusa rivendicazione della periferia verso il centro. Periferia in senso metaforico e anche in senso reale. Basta pensare alle periferie urbane, e non solo a quelle metropolitane, ma anche ai centri minori; periferie invivibili e prive di visibilità e di rappresentanza, dove la percezione del tempo si appiattisce sull'istante e si vive alla giornata perché non vi è nulla da progettare. Antonio Bassolino disse una volta che la politica è nella città, nelle sue contraddizioni di incerto futuro e che pongono allo Stato urgenti necessità di scelta. Perife¬ rie sono anche grandi aree del lavoro nonostante l'apparenza organizzata e omogenea. Periferia sono gli impiegati e gli operai anziani: se si è sulla quarantina e si perde il lavoro non lo si trova più. Periferia è l'area giovanile che il lavoro non lo trova e, con una disoccupazione di lunga durata, il lavoro non solo non lo trova ma non lo cerca neppure più, con conseguenze imprevedibili. Periferia è chi non si è formato alle nuove capacità di lavoro e non ha più la speranza di formarsi. E periferia è oggi, con tutto il suo clamore, quella del Nord, e in particolare del Nord-Est, con la piccola e piccolissima impresa diffusa e la sua protesta fiscale. In questa periferia, come in tutte le altre, vi sono problemi di distribuzione di risorse e di possibilità, ma vi è anche (e io credo soprattutto) un bisogno politico e morale di contare, di affrontare insicurezze che sconfinano con la paura, sentendosi visibili e rappresentati. Umberto Bossi cerca di costruire su questo disagio, su queste insicurezze, il mito mistificante dell'identità territoriale, quello della Padania. La rivendicazione territoriale può diventare lo sbocco di ogni inquietudine periferica ed è un grave pericolo di chiusura in se stessi, senza comunicazione, senza solidarietà. Il problema vero è altrove, è nella struttura dello Stato. Prodi l'ha capito subito. Il difficile è passare alla realizzazione. Si tratta di difficoltà trasversali, che attraversano gli schieramenti politici. Da quasi centoquaranta anni l'Italia unita è penetrata dalla tradizione centralista napoleonica-piemontese. La burocrazia centrale con tutte le sue diramazioni è una preziosa fonte di consensi elettorali, gli stessi partiti sono veicoli di centralismo, non parliamo poi delle grandi confederazioni sindacali. La grande azienda familiare del Nord-Ovest coi suoi rapporti privilegiati col governo e con la grande finanza si presenta come centro di fronte alla periferia dell'impresa minore. Il Centro attrae luce e risorse: io non so fino a che punto quelle oggi concentrate sulla Roma del Giubileo, presunta capitale del mondo, daranno un po' di luce e risorse alle diverse periferie di cui ho parlato: è più probabile l'opposto. Nella stessa sinistra il federalismo, perché di questo si tratta, incontra comprensibili freddezze e perplessità. L'esperienza ci insegna che quando si mettono in moto delle riforme possono scatenarsi spinte incontrollabili. Ma se non si mettono in moto? E' veramente il momento di una scelta senza equivoci. Non si deve trattare con la Lega, dire che siamo disponibili, per carità! La riforma dello Stato è impegno nostro. Lo discuteremo naturalmente con tutti quelli che lo vorranno, nel quadro della lmea delle larghe intese sui temi istituzionali proposta da D'Alema al Polo e poi bocciata da Fini per la sua ansiosa fretta di perdere le elezioni. Quella linea è oggi dell'Ulivo. Dobbiamo tenerla sempre aperta. Se gli altri dovessero caparbiamente rifiutarla la maggioranza dovrà fare il suo dovere. I tempi della periferia sono stretti. Vittorio Foa «Fra inquietudini e rivolte, la Padania è un falso mito» «Sfida al Nord-Est e sui confini delle metropoli» i 11 Una periferia in Italia: per Foa, simbolo delle contraddizioni del Paese

Persone citate: Antonio Bassolino, D'alema, Foa, Romano Prodi, Umberto Bossi, Vittorio Foa

Luoghi citati: Europa, Italia, Spagna