L'addio dei suicidi «Mai fatto porcherie»

7 Biella: secondo il giudice nonni e genitori dei bimbi avevano deciso di uccidersi 4 giorni prima dell'udienza I/addio dei suicidi: «Mai fatto porcherie» Nelle due lettere la disperata difesa dalle accuse BIELLA DAL NOSTRO INVIATO Un rito, ecco che cosa sarebbe stato. Lo avevano progettato e forse sognato come l'unica strada per fuggire. Si sarebbero uccisi, tutti insieme, quasi fossero, loro quattro, gli iniziati di una setta segreta e dissennata. Avevano già deciso e lo avevano fatto prima del processo. Perché non ci credevano più, in quel giudizio, perché si sentivano già condannati, perché, ha scritto Maria Cristina, la madre, «ho capito che questo processo è truccato». E voleva dire che, secondo lei, la sentenza era già stata emessa. Due lettere per urlare la propria innocenza ma che non spiegano niente. 0, forse, spiegano troppo. Datate 2 giugno, vigilia della deposizione protetta dei due bimbi, che poi erano i veri accusatori. Atti di libidine violenta, era l'accusa: se uno è innocente, una cosa del genere uccide. E schiaccia lo stesso, se pure è colpevole. Era domenica, il 2: nella casa di Sagliano i ritmi non erano cambiati. Il silenzio, i lunghi sguardi, gli occhi negli occhi, il padre e la madre da una parte, i due figli grandi dall'altra: gh imputati. Era difficile convincersi di questo. E nel silenzio, in quella solitudine, Maria Cristina si è chiusa nella sua stanza al primo piano e sofferto la sua lettera. «Dichiaro di essere innocente, di aver subito per un anno ogni tipo di sopruso dalla magistratura italiana. Ho avuto fiducia della giustizia fino al 31 maggio '96». Legge, quelle righe, il presidente del tribunale Mario Conzo, arrivato con le prime foglie d'autunno da Prato, dove non c'è notizia che abbia lasciato grandi rimpianti. Ha indetto conferenza stampa. A taccuini, microfoni e telecamere si presenta in gabardine salvia, braccialetto d'oro e cronometro Omega Speedmaster, quello degli astronauti. Camicia chiara, cravatta a disegni astratti che un po' ricordano i pannelli di Marc Chagall. Premette: «Io appartengo a quel genere di magistrati che non ama la pubblicità, ma ritengo sia opportuno che dica qualcosa». «Un processo truccato». Il perché Maria Cristina lo definisce così, lo legge Conzo: «I bambini verranno interrogati in segreto e non in no stra presenza». E il presidente prosegue, rivolto a microfoni e taccuini: «Qui fate bene le vostre conside razioni». Quello stesso giorno, sottolinea, venne data notizia che i bambini sarebbero stati interrogati fuori dal tribunale. «Traete voi le conseguenze». Come dire: causa ed effetto sono così chiari! Poi prosegue con le parole di Maria Cristina: «Temono che, vedendoci, i bambini dicano la verità e chi accusa debba salvaguardarsi. Abbraccio forte < bacio Paola e spero di poterla chia mare presto con me in un'altra vita per mettere fine al suo dolore». Anche Alba, la nonna, quel giorno si era chiusa in camera a meditare e a scrivere, lei che non aveva dime' stichezza con la penna come la figlia maestra: «Non ho mai fatto alcun genere di porcherie, né con i miei figli né tantomeno con i miei nipoti che adoravo e ho insegnato loro solo cose belle, giuste nella vi la, rispettare tutti e mai dire bugie Chiedo perdono a tutti i miei cari» Ma, osserva il difensore, avvocato Carlo Boggio Marzet, «pensiamo che quelle lettere siano state retro datate. La madre aveva visto la bimba il giorno avanti ed era serena». Quello che è stato scritto di getto, forse un momento prima del suicidio di gruppo, è il biglietto senza firma trovato sotto il tergicristallo della Uno trasformata in camera a gas: «Quattro innocenti sono costretti a uccidersi perché il tribunale di Biella non ha dato loro la possibilità di dimostrare la loro innocenza». Il tribunale, sottolinea il presidente, aveva fatto l'impossibile per garantire un giudizio privo di animosità. «Quando sono arrivato non conoscevo la vicenda. Quello che posso assicurare è che il procedimento da subito è stato affrontato in un clima di serenità». Sembrava andare tutto nel mighore dei modi, per la giustizia, anche con i piccoli si sarebbe potuto trattare, in fondo apparivano così «tranquilli». «Sono abbastanza spiritoso per far calare la tensione». E i piccoli avevano collaborato, si dice così. Il bambino aveva risposto «in maniera non equivoca alle domande specifiche filtrate nella più dolce maniera dalla psicologa». La cuginetta prima aveva risposto soltanto «con piccoli gesti del capo, poi aveva cominciato a parlare con quella sua vocina dolce chiarendo situazioni». Sì, pareva andare tutto bene, per la giustizia. Certo, Alba, la nonna, aveva protestato: «Non è vero niente». Ma poi si era calmata e ora vien da credere che si fosse rassegnata. Dunque, tutto bene per la giustizia, ma era successa quella tragedia, era accaduto l'imprevisto. Così, il presidente ha dovuto emettere sentenza. Tre righe per dichiarare il «non doversi procedere nei confronti di Attilio, Guido, Maria Cristina e Alba in ordine a tutti i reati loro ascritti per essere i medesimi estinti per morte del reo». Tre righe anche per dichiararsi tranqtulli: sembra esserci mia gara, fra gli inquilini del Palazzo di giustizia biellese, per trovare i motivi per mettersi l'animo in pace perché questo è un processo che ha lasciato un segno profondo. «Ormai, solo Dio potrà giudicare», sentenzia ora il presidente Conzo. Ma una sua idea precisa lui se l'era fatta, tanto che quando descrive la deposizione «protetta» nella stanza dell'Usi di Cossato divenuta aula di tribunale, osserva: «Se voi foste stati uomini come noi, dall'altra parte del vetro, avreste avuto la convinzione che i due bambini dicevano la verità». E ricorda pure come «in una perquisizione nella stanza della bimba sia stata trovata una bambola con indosso un paio di mutandine, ma di quelle vere, e appiccicato davanti un foglio con il disegno di un pene. Su questo, tuttavia, alla piccola non son state fatte domande». La verità. Sì, quei due minuscoli accusatori non avrebbero mentito perché, sottolineano i periti, se qualcuno li avesse istigati sarebbero caduti in contraddizione. Questo assicurano le statistiche e la letteratura scientifica. Chissà, poi, se davvero c'è sempre tutto sui libri. Tre ore che nessuno avrebbe voluto vivere. «In quella stanza così piccola e priva d'aria», ricorda il presidente. Ma c'era stata la richiesta del pubblico ministero Alessandro Chionna, e il tribunale aveva deciso. L'opposizione della difesa • era apparsa una formalità, in fin dei conti, la cosa non avrebbe provocato squassi eccessivi. C'era il vetro e i bambini non potevano vedere dall'altra parte. Ma tanto, era lo stesso: al di qua o al di là del vetro, l'inferno era dappertutto, almeno per loro. Sì, se davvero quei quattro hanno fornicato con loro, quel segno non lo cancellerà nessuno. I periti sono concordi. «Sarà necessario un tempo fra i 12 e i 18 anni», dicono, per rimettere insieme i cocci. E si tratta di un'operazione quasi disperata. Se anche dovesse andare bene, il vaso non sarà mai più come prima: infatti, una volta cresciute, nove vittime su dieci rischiano di provare stimoli simili. Insomma, i due piccoli sembrano aver imboccato una strada senza uscita. Del resto, del bimbo vien tracciato un profilo assai più che preoccupante. Ha raccontato il presidente Conzo: «Prendeva gli animaletti, a ognuno dava un nome: il padre, la madre, i nonni. Poi li triturava, li tagliava, li metteva in una scatoletta e la schiacciava». Chissà, forse anche i quattro sapevano che il piccolo li triturava, li tagliava e li rinchiudeva. Per la vergogna, d'accordo, o forse per quello, tornati dall'udienza si sono seduti nell'auto. Per fuggire. Vincenzo Tessandori Sui messaggi la data del 2 giugno I legali: «Forse li hanno retrodatati» II magistrato: «Solo Dio giudicherà ma assistendo al racconto si capiva che i piccoli dicevano la verità» GLI ULTIMI MESSAGGI LA NONNA «Non ho inai fatto alcun genere di porcherie, né con i miei figli né tantomeno con i miei nipoti che adoravo e ho insegnato loro solo cose belle, giuste nella vita, rispettare tutti e mai dire bugie. Chiedo perdono a tutti i miei Cari». (2 giugno 1996) LA FIGLIA «Dichiaro di essere innocente, di aver subito per un anno ogni tipo di sopruso dalla magistratura italiana. Ho avuto più fiducia della giustizia fino al 31 maggio '96, ma ho capito che questo processo è truccato: i bambini verranno interrogati in segreto e non in nostra presenza. Temono che, vedendoci, dicano la verità e chi accusa debba salvaguardarsi. Abbraccio forte e bacio Paola * e spero di poterla chiamare presto con me in un'altra vita per mettere fine al suo dolore». (2 giugno 1996) * non è il vero nome « - - del 2 giugno retrodatati» o giudicherà nto si capiva ano la verità» La madre del bimbo e il presidente del tribunale La madre del bimbo e il presidente del tribunale

Luoghi citati: Alba, Biella, Cossato, Prato