Il voto della Dudaeva farsa stalinista

=1 F diario di Mosca =1 // voto della Dudaeva farsa stalinista MOSCA JCORDO ancora - non le dimenticherò mai più - le facce degli scrittori russi, degli accademici, dei semplici colkosiani, lavoratori, cittadini che talvolta, quando serviva, venivano sospinti sotto gli occhi delle telecamere. Ai tempi sovietici intendo dire. Avevano occhi vitrei, sguardi smorti, sorrisi rari e artefatti. Si può essere costretti a mentire, ma non è obbligatorio essere dei buoni attori e il regime questo non lo pretendeva neppure. Bastava l'apparenza, il minimo indispensabile. Proprio come adesso. Talvolta capita di pensare: ma forse ho le traveggole! Ma poi scopro di essere in buona compagnia. Insieme - almeno in questo - a Elena Bonner, Aleksandr Solzhenicyn, Andrei Siniavskij, Vladimir Bukovskij. Sarà un caso che sono tutti ex dissidenti, ridiventati dissidenti dopo aver sperato di non essere più costretti a essere dissidenti? Per chi osserva da lontano l'apparenza può essere ingannevole, anche perché le forme, per ora, sono quasi sempre rispettate. La libertà di parola c'è, con qualche approssimazione; i lager non ci sono davvero; si vota più o meno regolarmente, anche se non si possono controllare i risultati. Pensavo che continuassero così. Mi sono sbagliato. Adesso anche le forme stanno andando a farsi benedire. Questa semplice constatazione mi è balzata agli occhi mercoledì scorso, quando tutte le tv del regime, pubbliche e private, hanno mostrato Alla Dudaeva, la vedova del defunto presidente di Cecenia. Mostrato e fatto ascoltare quella povera donna, la voce rotta dall'emozione, pronunciare parole che i ceceni, di certo, hanno vissuto come un tremendo sacrilegio: «Voterò per Eltsin perchè difende la democrazia, la libertà». Comunque la si voglia mettere, Alla Dudaeva è stata trascinata davanti ai teleschermi ad applaudire colui che è all'origine dell'uccisione di suo marito. Le reazioni dei ceceni non mi I sono note. Quelle dei mass meI dia russi invece sì: nessuna. Non c'è stata una sola voce che si sia levata a protestare contro questa violenza, che mi pare inaudita. Tutti hanno fatto finta di credere che si trattasse di una vera dichiarazione di voto. Questo è il dato tragico. I giornalisti russi, nella loro maggioranza, come ha scritto senza vergognarsi, per tutti, la commentatrice della Itar-Tass Tamara Zamiatina, hanno «scelto la responsabilità». Proprio come indicava il partito ai tempi sovietici: la verità è stata scambiata con il «senso di responsabilità». Il che significa che certe cose non si possono dire più. Ieri la signora Dudaeva doveva presenziare a una riunione del Pen Club. Non è andata all'appuntamento. Dik Altemirov - uno degli ex collaboratori di suo marito - l'ha scusata. «La Dudaeva non è più in prigione, ma è praticamente agli arresti domiciliari». Si è fermato qui. Anche lui vive a Mosca e deve tornare a casa la sera. Insomma tiene famiglia. Più esplicito è stato lo scrittore Popov. «Sapete, non è in buone condizioni psicologiche, è depressa e abbattuta. E poi i servizi segreti la tengono sotto pressione». L'hanno arrestata il mese scorso mentre, con un passaporto falso, stava cercando di prendere un aereo alla volta della Turchia dall'aeroporto di Nalcik, la capitale della Kabardino-Balkaria. La sua fiducia nella democrazia di Boris Eltsin e di Aleksandr Korzhakov dev'essersi consolidata nelle ultime settimane di detenzione. Ma nessuno dei «responsabili» giornalisti russi ha raccontato questi particolari. Buio a mezzogiorno. Giuliette Chiesa

Persone citate: Aleksandr Korzhakov, Aleksandr Solzhenicyn, Andrei Siniavskij, Boris Eltsin, Elena Bonner, Eltsin, Giuliette Chiesa, Popov, Vladimir Bukovskij

Luoghi citati: Cecenia, Mosca, Turchia