La vittima
Perfetta eroina d'inizio secolo Perfetta eroina d'inizio secolo La vittima PUCCINI capì di aver trovato la sua nuova vittima una notte del luglio 1900, nei camerini del Teatro-del Duca di York, a Londra. Aggrappato alle spalle del commediografo David Belasco, non poco imbarazzato, pianse senza ritegno, trafitto dalla commozione. Aveva appena assistito alla commedia tratta da un lungo racconto apparso su ima rivista americana, a sua volta adattato da «Madame Chrysanthème», romanzo dell'accademico di Francia Pierre Loti. Dopo Manon, Mimi, Tosca, la geisha quindicenne, che già conosce il fato al quale è destinata, era creatura tagliata perfettamente per lui, figlia più che legittima della cultura europea di quell'inizio secolo, ghiotta di seduzioni orientali, anche morbose. Butterfly innocente, esotica, predestinata. L'amore, la morte, il bambino, l'espediente sanguinoso dell'harakiri finale, irresistibile per trafiggere il cuore del pubblico. Con lei, contro di lei, Pinkerton, ufficiale della marina americana, frequentatore di bordelli, colonialista istintivo, maschilista senza dubbi. Butterfly deve credere di aver trovato l'amore, anzi l'America. Com'era straziante, in una regia di Ken Russell, il suo sogno: la casetta di Nagasaki si trasformava in piccolo cottage middle-class e lei preparava la colazione con i fiocchi d'avena e le uova al prosciutto, tra i Mickey Mouse del «piccolo iddio», attendendo il colpo di cannone sparato dalla tolda dell'Abramo Lincoln, di nuovo approdata. Incrollabile nella fiducia, che il pubblico sa già del tutto vana. Quando, come una trenodia, Cio-Cio-San intona sommessa «Un bel dì vedremo», la vastità della sua illusione è moltiplicata dalla tenerezza, muta perché ogni parola sarebbe menzogna, del coro a bocca chiusa, invisibile oltre la scena, evocando soltanto la dolcezza del sogno, sostenuto in orchestra da flauti ed archi, in pianissimo, come svanendo. Puccini studiò melodie e scale armoniche giapponesi, chiese notizie e consigli all'attrice nipponica Sada Jacco, agli ambasciatori di Tokyo a Roma. Era il suo modo di essere realista, prima di travolgere ogni verisimiglianza ambientale con le impennate di melodie che si addensano come fiamme guizzanti, che gelano come grida disperate, che sanno ripiegarsi su se stesse come girasoli al tramonto, fioriti su una partitura orchestrale vivida, febbrile. Non piacque «Butterfly», all'esordio milanese del 1904. «Grugniti, boati, muggiti, risa, barriti, sghignazzate...», scrisse Giulio Ricordi, l'editore. Che nostalgia per un pubblico così irritabile, per una claque capace di simili antipatie. Troppo lunga, si disse, la durata del secondo ed ultimo atto. Quando, soltanto tre mesi dopo, l'opera trionfò a Brescia, l'istinto teatrale di Puccini non interviene solo sulla ripartizione degli atti, aumentandoli a tre. Aggiunge ((Addio fiorito asil», offre nuovi colori al monocromo Pinkerton, asciuga le prolissità della cerimonia nuziale, consegna al successo la storia della geisha suicida. Storia vera, ma nella realtà lei sopravvisse al suicidio. A Puccini, invece, l'happy end proprio non piaceva. Sandro Cappelletto 1906: FREDDA ACCOGLIENZA PER LA PRIMA GEISHA «Madama Butterfly», nuova per Torino, viene rappresentata al Teatro Regio il 2 gennaio 1906, ossia due anni dopo la contestatissima «prima» scaligera. Protagonista la ruteno-polacca Salomea Krusceniski, che aveva contribuito al pronto riscatto dell'opera in quel di Brescia. Eppure chi volesse leggere qualcosa intorno a questa «prima» nella monumentale storia del Regio pubblicata da Alberto Basso, resterebbe deluso, poiché non se ne parla proprio. E' forse un indizio del fatto che, a differenza di «Bohème» e «Tosca», gl'inizi torinesi di «Butterfly» appaiono alquanto stentati. ÀI Regio il lavoro pucciniano ritornerà nel febbraio 1914, grande protagonista Maria Farneti. L'ingresso dell'opera al Politeama Chiarella, avvenuto quattro anni prima, apre alla «Butterfly» il cammino delle Un'immagine di Gabriele Pellegrini proiettata durante le recite. In alto gli interpreti e John Mauceri
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