Bloccati 1500 miliardi in titoli di Weimar di Claudio Laugeri

Bloccati 1500 miliardi in titoli di Weimar Nuova svolta: le azioni forse destinate all'Est. Contatti tra Ferramonti e l'ambasciatore russo Bloccati 1500 miliardi in titoli di Weimar Phoney money, si sospettano operazioni di riciclaggio AOSTA, impilato;, fra Bot e Cct c'era l'equivalente del bilancio regionale della Valle d'Aosta, di una «manovrina» del governo: 1500 miliardi in «German Gold Bond», titoli emessi dalla Repubblica di Weimar nel 1928, 1929 e 1930. Valore nominale: mille dollari ciascuno. Valore di mercato: 465 mila. Tutto sotto sequestro «per accertamenti» su ordine del sostituto procuratore di Aosta David Monti, che indaga sulle truffe miliardarie di «Phoney money». Militari della Guardia di finanza, agenti della Criminalpol di Torino e della questura di Aosta hanno messo i sigilli a 2264 «German Gold Bond» depositati nell'agenzia centrale di Milano della Banca Popolari; di Novara. «Un normale deposito "libero a custodia"», spiega il direttore, Sergio Bortoluzzi. Poco più di 200 mila lire ogni sei mesi di «commissione» alla banca per mettere al sicuro 1500 miliardi intitoli. Motivo del sequestro ordinato dal magistrato: il sospetto che quei «bonds» siano falsi, rubati, oppure che potessero servire per operazioni di ;;riciclaggio». Dopo la caduta del Muiu di Berlino, la stessa Bundesbank aveva denunciato il furto di «molti» titoli di Weimar. Un contatto per un «affare» c'era già stato. I titoli tedeschi sarebbero potuti finire in Russia, magari per risanare parte del debito pubblico nei confronti del governo di Bonn. Ed ecco spuntare il legame tra l'inchiesta «Phoney money» e l'«Operazione lobbing», indagine della procura di Aosta sull'ipotesi di associazione segreta con attività che interferiscono con le istituzioni: l'ex faccendiere leghista Gianmario Ferramonti (già arrestato per le truffe di «Phoney money») aveva contattato Anatolij Adamishin, fino al '92 ambasciatore russo in Italia, e gli aveva proposto la compravendita. I titoli appartengono a Chester Gray, imprenditore californiano, che ha dato incarico alla «Global Sim» di Milano per il deposito in banca. In attesa di «piazzarli». Secondo gli inquirenti, Gray sarebbe proprietario dell'uno per cento dei «bonds» stampati alla fine degli Anni 20 dalla Morgan Guarantee Trust americana su richiesta (e garanzia in oro) della Repubblica di Weimar. Ferramonti è il punto di «contatto» tra l'inchiesta sulle truffe e l'«Operazione lobbing»: il magistrato ipotizza l'esistenza di una nuova P2. E anche in questa vicenda giudiziaria è coinvolto Ferramonti. Dal suo ufficio (nel novembre '931 era partito un fax destinato a Enzo De Chiara, consigliere per gli Affari internazionali del partito repubblicano americano e amico del presidente Bill Clinton. Ferramonti segnalava all' «Amerikano» il «pericolo» che il professore di sociologia Pino Arlacchi potesse diventare «supervisore» dei servizi segreti. «Fai quello che puoi per evitarlo», chiedeva l'ex leghista. La nomina non ci fu. Ci sono poi le cene organizzate in un ristorante del centro di Ro- ma e a casa di Giampiero Cantoni, già presidente della **nl. Attorno al tavolo si erano seduti futuri ministri del governo Berlusconi (Giancarlo Pagliarini, Vito Gnutti, Roberto Maroni), De Chiara, lo stesso Ferramonti e il capo della polizia Vincenzo Parisi. Argomento di discussione: i progetti politici della Lega Nord. L'obiettivo era di valutare il «pericolo» di un ministro leghista al Viminale. Dalle cene, alle presunte «interferenze» con le indagini: il magistrato Monti ha iscritto nel registro degli indagati il vicecapo della polizia Gaetano Piccolelìa e il numero 2 iella Guardia di finanza, generale Michele Mola. Entrambi per una telefonata. Piccolella aveva fatto un «totopoltrona» per il Viminale con Ferramonti; Mola avrebbe avvertito l'amico De Chiara che Ferramonti aveva il telefonino sotto controllo. Il 17 gennaio. De Chiara ha fatto il numero dell'ex leghista: «Chiamami da un telefono fisso». Il giorno dopo, Ferramonti diceva a chi gli telefonava: «Non chiamarmi sul cellulare, è sotto controllo». Claudio Laugeri II sostituto procuratore di Aosta David Monti