Brucia il Paese di ghiaccio

L'acquisto sicuro, "senza sorprese", al prezzo più competitivo d'Europa lo potete fare sopratutto da noi! In sei giorni divorati 35 mila acri di bosco, 300 gli edifìci distrutti Brucia il Paese di ghiaccio Alaska, un immenso rogo nelle foreste WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Sarà perché stanotte ho dormito tre ore, ma oggi sono meno frustrato e meno pessimista. Però non abbiamo ancora vinto». Distrutto da sei giorni di guerra in prima linea contro l'incendio più feroce mai esploso nelle foreste dell'Alaska, il capo dei pompieri Dave Liebersbach comincia a intravedere la gloria della vittoria. Ma, bene che vada, non potrà essere prima di lunedì notte e poi, per una settimana ancora, le braci dei boschi carbonizzati continueranno a rappresentare una potenziale minaccia. Ma un primo bilancio dei danni causati dal grande incendio è già possibile farlo: oltre 35 mila acri di bosco andati in fumo, 300 edifici distrutti, 700 senza tetto, parecchi miliardi di danni. Bill Clinton ha dovuto dichiarare l'Alaska area di disastro naturale. Ma poi, forse, occorrerà anche istituire un premio per le migliaia di persone - pompieri dagli Stati più vicini, volontari - che si sono mobilitate per combattere il grande fuoco. L'America ò anche questo: da una parte Paese di pazzi individualisti e dall'altra comunità reattiva di persone che si sentono responsabili di quanto accade loro intorno. La storia del grande fuoco dell'Alaska è anche la storia di uno spirito pionieristico che non è morto. Bastava guardare quei pickup. I loro proprietari - contadini, allevatori - li avevano caricati di bidoni della spazzatura riempiti d'acqua e immagini televisive li mostravano muoversi verso l'area del fuoco attorno al Big Lake con i fari accesi per fendere il nero pece del fumo su un'autostrada resa rossastra, color ruggine, dalle polveri antincendio scaricate dagli aerei. Gente allevata nell'inferno bianco del ghiaccio si dirigeva sicura alla guerra contro il diavolo rosso che stava trasformando la loro terra in un inferno di cenere e fumo. Proprio lì, sull'autostrada dei Parchi truccata da apocalisse, quegli uomini potevano a fatica leggere una scritta su un muro: «Dio, per carità, versa una lacrima per noi». Attorno si vedevano alci, renne e perfino orsi scap¬ pare dal fuoco. Più avanti ancora, una cinquantina di miglia a Nord di Anchorage, combattevano i soldati professionisti di questa guerra, i pompieri arrivati dal Montana, dall'Idaho, dallo Utah e dall'Oregon per aiutare i loro 300 colleghi dell'Alaska. Un esercito di meno di 1500 uomini in tutto, addestrato a tecniche di guerriglia contro quel terribile nemico capace di muoversi così velocemente nei boschi. Mark Bertels, capo dei pompieri locali, stava batten¬ dosi con una dozzina di pompieri sulla Knik-Goose Bay Road, quando è stato avvertito che un nuovo incendio stava scoppiando alle loro spalle. Voltati i camion, Mark ha diretto la colonna verso il fuoco come in una scena del film «Twister». Ma il fuoco non si vedeva e la colonna continuava a andare avanti. A un certo punto è apparso il fumo e Mark è riuscito a individuare la linea di sviluppo del fuoco. Così, essendo la strada interrotta a quel punto, il gruppo ha deciso di spargersi sul fronte del fuoco a aspettarlo per combatterlo frontalmente. Il grande fuoco si è sviluppato prima in due punti a Nord di Anchorage, Big Lake e Houston, e poi nella penisola di Kanai, a Sud della città. Gli incendi estivi non sono infrequenti nei boschi dell'Alaska, ma in questo caso forti venti e una pressoché totale assenza di umidità nell'aria lo hanno alimentato fino a farlo diventare mostruosamente enorme. Mai in passato un incendio aveva distrutto tanti edifici in un'area così scarsamente popolata. Peggio ancora, giugno è piena stagione turistica in Alaska, perché in inverno è troppo freddo e in piena estate dilagano le zanzare. Il danno è ingente, ma non si sono sentiti molti pianti. La gente, in Nord America, è abituata a combattere contro i grandi disastri naturali, come uragani, alluvioni e incendi. Da mesi, all'estremo opposto degli Stati Uniti, nel caldo Sud, si sta combattendo una guerra molto più dura contro un fuoco che non brucia ma distrugge anche di più. Si chiama siccità e sta desertificando enormi distese di zone agricole in Missouri, nel Texas, in Arizona, in Oklahoma. Proprio in Arizona una tribù intera di Navajo ha ripreso l'antica tradizione di pregare per la pioggia. In centinaia si sono recati alla casa di un'indiana di 96 anni per purificarsi con i riti del «popolo degli uomini». In fondo, combattere il fuoco è più facile che combattere la siccità. Paolo Passarmi I danni sono incalcolabili Clinton ha dichiarato la regione «area di disastro naturale» Gara di solidarietà tra migliaia di volontari arrivati in rinforzo ai pompieri ^ SIATI UNlll* WiiiowSouih.1^ ~~ *y--^~—-— -^wùW/v)aS^~|C^ Strada principato - ferrovia i Oleodotto Capitato km t so La colonna di fumo che si levava ieri dalle foreste a Nord di Anchorage, colpita dal più grave incendio della storia dell'Alaska A sinistra, a Big Lake una coppia si abbraccia piangendo davanti alle rovine dalla casa distrutta dal rogo [foto reutersj

Persone citate: Bill Clinton, Clinton, Dave Liebersbach, Mark Bertels