«Cari compagni, rialzate il tiro» di Ale. Mon.
«Cari compagni, rialzate il tiro» «Cari compagni, rialzate il tiro» Lo storico Revelli sul «manifesto» «Nemico non è solo Berlusconi» «Amici del manifesto, volete spiegarci che diavolo vi sta succedendo?». La domanda introduce una lunga lettera aperta a firma di Marco Revelli, pubblicata sul numero di ieri come occasione di dibattito interno ed esterno al giornale, come spunto per un confronto che il manifesto intende portare avanti anche nei prossimi giorni. Pur se molto articolato, il «j'accuse» di Revelli può essere così riassunto: «Detto fuori dai denti - scrive - ho l'impressione che il nostro giornale porti i segni di una generale riconciliazione con l'esistente». Quell'«esistente» sul quale il manifesto ha sempre esercitato la sua volontà di indagine e spesso di critica. «Di questa lettera abbiamo discusso in redazione e il parere pubblico è stato quello di chiedere a Revelli di renderla pubblica - spiega Parlato a nome dei suoi giornalisti . Non per atorcferenzialità, non siamo certo l'ombelico del mondo, ma poiché il giornale è di tutti i suoi lettori e azionisti, siamo e dobbiamo essere una casa di vetro». Certo l'accusa è precisa. Perché in questo caso il termine «riconciliazione» ha un brutto significato: quello di un'abdicazione al ruolo tradizionale di osservatore e - se è il caso - di critico dell'«esistente», og¬ gi rappresentato dal «nuovo corso» seguito alla vittoria elettorale del centrosinistra. «Riconciliazione» con le istituzioni, con il sindacato confederale, persino con qualche rappresentante dei famigerati «poteri forti». «Mi sembra di intravedere - si legge - se non una conciliazione, un certo abbassamento della vis polemica persino nei confronti della Fiat». Insomma, argomenta Revelli, se è sacrosanto festeggiare per la sconfitta del «babau» di Arcore, è altrettanto vero che i festeggiamenti troppo prolungati diventano sgradevoli. «Capisco l'insopportabilità, l'odiosità antropolgica dei vin¬ citori di ieri, che ci fa apprezzare persino i vincitori di oggi - scrive -, ma quanto può durare un festeggiamento?». La festa è finita, guai ad assopirsi, se è vero che «il sonno della ragione genera mostri». «Tanto più che oggi i rischi, i "mostri" in incubazione, ci sono, e sono tanti - avverte Revelli -: rischi di tipo sociale, rischi di tipo politico. Soprattutto rischi culturali: sul terreno del simbolico, che è quello più facilmente manipolabile». «Ora le penne del manifesto devono tornare a "fare l'opposizione", controllando, incalzando, criticando. Senza sconti a tutti quei "poteri forti" che hanno appoggiato l'Ulivo ("Non c'è solo Berlusconi come esponente della finanza barbara: basta una gita a Ivrea per accorgersene" e che ora possono chiedere il conto». Se è il caso, «abbandonando i terminali delle agenzie per guardare almeno un po' tra le pieghe di una società in trasformazione. Con affetto...». [ale. mon.]
Persone citate: Berlusconi, Marco Revelli, Parlato, Revelli
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